La politica internazionale ha certamente un riflesso sui Diritti Umani dei popoli e degli individui. La storia delle relazioni fra gli Stati – dell’incontro, come il nome di questo giornale, fra le nazioni – è dunque importante per immaginare il futuro del continente europeo destabilizzato dalla guerra in Ucraina. Un conflitto che vede i primi tentativi di trattative politico diplomatiche a favore della pace.
Guerra connaturata alla natura umana…
Vengono alla mente, purtroppo, le parole di Sigmund Freud, secondo il quale la guerra è biologicamente connaturata alla natura umana ed è stabilmente presente nella dinamica dei rapporti fra gli uomini. In effetti, dalla fine dell’Impero Romano, l’Europa fu per secoli sconvolta dalla distruzione bellica, fino a quando un evento spartiacque mutò la storia delle relazioni internazionali. Nel 1648, infatti, la Pace di Vestfalia pose fine ad un secolo di guerre intermittenti. Ed in particolare alla Guerra dei Trent’anni che, cominciata come un conflitto fra nazioni cattoliche e protestanti, era divenuta una bolgia di alleanze mutevoli. La pace sancì importanti novità, come l’affermazione della sovranità statale, l’idea cioè che lo Stato fosse un’entità astratta e permanente, distinta dalla personalità del re o dalla confessione religiosa.
Equilibrio internazionale scelta inevitabile
Il diritto di ogni Stato di scegliere il proprio ordinamento interno e la propria religione. E soprattutto la concezione dell’equilibrio di potere e con esso di ordine internazionale sulla base di norme concordate da una molteplicità di potenze, anziché imposto dalla supremazia di un singolo Stato. Henry Kissinger, che è un estimatore del sistema vestfaliano, associa a questo equilibrio fra le nazioni le parole, all’insegna della neutralità ideologica, di Lord Palmerston, statista britannico dell’Ottocento’. «Noi non abbiamo alleati eterni, e non abbiamo nemici perenni. I nostri interessi sono eterni e perenni, e tali interessi è nostro compito perseguire».
Diplomazia, conferenze, diplomazia
Grazie allo schieramento di coalizioni che riuscirono a fronteggiare coloro che minavano l’equilibrio collettivo, l’ordine resistette fino agli sconvolgimenti della Rivoluzione francese e delle guerre Napoleoniche, al termine delle quali un’altra pace ricercò l’equilibrio fra le nazioni. Nel 1815, infatti, il Congresso di Vienna, animato da personaggi straordinari come il Principe von Metternich, Talleyrand e il Duca di Wellington, cercò di ricreare un equilibrio fra gli Stati per prevenire l’espansionismo della Francia e della Russia. E lo fece, si badi bene, riammettendo la Francia sconfitta nell’ordine europeo. Poi, alleanze istituzionalizzate (come la Quadruplice Alleanza e la Santa Alleanza), nonché periodiche conferenze diplomatiche dei capi di governo per affrontare le crisi, mantennero l’ordine internazionale per qualche decennio.
L’importanza dei trattati per mantenere la pace
Anche in questo caso, l’equilibrio si ruppe con l’arrivo di nuovi protagonisti sulla scena della politica europea. Il Nazionalismo, le rivoluzioni del 1848, la guerra di Crimea e l’unificazione della Germania sconvolsero gli assetti esistenti. E numerosi errori politico diplomatici portarono alla deflagrazione della Prima Guerra Mondiale.
Nel 1919 si ebbe la Conferenza di Pace a Parigi, alla quale seguirono vari Trattati dei vincitori con le potenze sconfitte. Nella Sala degli Specchi della Reggia di Versailles, si ebbe il Trattato con la Germania. Un Trattato gravido di conseguenze negative. La Germania, sanzionata troppo duramente, fu infatti esclusa dall’ordine ricostituito e nello stesso tempo non furono create le premesse per poterne fronteggiare lo spirito di rivalsa.
La nascita di un nuovo ordine continentale
Assenza di lungimiranza, di coraggio e di unità di intenti portarono alla catastrofe della Conferenza di Monaco del 1938 che lasciò campo libero a Hitler e alla Seconda terribile Guerra Mondiale. Con la Conferenza di Teheran del 1943, quelle di Yalta e Postdam del 1945, le potenze vincitrici decisero il nuovo ordine continentale che vide la Germania divisa e la creazione di due zone di influenza. Quella degli Stati Uniti attraverso il Patto Atlantico poi Nato e quella dell’Unione Sovietica con il Patto di Varsavia.
Questa volta, fortunatamente, i vincitori si preoccuparono di aiutare economicamente gli sconfitti e di riammetterli nella comunità internazionale. L’Europa trovò poi la forza morale di ricercare una nuova concezione dell’equilibrio europeo con la costruzione dell’Unione che iniziò nel 1951 attraverso la CECA (Comunità Europea del carbone e dell’acciaio) e nel 1957 la CEE (Comunità Economica Europea), con le quali si vollero evitare nuove tragedie superando gli storici antagonismi fra le nazioni.
Comunità Europea nata per controllare la Germania
Lucio Caracciolo, Direttore di “Limes”, scrive nel suo libro “La pace è finita”, che la costruzione dell’Unione Europea si deve anche alla volontà, in particolare degli Americani, di riuscire a controllare la Germania. Willy Brandt, Cancelliere tedesco negli anni Settanta’, riteneva che la comunità europea fosse necessaria a proteggere la Germania da sé stessa. Lo scopo di contenere la nazione tedesca riunita e di impedire un allineamento fra Berlino e Mosca non è stata un’operazione riuscita. Caracciolo ritiene che per imbrigliare Berlino occorrerebbe un soggetto geopolitico europeo e non la somma algebrica dei suoi Stati membri oltre a un apparato tecno burocratico interessato a preservare sé stesso.
Quella Russia che ascolta solo la forza…
Giungiamo così alla guerra in Ucraina e alla speranza di una nuova pace. Da Ivan il Terribile a Pietro il Grande e Caterina II la Grande, da Stalin a Putin, la Russia pensa ed agisce come una grande potenza. Una potenza euroasiatica che non condivide appieno i valori dell’Occidente e che intende da un lato proteggersi, e dall’altro espandere la sua sfera di influenza. Winston Churchill disse che la Russia «è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma». E aggiunse: «Ma forse c’è una chiave, l’interesse nazionale russo». Alcuni anni dopo il grande statista britannico, che salvò l’Europa, aggiunse una soluzione al rebus. «Sono convinto che non vi sia nulla che i russi ammirano più della forza, e che non vi sia nulla che rispettano meno della debolezza, specie quella militare». Queste considerazioni suggeriscono oggi il realismo e domani di tenere conto dei concetti vestfaliani dell’equilibrio fra i diversi interessi nazionali. Quando giungerà il momento della pace si dovrà tenere conto delle lezioni della storia per cercare un nuovo ordine fra le nazioni.
Lorenzo Bianchi