Premetto che, come sempre, i miei interventi hanno come oggetto gli aspetti sociologici, l’immaginario collettivo e non certo analisi e valutazioni politiche, punti riguardo ai quali non ho alcun titolo per entrare nel dibattito. Basandomi su queste mie linee guida prendo in esame la riconferma di Ursula Albrecht, più nota con il cognome del marito, il nobile tedesco Heiko von der Leyen, alla guida della Commissione Europea (meriterebbe uno studio il fatto che le “signore dell’establishment” siano tendenzialmente favorevoli a indicare al femminile le cariche che rivestono, utilizzando termini a volte un po’ cacofonici, come “la ministra”, ma poi si fanno chiamare con il nome del marito, vedi Angela Kasner, coniugata Merkel, Hillary Rodham, coniugata Clinton e Michelle LaVaughn Robinson, coniugata Obama).

La nomina è stata bocciata in modo clamoroso dai social: secondo una mia indagine informale, il 70% degli interventi passa dalla delusione, al disprezzo, alla pesante ironia. Prima di continuare, va sottolineato che si possono identificare tre gruppi di individui rispetto al grado di conoscenza del (della?) Presidente Albrecht. A fianco di una microscopica minoranza di cittadini che segue con attenzione e competenza le azioni di Ursula, e sarebbe in grado di dare un giudizio circostanziato sul suo operato e di una maggioranza che ne ignora o quasi l’esistenza, c’è una consistente minoranza che la conosce, e se n’è fatta un’idea, pur non essendo probabilmente in grado di argomentarla in profondità.

È quest’ultimo gruppo, di appassionati alla politica (pur non essendo addetti ai lavori), che alimenta le discussioni sui social, dato che il primo è numericamente irrilevante e il secondo non ha alcun interesse a intervenire. Nell’immaginario di questo blocco di persone, a torto o a ragione, Ursula incarna gli aspetti che più rendono la Ue impopolare: l’appartenenza alle élite (oltre al marito “von”, è figlia di Ernst, già Ministro Presidente della Bassa Sassonia e nipote di Carl, luminare della psicoterapia) e alla nomenclatura europea, con il conseguente distacco dai problemi reali delle persone.

Anche l’aspetto algido, la pettinatura, il look, il modo di parlare la rendono tutto fuorché empatica. Nessuno, magari sbagliando (ha pur sempre avuto sette figli), la immagina a fare la spesa in un supermercato. Viene piuttosto vissuta come chiusa in una torre d’avorio, verosimilmente in compagnia di banchieri e lobbysti. L’ accostamento del suo nome a presunti scandali come il cosiddetto Pfizergate, non ne favorisce poi certo la popolarità.

Ma anche le modalità con cui è stata riconfermata hanno indisposto l’opinione pubblica. Ora, è vero che i partiti (se di partiti a livello Ue si può davvero parlare), sostenitori di Ursula Albrecht coniugata von der Leyen hanno mantenuto la maggioranza alle ultime votazioni, ma è altrettanto vero che un numero fortemente in crescita di elettori in molti Paesi europei ha voluto mandare un chiaro segnale alla UE, optando verso movimenti ostili al (alla?) Presidente della Commissione. La modalità della riconferma è stata vissuta come una decisione oligarchica, totalmente impermeabile agli umori del Popolo.

In conclusione, se gli elettori, come sembra, cercavano discontinuità, la UE ha proseguito imperterrita nel mantenimento dello status quo. Il che, almeno secondo i segnali che ho colto, ha portato all’allargamento della crepa già esistente tra il regime UE e molti popoli europei.

Nestar Moreno Tosini

Laureato in Scienze della comunicazione presso l’Università della Svizzera italiana, Nestar Moreno Tosini è un giornalista e sociologo italosvizzero

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