L’arbitro finanziario bancario, l’organismo pubblico (composto da 5 membri, di cui 3 nominati dalla Banca d’Italia, uno dall’Unione dei consumatori e uno dagli intermediari finanziari) di composizione stragiudiziale delle liti bancarie e finanziarie sino alla soglia dei 100mila euro è sorto il 15 ottobre 2009. Per festeggiare il primo decennio di attività, la Banca d’Italia ha organizzato un convegno all’Auditorium Vivaldi di Torino.
Qualche numero per introdurre l’argomento: 3.400 ricorsi nel 2010 e ben 27.000 nel 2018 (prima della parabola discendente confermata anche per l’anno in corso). Un’evoluzione di domanda di giustizia al di là di ogni previsione, considerata l’importanza dell’arbitro quale tassello della tutela dei consumatori, con particolare riguardo alla fascia di valore della controversia che, di norma, non fa ritenere opportuno adire l’autorità giudiziaria ordinaria per le controversie di valore inferiore ai 10.000 euro.
L’attività dell’arbitro finanziario bancario ha permesso alla Banca d’Italia il raggiungimento di almeno tre significativi obiettivi: a) ha rafforzato l’informazione in merito all’attività della Banca centrale; b) ha rafforzato la vigilanza e la tutela di coloro che utilizzano i canali finanziari; c) ha focalizzato i criteri attraverso i quali sono state emanate le pronunce, con significativi cambiamenti nel corso degli anni. Inoltre, grazie ad un’ampia campagna pubblicitaria anche nelle scuole, la Banca d’Italia ha guadagnato in reputazione e visibilità, mostrandosi alla collettività in una veste meno aulica ed erogando servizi alla collettività.
Il polo di Torino è stato creato solo nel 2016 (inizialmente con sole 5 risorse contro le attuali 14 oltre 5 stagisti) e nel triennio sono stati presentati 5.593 ricorsi che hanno portato a 5200 pronunce del collegio, di cui ben il 68% a favore dei ricorrenti. Dal 2018 a Torino ha iniziato a ridursi il trend di crescita dei ricorsi facendo registrare un calo del 29% (contro una media nazionale del 12%). Si è potuto inoltre evidenziare una maggiore efficienza dei tempi di risposta: 111 giorni contro i 270 giorni massimi previsti dalla normativa.
Ulteriori dati statistici, a livello nazionale, sono molto significativi per comprendere l’attività dell’arbitro finanziario bancario (ABF) nel decennio: 104.000 ricorsi con un tasso di risposta del 99% e con 54 milioni di euro riconosciuti ai ricorrenti. Volendo focalizzare i principali punti di forza dell’ABF si può affermare che essi siano: 1) la semplicità (ora anche attraverso la procedura on line); 2) l ’economicità (il costo è di 20 euro e senza richiesta di assistenza di un professionista; 3) l’autorevolezza (anche se la pronuncia non è vincolante, statisticamente gli intermediari adempiono sempre quanto stabilito dall’arbitro bancario e finanziario, considerata la sua alta specializzazione in materia).
Anche i temi oggetto dei ricorsi all’ABF hanno subito un’evoluzione nel corso degli anni: sino al 2014 l’argomento preponderante dei ricorsi erano le contestazioni sui contratti bancari, poi la cessione del quinto dello stipendio per ottenere finanziamenti e dal 2018 – anno di svolta per la diminuzione dei ricorsi – sono diventate preponderanti le contestazioni in materia di carte di debito/credito. Per quanto riguarda la concentrazione geografica la maggioranza dei ricorsi si concentra in Calabria, Lazio e Sicilia.
Nel caso di Torino, quasi il 70% delle pronunce sono a favore dei ricorrenti e quasi totalmente sempre adempiute dagli intermediari finanziari. La durata dei giorni della procedura è in netta diminuzione: dai 264 giorni del 2018 si è scesi a 237 giorni nel primo trimestre del 2019 e a 225 nel secondo trimestre dell’anno, a livello nazionale. Nel raffronto tra ABF e AGO (autorità giudiziaria ordinaria) appare che nel 2018 sono stati presentati 27.000 ricorsi all’ABF contro i 20.000 all’AGO. Le decisioni, pur non essendo vincolanti e non precluso l’ulteriore ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria, si registra un molto basso indice di contestazione (solo lo 0,50%). Di questa percentuale di pronunce dell’ABF, riviste dai giudici togati, il 71% viene confermata da quest’ultimi, mentre il rimanente 29% viene modificata totalmente o parzialmente. Un’indagine presso i ricorrenti ha confermato una buona soddisfazione dell’utenza (composta da persone con competenze finanziarie al di sopra della media), anche se solo il 32% dell’utenza si ritiene soddisfatto dei tempi di durata della procedura.
Considerati i punti di debolezza del nostro sistema giudiziario – il cui tempo medio di chiusura di una procedura concorsuale è di 7 anni contro i 2 anni della media europea – evidenti sono i vantaggi dell’arbitrato rispetto alle procedure giudiziali ordinarie. Tuttavia, rispetto all’arbitrato rituale, il cui lodo è vincolante al pari della sentenza, la pronuncia dell’ABF non è vincolante e non preclude la tutela davanti all’AGO. Rispetto all’esordio del 2009, l’organizzazione si è perfezionata, passando da una valutazione di 16/18 ricorsi per riunione negli anni iniziali a 50/60 negli anni recenti. Nel 2011 è stato istituito un collegio di coordinamento che assicura un orientamento uniforme delle decisioni (che contribuisce a dare credibilità al sistema) e nel 2016 si sono istituiti 4 nuovi presidi – tra cui quello di Torino – in conseguenza dell’aumento esponenziale dei ricorsi.
Una delle più significative peculiarità dell’istituto dell’ABF è quella relativa al fatto che le pronunce sono emanate sulla base della normativa vigente, sono pertanto decisioni “di diritto” a tutti gli effetti (non secondo equità, come quelle dei giudici di pace). Sotto questo aspetto, le decisioni fanno “giurisprudenza” pur non essendo sentenze, creando un orientamento consolidato, testimoniato con un’alta percentuale di conferma delle pronunce dell’ABF in un successivo eventuale giudizio ordinario. Altro aspetto positivo è il dialogo costruttivo creatosi con gli intermediari finanziari e che ha portato alla diminuzione dei ricorsi. A seguito del contenzioso, gli sforzi degli intermediari si sono focalizzati sulla maggior sicurezza del sistema, sia inerendo il cip nelle carte di debito/credito, sia attraverso la ricerca di accorgimenti tecnologici (quali la pluralità di password non seriali) che hanno reso più sicura l’operatività on line.
In conclusione, un bilancio di successo nel primo decennio di attività dell’ABF, quale conseguenza del costante e qualificato impegno degli addetti ai lavori. Perché, viste le affinità, non estenderlo anche al mondo assicurativo?
Liliana Perrone