Siamo riusciti in una impresa epica: andare in vacanza con una “tempesta perfetta” … sulla schiena! Difficile da costruire con tanta accuratezza nei particolari.
Nel giro della seconda quindicina di luglio, sono stati infatti certificati quattro elementi, forse unici, nel panorama europeo e mondiale dei paesi, cosiddetti, sviluppati. Quattro elementi che pongono l’Italia in vetta ai paesi “problematici”.
Il nostro paese infatti anche nel 2019 non crescerà: il PIL potrà avere al massimo un segno + con qualche decimale. Ma potrebbe anche fermarsi allo “zero tondo”, con un debito pubblico che non decresce e che, solo per fortunate coincidenze, negli ultimi anni ci è costato relativamente poco grazie alla benevolenza di Mario Draghi che speriamo possa proseguire anche con la nuova presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde.
L’Italia segna poi un altro “record” con un saldo negativo tra i nuovi nati e i deceduti, confermando un trend drammatico in termini di invecchiamento di una nazione con pochissime “nuove entrate” e gli anziani invece in costante aumento esponenziale.
A confermare questo quadro funesto, sono stati poi pubblicati i dati degli Invalsi, il test, molto discusso, ma per ora unico in materia di misurazione sullo stato dell’arte del nostro sistema scolastico e sulle capacità di apprendimento dei nostri studenti: il dato che emerge ci ha fatto rabbrividire!
Pare che oltre il 30% dei nostri ragazzi in età scolastica, legga i testi ma non ne capisca il contenuto. In altre parole, non apprende nulla: tutto quello che legge o ascolta gli scivola addosso senza aiutarlo a crescere in termini formativi ed intellettuali. Nel sud d’Italia la situazione è ancora peggiore e registra un 45% di ragazzi che non comprendono quello che gli viene spiegato: quasi 1 su 2!
Un disastro certificato dal più autorevole, anche se, lo ripetiamo contestato, sistema di misurazione esistente. Con l’aggravante che, nella rivoluzione digitale in atto, se neanche la scuola riesce più a dotare i nostri giovani degli anticorpi necessari per gestire/resistere agli stimoli del mondo di internet, valorizzandone i pregi in termini di approccio alla conoscenza e arginandone le criticità, la deriva del come stanno crescendo le nuove generazioni è davanti ai nostri occhi: attaccate ai device 24h su 24h con una capacità di concentrazione limitata a qualche minuto, senza filtri difensivi contro le fake news o le propagande esistenti, con il focus della mente soltanto per i titoli della time line e nessuno stimolo per gli approfondimenti.
In sintesi, siamo sempre più vecchi, non cresciamo in termini di creazione di valore collettivo da ormai 20 anni, abbiamo sulle spalle un macigno chiamato debito pubblico che prima o poi dovremmo ripagare, le nuove generazioni sono sempre più ignoranti oltre che …ignorate.
Uno scenario allucinante che non pregiudica soltanto il presente, ma che ipoteca fortemente il nostro futuro individuale e collettivo.
Per invertire questo trend, ci sarebbe bisogno di una “cura da cavalli”, anche dal punto di vista culturale ed educativo, con un mix di misure (finora sempre e solo promesse e mai attivate dai governi delle ultime due decadi) che (i) incentivino i giovani a fare figli usando come esempio il modello francese che ha dato discreti risultati; (ii) mettano le mani, sul serio, sulla nostra formazione scolastica, dopo tante riforme dimostratesi nel tempo parziali, o addirittura, negative; (iii) ridiano, dal punto di vista economico e della fiscalità generale, uno slancio sostanziale ad un sistema bloccato, in stallo da vent’anni, che rimane ancora in piedi grazie soltanto alle eccellenze individuali, spesso non supportate, di molte PMI, la vera spina dorsale del paese.
Il tempo ci gioca contro: abbiamo probabilmente un’ultima chance per approfittare di un costo del denaro sostanzialmente nullo e finalmente intervenire con un grande progetto di ripresa della nostra economia ma anche della nostra scuola e del nostro welfare in declino.
Come sarebbe possibile con le attuali risorse pubbliche limitate? Finanziando il programma a debito e aumentando così la magnitudo di quello già esistente?
Non è detto!
Bisognerebbe da un lato rivedere le priorità reali del nostro modello di finanza pubblica e rimetterle in fila proprio alla luce degli esiti della fotografia del nostro stato di salute che abbiamo citato all’inizio. Dall’altro lato bisognerebbe adottare un criterio di spendig review non velleitario ma efficiente e fattibile. Dopo tante parole, tanti tagli fatti solo sulla carta, tante nuove entrate derivanti da privatizzazioni immobiliari mai realizzate, bisognerebbe concentrarci su (a) una vera, e tra l’altro possibilissima dal punto di vista informatico, lotta all’evasione e (b) una vera e realizzabile politica di “dimagrimento” della spesa pubblica corrente, assolutamente fuori controllo e non più sostenibile.
Per fare ciò ci vorrebbe una politica forte e coesa sui razionali “a monte” di questo grande progetto paese. Anche su questo punto siamo riusciti ad arricchire il già tragico scenario generale con una ciliegina. Abbiamo affidato la rappresentanza della nazione ad un governo che vive sulla sua instabilità quotidiana e che non è in grado di emanare una norma che impatti davvero sul macro quadro di una paese che si sta ormai avviluppando su sé stesso in maniera quasi irreversibile. Siamo passati repentinamente dal sogno del Governo del Cambiamento alla delusione del Governo del Nulla.
Stiamo vivendo un laboratorio politico forse, in astratto, a livello di politologi, interessante e nuovo. Nella realtà, talmente precario da farci pagare un prezzo per questa inazione che sarà salatissimo e verrà spalmato su tutti noi.
In questo quadro da incubo, anche prospettico, passiamo, invece, le giornate ad occuparci e a commentare i rapporti grigi tra la Lega e la Russia di Putin; le risse per una maggiore autonomia da concedere a certe regioni; gli scontri nella maggioranza sulla quasi totalità dei provvedimenti da deliberare, quasi a prescindere dal loro contenuto.
La tempesta perfetta, insomma!
Con, a breve, qualcuno che ci farà pagare un conto molto salato delle nostre incertezze, incompetenze, inconcludenze e velleitarietà.
Riccardo Rossotto