Recentemente abbiamo pubblicato l’articolo di Alessandro Re “Il fascino del pensiero liberale raccontato da Riccardo Rossotto”. Nel contributo qui di seguito, lo stesso Rossotto riprende il tema, concentrandosi su un punto: il rischio del ritorno dell’intolleranza religiosa.
il direttore Milo Goj
Reduce da un ciclo di conferenze sui pensatori liberali del ‘600-‘700 in Europa, uomini che innescarono l’uscita del genere umano dall’oscurantismo medioevale che aveva avvolto il mondo, mi ritrovo sorpreso a dover registrare una Europa di nuovo soffocata dall’intolleranza religiosa e politica. Le monarchie assolute e la chiesa di Roma nel ‘600-‘700 avevano stretto un patto, non scritto, di condivisione del Potere, attraverso l’intolleranza religiosa e politica reprimendo ogni forma di dissenso e/o diversità. Quei pensatori liberali, inglesi, francesi e americani ridiedero luce e centralità all’essere umano (“i Lumi”) scatenando il movimento filosofico, culturale e politico dell’Illuminismo che ancora oggi segna la cifra di molte delle… ormai poche “vere” democrazie sopravvissute.
Già, perché nella nostra attuale, caotica quotidianità del III millennio, rispuntano pericolosi segnali di un ritorno prepotente da un lato delle autarchie dittatoriali e dall’altro di una imprevista ma terribile intolleranza religiosa. Mi sono meravigliato leggendo la XVI edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo nel 2023, edito dalla Fondazione Pontificia, Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). Proprio questa Fondazione da decenni si batte per risvegliare le coscienze sul diritto della libertà di culto, spesso dimenticato e sanzionato: “La libertà religiosa – ha voluto sottolineare Giorgia Meloni, a nome del governo italiano, in sede di presentazione del Rapporto 2023 – non è un diritto di serie B, non è una libertà che viene dopo altre o che può essere addirittura dimenticata a beneficio di sedicenti nuove libertà o diritti”.
I dati del Rapporto sono impressionanti: in 61 paesi del mondo sono state registrate violazioni gravi alla libertà religiosa; tra questi, ben 28 paesi (da sottolineare che 13 sono in Africa) sono classificati nella cosiddetta “zona rossa” (la più critica) dove i crimini di odio e le conseguenti violenze sono diventate quotidianità. Quello che lascia attoniti è che quindi in circa 1/3 delle nazioni del mondo, per un totale di circa 5 miliardi di persone, la libertà religiosa è violata. Di qui, mi è nata la provocazione di associare questa situazione del nostro pianeta nel 2023 con l’oscurantismo della fase pre-illuministica, caratterizzato da ignoranza, superstizione e intolleranza, elementi voluti e posti a fondamento del loro potere dalle monarchie assolute e dalla chiesa di Roma.
Ma torniamo al Rapporto della Fondazione Acs: fra i 28 Stati con il “codice rosso” c’è anche quell’Arabia Saudita che vorrebbe strappare all’Italia la sede dell’Expo 2030, ignorando, nel suo dossier di candidatura, le vigenti proibizioni che in quel Paese esistono e stanno via via peggiorando in ordine alla libertà di culto. In alcuni casi, le minoranze cristiane, si può leggere nel Rapporto, “sono a rischio di estinzione a causa di azioni terroristiche e attacchi al loro patrimonio culturale. Esistono poi formule più subdole e quasi clandestine come la proliferazione delle leggi che vietano le conversioni di culto”. In 40 Paesi si sono registrati omicidi o rapimenti connessi con la fede religiosa.
In Pakistan, ad esempio, continua la piaga dei matrimoni forzati di cui sono vittime le giovani donne cristiane del Paese. “La persecuzione in odio alla fede – ha dichiarato Alessandro Monteduro, direttore della Fondazione Acs – è complessivamente peggiorata e l’impunità dei persecutori è più diffusa”. Proprio l’impunità è una costante in tutto il mondo e in 36 Paesi, in particolare, si sono registrati casi, anche giudiziari, in cui gli aggressori sono stati assolti. Questa tragedia, secondo la Fondazione pontificia, sta passando sotto silenzio: la comunità internazionale tace e ignora che tali fenomeni accadono anche in grandi potenze come Cina ed India: ma, ragioni di opportunità diplomatica fanno prevalere il silenzio! In 18 dei 28 stati indiani, il nazionalismo etnico-religioso è riuscito a far approvare delle leggi che vietano le conversioni di culto con pene fino ai 10 anni. Paesi importanti come la Nigeria ed il Pakistan sono riusciti a sfuggire a sanzioni internazionali dopo un meticoloso accertamento delle loro infrazioni proprio sulla libertà religiosa.
E’ interessante il capitolo del Rapporto che approfondisce quello che Papa Francesco ha recentemente definito “una persecuzione educata” e cioè una forma di “totalitarismo morbido”. In certi Paesi gli interventi persecutori di religioni non accettate vengono occultati o travestiti all’interno di un malinteso concetto di inclusione. Si limita la possibilità dei credenti di esprimere le proprie convinzioni nell’ambito della vita sociale attraverso strumenti normativi che gli impediscono, per esempio, di radunarsi in siti di culto. Il Rapporto parla inoltre di forme di “controllo crescente”, anche in Occidente, che si esprimono attraverso i social network utilizzati e manipolati per emarginare e prendere di mira certi gruppi religiosi, minandone quindi le libertà di culto.
Sono tre gli esempi principali a cui fa riferimento, a titolo indicativo, il documento pontificio: (i) la sentenza americana che ha ribaltato la legislazione in materia di aborto; (ii) il contenzioso intervenuto in Svezia dove due ostetriche hanno perso la causa che avevano intentato dopo che era stato loro rifiutato un impiego a causa della loro obiezione di coscienza in tema di aborto; (iii) l’aumento delle misure sulle cosiddette “zone cuscinetto” in Inghilterra, intorno alle cliniche abortive, nelle quali sono vietate le proteste pacifiche, le preghiere silenziose o le consulenze sul marciapiede.
Giorgia Meloni ha voluto proprio ritornare sui concetti espressi da Papa Francesco: “Il Papa ci ha ammonito sul pericolo di una persecuzione educata, travestita di cultura, modernità e progresso, che in nome di un malinteso concetto di inclusione, limita la possibilità dei credenti di esprimere le loro convinzioni nell’ambito della vita sociale”. In questo contesto, personalmente sorprendente sia per le dimensioni, sia per la non conoscenza e informazione del fenomeno, mi viene un dubbio: senza quasi accorgercene stiamo forse sprofondando, di nuovo, nell’oscurantismo pre-illuministico? Vale la pena porci subito questa domanda prima che sia troppo tardi.
Riccardo Rossotto