Ventimiglia, frontiera, centro di accoglienza, no borders, Francia, Italia , passeur , persone migranti: di questo parliamo. Lo facciamo con Enrico Ioculano, che è stato sindaco di Ventimiglia a soli 28 anni.
Poi, dal 2014 al 2021 consigliere della Provincia di Imperia, e oggi Consigliere Regionale, Vice Presidente della Commissione Bilancio e membro della Commissione Salute e Sicurezza Sociale.
Ventimiglia, Imperia, Genova: chi più di lui conosce la realtà locale di questa frontiera e la macchina dello Stato sul tema dell’emergenza immigrazione?
Sette domande sulle persone migranti: se una cosa abbiamo imparato da questo dialogo, è anteporre la parola persone al termine migranti. Persone migranti: le parole aiutano a vedere l’uomo dietro a un’ etichetta. A farne un individuo , non una cifra o un problema da risolvere .
Sette domande, per fare di una frontiera una “nuova frontiera*“ .
1 – Ventimiglia e i migranti: fotografia di oggi, cosa c’è di nuovo ?
Ventimiglia dal 2015 è un punto di riferimento per migliaia di persone migranti che cercano di raggiungere la Francia e poi il nord Europa, si tratta di un flusso continuo che non si arresta e diminuisce e si intensifica solo in relazione alle stagioni; le percentuali delle persone che decidono di fermarsi in città sono irrisorie.
La novità è che una volta arrivate a Ventimiglia queste persone da ormai due anni non possono far più conto sul centro di prima assistenza perché il centrodestra, salito dopo la mia amministrazione, lo ha smantellato, senza fornire sostituzioni. Il risultato è che all’arrivo cercano un passeur rapidamente o – se riescono a trovarlo – un riparo nelle poche strutture di volontariato come la Caritas che distribuisce vestiti, un pasto e talvolta un posto dove dormire.
La maggior parte delle persone migranti sta per strada nei pressi della stazione, lungo il bordo del fiume Roja o sotto un cavalcavia dell’Anas, in uno stato di assoluto disagio con la carenza più totale di servizi minimi, con problemi igienici, alimentari e sanitari, come si può facilmente immaginare. Ci sono anche intere famiglie, con bambibi piccoli. Questa è la situazione odierna, situazione messa sotto la lente dai media, ma è così esattamente da due anni, da quando, ripeto, è stato chiuso il centro di accoglienza.
2 – E le relazioni con i francesi , ce ne sono? C’è collaborazione sul territorio? O c’è una minor disponibilità. E con chi avete rapporti?
Sul tema migratorio, tra enti locali, non ci sono grosse relazioni: mentre su tanti altri argomenti ci sono rapporti costanti, se non quotidiani, sulla migrazione non c’è dialogo.
Anche quando ero sindaco vigeva il silenzio, che partiva da loro, probabilmente per una forma di imbarazzo (non perché si vergognassero di quello che stavano facendo, più che altro una difficoltà a dialogare su un tema che per loro è pressoché tabù). Ricordo che la regione francese che abbiamo accanto ha una forte impronta di destra: sono molto rigidi nelle posizioni che riguardano l’immigrazione.
3 – Centro di accoglienza c’è? Non c’è? Cosa andrebbe fatto? Da chi?
Oggi non c’è. È stato chiuso nel 2020 e non sappiamo esattamente perché e chi abbia deciso la chiusura: il Prefetto di allora disse che non c’erano più le condizioni per mantenerlo in attività. La realtà è che ci fu una forte spinta politica soprattutto dell’amministrazione Scullino in carica all’epoca, retta da Lega e Fratelli d’Italia che spinsero affinché il centro di accoglienza, aperto nell’area dell’ex area ferroviaria del Parco Roja nel 2016, e gestito dalla Croce Rossa, chiudesse. Alla base di questa spinta, un motivo assolutamente pretestuoso: per questi partiti le persone migranti arrivavano a Ventimiglia per il centro di accoglienza. In realtà le persone vengono a Ventimiglia semplicemente perché è qui il confine e checché se ne dica è assolutamente permeabile.
