“Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”. Sulla paternità di questa frase, comunemente attribuita a François-Marie Arouet, in arte Voltaire, i pareri sono discordi. Una scuola di pensiero sostiene che in realtà venne accreditata arbitrariamente al grande filosofo francese dalla sua biografa S.G. Tallentyre (pseudonimo della scrittrice britannica Evelyn Beatrice Hall).
Chi vuole imbavagliare il dibattito?
Ma in fondo, che Voltaire l’abbia pronunciata davvero, conta poco. Indro Montanelli amava ripetere (forse, ma non necessariamente, in modo provocatorio) che non importa se una notizia sia vera, basta che sia verosimile. Ed è assolutamente verosimile che l’autore di Zaire e Micromega abbia perlomeno condiviso questo concetto, visto che la libertà e di opinione e di espressione costituisce uno dei capisaldi del pensiero illuminista.
Questa frase, al di là della sua effettiva paternità, è da sempre origine di dibattiti appassionati tra chi intende sia presa alla lettera, e di conseguenza aborre ogni tipo di censura, e chi, invece afferma che un soggetto particolarmente “cattivo” possa essere imbavagliato. L’attualità di questo dibattito è confermata dalla discussione scatenata dal mio ultimo editoriale “Ucraina, è anche guerra di censure, da tutte le parti”. Nel testo manifestavo perplessità sul fatto che l’Occidente, erede dei principi della Rivoluzione francese e dei diritti dell’uomo, stesse attuando una crescente censure su tutti i mezzi di informazione russa. In redazione è arrivata una pioggia di email, equamente divise tra favorevoli e contrari ai contenuti del mio editoriale.
Affronteremo sempre i temi caldi
Quasi contemporaneamente, L’Incontro ha pubblicato l’articolo del nostro editore, Riccardo Rossotto, “Guerra e censure, un dibattito senza fine”, che, da angolazioni e con punti di vista diversi, affrontava lo stesso tema. I lettori hanno premiato questa scelta editoriale. Le visualizzazioni si sono impennate ed entrambi gli articoli hanno occupato le primissime posizioni su Google.
Affrontare temi caldi, ospitando opinioni divergenti rappresenta una carta vincente della nostra testata, che così mantiene fede al suo nome di “incontro” tra pareri non allineati. Il che non è poco, visto il conformismo, l’omologazione, l’asservimento al Pensiero unico che ammorbano la stampa italiana. Con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Il mese di gennaio (ultimi dati disponibili, gennaio 2022 su gennaio 2021, fonte Ads, Accertamenti diffusione stampa) ha visto continuare la pluridecennale caduta di tutti i quotidiani, con l’eccezione di La Verità (più 16%) e della Gazzetta dello Sport (più 19%).
C’è guerra e guerra
Una testata di opinione come L’Incontro era tenuta a dedicare spazio alla guerra. Abbiamo cercato di farlo pubblicando servizi di esperti, come Diego Zandel, profondo conoscitore dell’Est Europa, o ricorrendo a tagli originali. L’ultimo, “Arte e guerra, non solo Ucraina”, porta la firma di Salvatore Garau. Il Maestro sardo, oltre a essere uno dei protagonisti della contemporary art internazionale, è stato anche il batterista del mitico gruppo di rock progressivo Stormy Six, con cui ha partecipato anche, alcuni anni fa, alla reunion-progetto “Benvenuti nel Ghetto”, dedicato alla rivolta del Ghetto di Varsavia durante l’occupazione nazista. Coprotagonista dell’iniziativa, da cui è stato ricavato un omonimo albo musicale, è stato Moni Ovadia. Negli spettacoli della tournéé, alle canzoni si alternava la lettura dei suoi studi sulla rivolta. Garau, quindi, vanta esperienza sull’analisi del rapporto tra arte e tragedie della storia.
Per il futuro, però, la guerra (salvo deprecabili escalation) non sarà più il tema portante. L’Incontro intende diventare uno dei punti di riferimento per il dibattito sullo sviluppo del Paese. Tra gli argomenti in programma, la Milano-Torino, asse cui saranno dedicati ampi servizi.
Milo Goj