Ci preoccupa il contenuto dell’infuocato dibattito esploso dopo la pubblicazione del libro, autoprodotto, del generale Roberto Vannacci. Ci preoccupa perché il fervore emotivo della polemica politica rischia di far fare confusione ai cittadini sul contenuto della vicenda, a nostro avviso, invece, molto chiara e non equivoca. In democrazia, ciascuno di noi, può esprimere, con più o meno eleganza e più o meno senso dell’opportunità, le proprie opinioni, ovviamente sempre nei limiti di non diffamare o calunniare dei terzi. Le opinioni espresse si possono condividere o meno; si possono contestare dialetticamente o si possono sviluppare nei dettagli attraverso confronti, anche appassionati.
Questa possibilità di dialogo, anche su temi scottanti e divisivi, è il sale della democrazia e costituisce proprio una conquista della libertà che, in democrazia, vuol proprio dire il diritto di poter esprimere la propria opinione sempre e comunque, con l’unica condizione di farlo con metodo e stile legittimo. Il cittadino Roberto Vannacci può quindi, a nostro avviso, avere le sue opinioni, le sue idee, le sue prese di posizione su argomenti molto spinosi e delicati come le valutazioni sugli immigrati stranieri, gli LGBTQ+, gli ambientalisti.
Non condividiamo nessuna delle sue idee, però rispettiamo il suo diritto di esprimerle. L’unica cosa che non è ammissibile è che tali valutazioni non sono state fatte da un cittadino qualunque, ma da un generale, pluridecorato, ex comandante della gloriosa Folgore. Da un uomo quindi che ricopre un ruolo importante, autorevole e di riferimento per la comunità. Egli infatti ha giurato fedeltà alla nostra Costituzione che gli impone, quando si esprime in pubblico, di avere la responsabilità del ruolo e il rispetto delle istituzioni.
La polemica quindi originata dalla decisione del Ministro della Difesa Crosetto di sanzionare la condotta del suo “dipendente”, non ci sorprende perché ha semplicemente dato esecuzione a un diritto che sarebbe stato offensivo non esercitare: il controllo sul comportamento e sulle dichiarazioni dei nostri militari di qualunque grado siano. A maggior ragione quando rappresentano addirittura ruoli apicali nella gerarchia militare. Ci preoccupa invece la polemica che mischia i due livelli e prospetta una lesione dei diritti di opinione del generale scatenando un dibattito inutile, fazioso, manipolatore. La storia di questa testata è sempre stata segnata da battaglie in favore della tutela dei diritti civili dei cittadini, primo di tutti quello del libero pensiero: pretendendo però, sempre, senso di responsabilità e di rispetto da parte di chi rivesta ruoli istituzionali anche e soprattutto con le stellette del militare.