I dati – in possesso della Polfer e della Polizia – ci dicono che il numero di persone che riesce a varcare la frontiera è superiore a quello delle riammesse dalla polizia francese.
4 – Cosa pensa? Quale il suo suggerimento?
Penso che il centro di prima assistenza vada riaperto immediatamente per dare la possibilità alle persone migranti di avere un tetto sopra la testa, un luogo caldo e ricevere quelle attenzioni che è necessario avere in questi contesti, anche solo le informazioni che possono essere utili. Alcuni di loro hanno diritto a restare qui ma non lo sanno perché nessuno glielo dice. Serve la volontà politica, poi serve che tutti gli enti siano allineati: l’amministrazione locale, la prefettura, Regione e un input da parte del Ministero degli Interni. Insomma fare sistema.
5 – I migranti e il viadotto … immagine non esaltante …è ancora così? La vita sotto il viadotto …
La vita sotto il viadotto è la stessa di sempre. Pensi che al tempo del centro di accoglienza, i “no borders” convincevano alcuni migranti a non andarci perché sarebbero stati rimandati a Taranto per l’espulsione, cosa assolutamente non vera le posso assicurare. C’era un’identificazione necessaria all’ingresso, questo si, perché bisognava garantire anche la sicurezza nella struttura, ed evitare che entrasse un pluri pregiudicato. Si creò così questo accampamento, e oggi le persone continuano a stare sotto il ponte.
6 – E i migranti ci dica di loro …come sono, come si comportano, esempi buoni o meno buoni di convivenza? Rivolte possibili?
Abbiamo avuto a che fare con decine di migliaia di persone in questi anni. La provenienza da parti diverse dell’Africa genera comportamenti diversi. Ad esempio i migranti provenienti dal nord Africa hanno spesso atteggiamenti aggressivi e di sopruso su quelli provenienti dal Sud Sahara. Questo la dice lunga sul microcosmo che non conosciamo all’interno della migrazione.
Altro aspetto è quello dei “passeur”, che sono quelli che creano più problemi. Per loro i migranti sono un clienti da sfruttare: risse, aggressioni e comportamenti violenti tra i migranti sono legati a loro. No, rivolte non ne abbiamo mai avute. Manifestazioni sì, ma non nate dal basso. Piuttosto, scientificamente indotte da figure terze che giravano intorno al flusso migrante tipo i “no borders“ – e ne do un giudizio politico – per far vedere che esistevano, per far valere le proprie teorie politiche per cui le frontiere dovevano essere abbattute. Organizzavano manifestazioni presso la frontiera a gruppi di 50-100 o 200 ragazzi migranti: una forma “vile” di sfruttare il prossimo per far valere le proprie idee. Non credo che a nessuno di quei ragazzi interessasse avanzare la loro posizione politica, a loro interessava solo passare il confine. La storia a Ventimiglia ci insegna che più bassa è l’attenzione mediatica più facile è attraversare il confine.
7 – Se non esistesse più il supporto delle organizzazioni non governative che ne sarebbe del territorio? E dei migranti?
Succederebbe quello che avviene già adesso. Nonostante tutto il lavoro che sta facendo Caritas, oltre a organizzazioni francesi che vengono a distribuire dei pasti caldi, è come tentare di fermare l’acqua con le mani. Quello che serve è una risposta sistemica dello Stato. Ci sono quelli che dicono la responsabilità è dei francesi. Ma queste persone sono nel territorio italiano; se si fermano qui poche ore o qualche giorno, lo Stato ha il dovere di dare loro una risposta. Il loro stare in una cattiva condizione influenza anche chi risiede a Ventimiglia. La mia amministrazione ha sempre difeso il principio per cui c’è un equilibrio dei diritti da difendere: quello tra le persone in cammino e le persone residenti. La miopia per cui non bisogna aiutare le persone in cammino alla lunga danneggia anche i residenti. Nessuno si trova bene a vivere di fronte a un accampamento, al degrado, a una piazza di spaccio, senza contare i problemi di igiene, di salute e di violenza; nemmeno i residenti.
Il paradosso è che aiuti i residenti solo se aiuti le persone in cammino.
Eraldo Mussa