Quello a cui stiamo assistendo attoniti da molti, troppi, mesi a seguire ad una pandemia che ci ha abbondantemente fiaccati ci lascia senza fiato. Ma attenzione! I segnali erano già visibili da molto tempo. Ricordo solo due episodi che mi riguardano personalmente. Diversi anni fa in una sessione del forum Ambrosetti a Cernobbio il cui chairman era il prof. Monti ed a cui partecipava il ministro dell’economia greco Varoufakis feci pubblicamente un commento.
La tragedia greca che sconvolse l’economia
Varoufakis aveva tentato di illustrare la difficile situazione greca per argomentare la mancanza adeguata di supporto dell’Europa. Raccontò la situazione di una fiorente azienda greca che aveva ordini in portafoglio per i due anni successivi. Doveva però acquistare le materie prime da trasformare e le banche greche gli offrivano prestiti al tasso del 15%. Difficilmente utilizzabili senza erodere i margini. L’imprenditore penso di andare in Germania a sondare le banche tedesche. Tutte disponibili a dargli abbondante credito a tassi molto bassi ad una condizione, quella di spostare la sede della società in Germania.
L’imprenditore non accettò questa condizione capestro e decise di negoziare il credito con le banche greche. Peccato che i suoi fornitori alla presentazione degli ordini garantiti dalle banche greche non accettarono la fornitura non fidandosi di tali garanzie. Tutto ciò perché Varoufakis voleva dimostrare la latitanza dell’Europa nel dramma greco.
Le ripercussioni dell’inflessibilità europea
Il prof. Monti chiuse lo speech di Varufakis ricordando le falsificazioni di bilancio fatte dai politici greci, del precedente governo, e concludendo con un commento che diceva che i greci erano stati molto arroganti nelle trattative con EU e che quindi non dovevano aspettarsi grande simpatia da parte delle istituzioni EU. Devo ricordare che a quel tempo la Germania, a mio modo di vedere, sapeva benissimo ciò che faceva nel finanziare paesi deboli ed un po’ malandrini, Italia compresa, perché finanziava in questo modo il suo export. Infatti allo scoppiare della crisi greca le banche più esposte al debito greco erano le banche tedesche.
Quando la crisi scoppio, ed eravamo in pieno regime di “austerity” la cancelliera tedesca, con il suo grande peso in EU, riuscì prima a rallentare gli aiuti e poi a mutualizzate il peso dell’esposizione tra molti paesi europei. Il mio commento al Prof. Monti era teso a separare la mala gestione dei politici greci, certamente fortemente condannabile, da quella dei destini dei popoli. E in particolare quello greco che aveva dovuto subire danni terribili e per fargli notare che le politiche EU stavano grandemente generando reazioni avverse alla stessa Europa vista più come gendarme sanzionatorio che come amica. Aggiunsi anche che il bene più grande che l’Europa ci aveva regalato era, all’epoca, 60 anni di pace. Questo dovevamo preservare con un approccio differente. Il prof. Monti non si curò molto del mio commento.
Il problema demografico non è stato mai affrontato davvero
L’altro episodio risale a poco più di due anni fa quando feci una relazione alla Fondazione Cavalieri del Lavoro in cui argomentavo gli scenari mondiali e la situazione in atto, generata da molteplici potenze e con modalità del tutto differenti, ma tutte indirizzate ad indebolire l’Europa. Per le ragioni più diverse, o politiche, o geopolitiche o economiche che aggiunte al tema demografico rappresentavano una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. E a esploderci in faccia.
Questi due episodi, tra i tanti che potrò raccontare, mi portano alla conclusione che noi abbiamo una urgente necessità di molta più Europa. Di un’Europa più forte, diversa, meno burocratica e più veloce e determinata nelle sue decisioni. Una Europa federata, che abolisca il diritto di veto ed introduca il voto a maggioranza qualificata.
Una Europa che negli ultimi tempi ha imboccato una strada giusta, ma molta strada deve ancora fare. Ma col passo della gazzella, non quello della lumaca.
Il mondo sta cambindo troppo in fretta
Un’Europa più autonoma, nell’ambito della alleanza atlantica e nella cultura e nei principi occidentali. Dell’Europa dello sviluppo, del lavoro, della lotta alle disuguaglianze, aperta e ricettiva, ma preservando i suoi principi fondanti. Possiamo ancora per un po’ avere un ruolo importante, ma dobbiamo imparare ad essere attrattivi, non terreno di conquista di altri. Più uniti e coesi operando in modo univoco non guardando ai singoli interessi di ogni stato. Sopratutto in un momento in cui la globalizzazione sta tramontando. Prepariamoci prima che sia troppo tardi! E per concludere: siamo certi che se Putin non avesse percepito, e forse contribuito, alla debolezza dell’Europa non avrebbe agito differentemente?
Cesare Valli