Il n. 3 de L’Incontro del 2016 dedicava una approfondito articolo, a firma di Gustavo Ottolenghi, uno dei collaboratori storici del giornale, alla Libia, dal titolo “Difficile per la Libia l’unità e l’indipendenza”. Mi pare che ripercorrere, in breve, la storia di questo tormentato Paese, sia di rilevante attualità anche per comprendere meglio la situazione di oggi. Che ne pensa?
L’articolo del Prof. Ottolenghi, in effetti, tracciava un quadro storico assai preciso della storia della Libia, dal “dominio degli egiziani a quello dei greci-fenici, dei romani (Diocleziano – 146 a.C.), dei vandali (Genserico – 430/533 d.C.), dei romani-bizantini (Giustiniano – 533/698 d.C.); nel 698 d.C. venne occupata dagli arabi e restò sotto di loro pressochè per 12 secoli, con saltuari intervalli di possesso da parte dei cristiani della II Crociata (1135/1163), degli spagnoli siciliani (1510/1517) e dei barbareschi (1711/1835)”.
Dal 1911 al 1943 la storia della Libia si incrociava con quella dell’Italia, nel senso che “La Libia venne occupata dall’Italia al termine della guerra italo-turca persa dal Sultano, sulla base degli accordi di Losanna (12/10/1912). Gli italiani ne presero possesso come “Quarta sponda” della Nazione e nel 1928 unirono la Tripolitania e la Cirenaica (sino ad allora divise) costituendo poi, nel 1934 con il Governatore generale Italo Balbo, la “Libia” quale 21° regione dello Stato Italiano, con 3 province litoranee, Tripoli (capoluogo), Bengasi, Misurata, Derna, e un Territorio del Sud con capoluogo Hun”.
Nascita della Repubblica araba di Libia
Dopo la sconfitta degli italiani, nel 1943 la Libia passò in gestione fiduciaria all’Inghilterra, per la parte di territorio relativo alla Tripolitania ed alla Cirenaica. Mentre il Fezzan venne assegnato alla Francia. Il 24 dicembre 1951, al termine di tale mandato fiduciario, la Libia divenne indipendente. Ma i suoi problemi, invece di risolversi, si acuirono. Dopo una prima fase di monarchia, fino al 1969, una rivolta militare, capeggiata dal colonnello Gheddafi, formò la “Repubblica araba di Libia” . che durò sino al 2011, quando il Raiss, come veniva chiamato Gheddafi, venne ucciso da un gruppo di tribù ribelli al suo governo dittatoriale.
La fine di Gheddafi non fu l’inizio della pace
Ancora una volta, però, la fine di Gheddafi non portò alla democrazia ed alla pace, posto che le numerose tribù esistenti, le cui rivalità erano rimaste sopite o meglio controllate sotto il regime di Gheddafi, si scatenarono in una guerra interna in tutto il Paese.
Nel 2012 le prime elezioni libere videro il successo dei conservatori liberali, ma gli islamisti di “Alba libica” si ribellarono trasformando il Paese in una terra di perenne guerriglia e di attentati. I tentativi, anche dell’ONU, di pacificare i contendenti, si rivelarono infruttosi, stante le contrapposizioni frontali tra i vari gruppi e l’articolo si chiudeva con l’amara constatazione che i compiti di qualunque governo sabbero stati immani.
Un territorio ancora ingovernabile
“Innanzitutto la necessità di sconfiggere l’ISIS e poi di affrontare problemi di politica interna non indifferenti, quali il flusso dei migranti verso l’Europa, gestire i fondi del Banco Centrale di Tripoli, regolare lo sfruttamento dei pozzi petroliferi, stabilire regolari rapporti con le turbolente Corporazioni dei lavoratori e sciogliere l’embargo tuttora in atto per alcuni prodotti. Senza l’intervento degli Organismi sovranazionali (ONU, UE, Lega Araba) – che è subordinato alla possibilità di trovare un interlocutore affidabile unico in un Governo libico stabile – ben difficilmente la situazione della Libia potrà trovare una giusta soluzione in tempi brevi”. La situazione continua ancor oggi ad essere di assoluta ingovernabilità di quel territorio, che è divenuto terra di nessuno e dominio di violenti e profittatori di tutti i generi.
Alessandro Re