Ligio all’insegnamento di Vujadin Bošcov, “Gol è quando arbitro fischia e mette palla in centro” (ora aggiungerebbe “e Var convalida”) ho atteso che il Governo incassasse la doppia fiducia, in Camera e Senato, prima di scrivere questo editoriale dedicato all’ascesa di Giorgia Meloni alla Presidenza del Consiglio.
Saremo sempre dalla parte dell’emancipazione delle donne
Anche se la strada appariva spianata, dopo il Giuramento, l’imponderabile è sempre dietro l’angolo, soprattutto in questo caso, vista la collocazione e la storia politica di Donna Giorgia, e ho scelto la prudenza. Ora che i giochi sono fatti, da direttore de L’Incontro, testata che si è sempre battuta per l’emancipazione della donna e la sua assoluta parità, non posso che festeggiare l’avvenimento. Naturalmente, come è mio costume, tralascio ogni aspetto legato a ideologie politiche e tantomeno a simpatie partitiche.
Una scelta epocale
Semplicemente, ritengo epocale che a capo del Governo italiano ci sia una donna. Per quello che riguarda politica ed economia, ambiti tra loro strettamente legati, l’Italia è ancora un Paese al maschile. Basta guardare i primi quattro quotidiani italiani. Da Eugenio Torelli Viollier a Luciano Fontana al Corriere, da Eugenio Scalfari a Maurizio Molinari a Repubblica, da Vittorio Bersezio a Massimo Giannini alla Stampa, da Mauro Masone a Fabio Taburini al Sole 24 ore, nessun direttore è mai stato di sesso femminile.
Ma in azienda siamo ancora dei trogloditi
Poco meglio vanno le cose nel mondo delle imprese. Secondo un rapporto di Manageritalia sulle aziende private, anche se negli ultimi 12 anni le donne dirigenti sono cresciute del 56%, rappresentano ancora un desolante 19% del totale. Insomma, ogni cinque manager aziendali, di donne ce n’è (quasi) una. Eppure i laureati di sesso femminile sono il 60% del totale. Qualcuno dirà: “si, ma la maggioranza ha studiato discipline umanistiche, che poco si prestano a far carriera in azienda”. Può darsi, ma anche la laurea che più di tutte apre le porte al mondo della imprese, quella in economia, vede le donne in maggioranza, con il 51%.
Gli emancipati…
La nomina di Giorgia Meloni porta l’Italia ai primissimi posti tra i grandi Paesi europei, nella corsa all’emancipazione, almeno nell’agone politico. In Spagna non c’è mai stato nessun Presidente del Governo donna. Nella Francia della Quinta Repubblica, ci sono stati si due Primi ministri donna, Edith Cresson e l’attuale, Elisabeth Borne.
Esempi virtuosi in quasi tutta Europa
Ma Oltralpe il vero capo del Governo, in senso sostanziale, se non formale, è il Presidente della Repubblica. Carica cui non è mai assurta nessuna donna, anche se Segolène Royal e Marine Le Pen (due volte) sono arrivate al ballottaggio. La Germania (Federale, poi unita) conta solo Angela Merkel. Tre le primo ministro britanniche, l’indimenticabile Margareth Thatcher, Theresa May e la meteora Liz Truss. Qualcuno, a proposito dell’UK, sostiene che gli inglesi ormai sono abituati più alle Regine che ai Re (133 anni negli ultimi 185 tra Vittoria ed Elisabetta). Ora, è vero che The Queen regna, ma non governa, tuttavia avere come capo di Stato una donna, può aver effettivamente influito.
Può stupire il fatto che, anche se il femminismo nell’immaginario collettivo sia ascrivibile in qualche modo alla “Sinistra”, le uniche 5 donne giunte a capo del governo nei grandi Paesi dell’Europa Occidentale, sono tutte espressione di coalizioni o partiti di Centro Destra. Francamente non ho una mia opinione precisa. Chiederemo al nostro nuovo autore, Nestar Moreno Tosini, giornalista e sociologo Italo svizzero, di darci una chiave di lettura di questo singolare fenomeno.
Milo Goj