La pandemia è stata terribile non solo per la salute umana ma anche per quella politica, scrive in un reportage il settimanale britannico The Economist, che documenta come il Covid abbia eroso la democrazia e il rispetto dei diritti umani nel mondo. Secondo Freedom House, un think-tank con sede a Washington, sono 80 i paesi in cui la qualità della democrazia e il rispetto dei diritti umani sono peggiorati dall’inizio della pandemia. L’elenco comprende sia dittature che sono diventate più dure, sia democrazie in cui gli standard sono scivolati verso il basso.

Gli uomini forti trovano più facile impressionare le masse quando controllano le notizie, scrive l’Economist, e così, mentre ad aprile Reporter Senza Frontiere aveva contato 38 paesi che usavano il coronavirus come scusa per molestare i media critici, quel numero è ora più che raddoppiato, arrivando a 91, dice Freedom House.

Molti governi hanno utilizzato la pandemia per bollare come “fake news” le notizie e i commenti sulla pandemia che dispiacciono al potere. Avviene a El Salvador come in Nicaragua, in Turchia come in Uzbekistan, in Uganda, nello Zimbabwe e in Egitto, e naturalmente in Cina, da dove è iniziata la pandemia insieme alla censura e alla ritorsione contro i medici che diffusero le prime notizie. La pandemia viene utilizzata per rafforzare il governo e squalificare l’opposizione in India come nelle Filippine.

Inoltre, osserva l’Economist, niente si diffonde come la paura. Il panico per una malattia contagiosa rende le persone irrazionali e xenofobe. Uno studio del 2015 di Huggy Rao della Stanford University e Sunasir Dutta dell’Università del Minnesota ha rilevato che le persone erano meno propense a favorire la legalizzazione degli immigrati irregolari se gli veniva detto di un nuovo ceppo di influenza. Molti autocrati, anche se non hanno letto la letteratura accademica, sanno che incolpare i gruppi esterni è un buon modo per ottenere sostegno.

In India, il governo di Modi considera i musulmani come superdiffusori. La Bulgaria ha imposto blocchi più severi ai quartieri rom che ad altri. Le autorità religiose turche incolpano i gay. I funzionari malesi incolpano i lavoratori migranti, alcuni dei quali sono stati bastonati e deportati.

Le minoranze hanno vissuto momenti particolarmente difficili in Myanmar. Aung San Suu Kyi, presidente de facto del Paese, ha minacciato sanzioni severe per i residenti che rientrano illegalmente nel Paese. La gente ha capito che questo si riferiva ai Rohingya, un gruppo musulmano perseguitato, di cui circa un milione è fuggito nei paesi vicini. La voce che i Rohingya stavano infettando la nazione si è diffusa rapidamente.

È difficile misurare gli effetti della pandemia sulla democrazia e sui diritti umani, osserva il settimanale britannico. Senza il covid-19, quest’anno i governanti cinesi avrebbero ancora inflitto simili orrori ai musulmani uiguri? Il re della Thailandia avrebbe conquistato poteri quasi assoluti? L’Egitto avrebbe giustiziato 15 prigionieri politici in un solo fine settimana questo mese? Forse. Ma questi oltraggi avrebbero sicuramente incontrato un’opposizione più forte, sia in patria che all’estero.

L’anno scorso è stato un anno di proteste di massa, che hanno interessato tutti i continenti, fatto cadere cinque governi (Algeria, Bolivia, Iraq, Libano e Sudan) e costretto altri a ripensare a politiche impopolari, come in Cile, Francia e Hong Kong. Quest’anno, al contrario, i governi hanno vietato i raduni di massa per imporre le distanze sociali. Per molti, scrive l’Economist, questo è meravigliosamente conveniente.

Beniamino Bonardi

Foto di Angel Soler Gollonet / Shutterstck

Beniamino Bonardi

Il direttore responsabile de L'Incontro

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