È una mattinata perfetta a San Francisco. Il cielo blu, la baia, il Golden Gate Bridge perfettamente visibile dal secondo piano dell’elegante palazzina all’angolo di Broadway e Webster, da sempre la fetta dell’Italia che veglia sui connazionali del più esteso distretto consolare italiano, che copre da Guam, all’Alaska, al nord della California. Incontro mi viene Lorenzo Ortona, da quasi tre anni Console Generale della Repubblica Italiana a San Francisco. Giovane e brillante, Ortona, che è sposato con una signora americana, ha il compito di proteggere e promuovere gli interessi dell’Italia in questa enorme fascia di America.

Gentile come sempre, cominciamo dai numeri. L’immigrazione italiana verso la Silicon Valley e San Francisco, ma anche verso la città di Seattle, dove fanno base colossi come Amazon, Microsoft e Boeing, presenta numeri impressionanti ed è cresciuta di oltre il 40% negli ultimi 5 anni. Si parla di 5.000 italiani a Seattle, e di 18.000 a San Francisco e Silicon Valley. Ma questi sono quelli registrati. In totale si ipotizza che le cifre siano circa il doppio. E chi sono questi nuovi migranti? Sono giovani, laureati, tipicamente ingenieri, fisici, chimici, matematici. In prevalenza uomini ma anche tante donne, parimenti dal nord e dal sud Italia, in numeri sempre più crescenti. È possibile che sia dal 1849, ovvero dalla corsa all’oro, che non si veda un tale flusso migratorio dall’Italia sulla costa Ovest dell’America. È indiscusso che il “taglio” di questi nuovi migranti sia unico.

Ortona conferma che non solo il “taglio” è unico, ma così pure la forma mentis.  E da lì nasce in me una forte speranza per l’Italia. Al contrario di immigrati precedenti, tra cui chi scrive, che qui arrivò nel 1983, questi nuovi californiani arrivano non pensando di farsi una new life letteralmente al confine geografico del mondo occidentale, ma piuttosto di sviluppare attività, lavorare nelle grandi aziende del mondo digitale, attingere a fondi, sviluppare idee, creare valore, per poi eventualmente tornare in Italia. Se così fosse (e dai primi dati appare che sia) la tanto paventata fuga dei cervelli potrebbe rivelarsi un bene perché porterà ricchezza di idee, di approccio, di costumi, e cultura nel “fare impresa” nuovamente nel Bel Paese.  Su questo il Consolato lavora assiduamente. Fa squadra con BAIA, con Mind the Bridge, con i professionisti e con altre istituzioni. Ortona riceve una media tra le 12 e le 15 delegazioni al mese dall’Italia – aziende, ma pure università ed elementi istituzionali.  Il tutto anche con l’apporto dell’unico Ufficio Attrazione Investimenti presente all’interno di un Consolato italiano, che ha recentemente facilitato un importante investimento americano in ricerca e sviluppo a Genova.

Il caffè e la piacevole chiacchierata si chiudono. Saluto Ortona e ci abbracciamo. Ci si lascia con il classico “buon lavoro” ed esco tranquillo che l’Italia istituzionale qui lavora, e lavora per l’Italia. Esco, il sole splende, e mi sento un filino più ottimista.  Forza, ragazzi.

Antonio Valla

 

Antonio Valla

Nato a Milano e formatosi tra l’Italia e la California, ha fondato nel 2009 la Valla Morrison & Shachne, dopo aver creato la Gilliss Valla e Dalsin, LLP nel 1994. Specializzato in casi di contenzioso...

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