Joseph McCarthy e Kevin McCarthy sono accomunati dal cognome e purtroppo, temo, da un simile destino.
Joseph, negli anni ’50, orchestrò e condusse una vera e propria caccia alle streghe, o caccia ai “rossi,” dentro e fuori dal Congresso. E nei mondi della politica, del cinema e della cultura americana, attaccando la libertà di pensiero, garantita dalla Costituzione, e negando la presunzione di innocenza, altrettanto garantita. Nel fare così spaccò per anni l’America e mise in discussione il significato di essere americano e patriota, ma non di destra.
Kevin, odierno, deputato californiano al Congresso, in questi ultimi giorni ha scalato la carriera per arrivare alla carica di Speaker of the House, o presidente della Camera, la terza carica dello stato. Ci è riuscito, al sedicesimo ballottaggio, un record, accontentando in qualche modo la maggioranza dei circa venti deputati repubblicani di estrema destra che costituivano l’ago della bilancia. Ma accontentare vuol dire negoziare, concedere, promettere. Le promesse fatte, anche in Aula. Le garanzie date. Le strette di mano e i retroscena. In parte, si sanno. In parte, no. In ogni caso, si sa che in sostanza, l’esigua minoranza di destra avrà un effettivo potere di veto su tutta una serie di iniziative di grande impatto. Dal budget (la legge finanziaria), al supporto all’Ucraina, alle iniziative di carattere sociale – diritti civili, salari minimi. Questo garantisce almeno due anni di problemi legislativi, di spaccatura del Congresso, e di scarsa efficienza nel gestire la res publica.
Accomunati dal cognome. Accomunati dall’inchino all’estremismo. Accomunati dal non capire che governare vuol dire unire. Accomunati dalla decisione di dividere.
Antonio Valla