Il recente acquisto per oltre 6 milioni di dollari, a Sotheby’s New York, di “Comedian”, nota al pubblico come la Banana di Cattelan, ha scatenato sui media tradizionali, come sul web, dibattiti e polemiche accese. Per me, questa è già una buona notizia: di solito ci si accapiglia per divergenze politiche o sportive. Il solo fatto che un evento d’arte abbia catalizzato le discussioni, anche presso i non addetti, mi dà soddisfazione, vista la limitata attenzione dedicata al comparto artistico culturale.
Invece la Banana ha scatenato anche i commenti infervorati delle folle.
Ma facciamo un passo indietro. Era il 2019, quando Maurizio Cattelan, il re dei contemporary artist italiani (almeno a guardare dai risultati d’asta), uno dei pochi ad avere un mercato e una notorietà internazionale, esponeva “Comedian” ad Art Basel Miami, fiera d’arte di prestigio planetario. Si trattava semplicemente di una banana appesa a un muro con una striscia di nastro isolante grigio-argento. L’opera venne venduta, pare, per 150 mila dollari.
Ripresentata a Sotheby’s lo scorso 20 novembre è stata appunto acquistata per 6,2 miliardi dal tycoon cinese delle criptovalute Justin Sun. Probabilmente per l’entità della cifra, la notizia ha suscitato enorme scalpore. Sul web in particolare, si sono scatenati gli hater. Una massa di persone, che mai interviene sull’arte, ha voluto dire la sua. A volte ponendo riflessioni, altre con ironia, ma il più delle volte con un’acrimonia accompagnata spesso e volentieri dal turpiloquio. Quasi tutti i commenti erano impregnati di moralismo “Non è arte, è una presa per i fondelli (eufemismo)”, “È una vergogna pagare una banana 6 milioni”, “È un oltraggio ai bambini che hanno fame”.
Personalmente ritengo che se tutti i gusti vadano rispettati, per potere dire cosa è arte e cosa no, occorra una competenza altamente professionale. Chi ha scritto commenti astiosi, improvvisandosi critico d’arte, è rimasto all’acquarellista che dipingeva i Navigli (tipica citazione milanese). Ma con la fotografia e gli studi sulla luce, sono cambiati, quasi due secoli fa, i canoni.
L’arte non necessariamente deve avere finalità estetiche né l’artista deve materialmente saper realizzare l’opera. Anche lavori concettuali puri sono arte. L’artista più che l’estetica è portato a cercare l’innovazione e a veicolare messaggi. All’inizio del Novecento, il grande Marcel Duchamp affermò che arte è ciò che un artista dice sia arte. Nel 1917 indicò un orinatoio (che qualcuno chiama “Fontana”), affermando che si trattava di un’opera artistica. Era un ready made, cioè un oggetto già realizzato, acquistabile in un negozio di sanitari.
Cattelan, con Comedian ha voluto dare un messaggio contro il consumismo, che deifica non solo il superfluo (concetto che andrebbe definito), ma l’effimero puro. Come ready made ha scelto una banana, qualcosa di deperibile, che va cambiata ogni due-tre giorni (così come va cambiato anche il nastro isolante che la sostiene. A essere battuto a 6 milioni di dollari non è un frutto, che non c’è più e che viene rimpiazzato non dall’artista, ma dal proprietario. L’acquisto è solamente il concetto.
Cattelan a mio avviso ha realizzato un’opera d’arte purissima, che trascende dalla fisicità e dice: al centro dell’attenzione della società di oggi c’è qualcosa che viene buttato in pochi giorni. Oltretutto c’è anche una denuncia ambientalista. La società dei consumi e del mancato rispetto verso il pianeta spinge a sostituire un prodotto quando si rompe e non ad aggiustarlo. Creando quindi rifiuti inquinanti. La banana simboleggia anche questo.
Non può essere aggiustata, ma, soltanto rimpiazzata. Dato che oggi arte è anche solo concetto, “Comedian” è un capolavoro assoluto. Naturalmente se uno si ferma all’aspetto visivo ed estetico e pensa al David di Donatello o a Venere vincitrice di Canova, fa fatica a raccapezzarsi e può cedere a commenti sprezzanti. Ma la iconologia c’insegna che l’arte vera è quella del proprio tempo. Oggi forse anche i grandi scultori del passato abbandonerebbero i loro canoni per affrontare una sperimentazione che, magari, non li porterebbe lontano dalla banana.
Milo Goj