Con una abile narrazione l’Autrice tratteggia la “storia” personale, biografica, di Borsalino (seppure in parte romanzata), a partire dalla sua nascita nel 1834, in Pecetto, a poca distanza da Alessandria, con un continuo rimando alla situazione economica dell’epoca ed alla “Storia” del Piemonte prima e dell’Italia poi.
Sin dalle prime pagine si assiste a questo abile intreccio narrativo: mentre il piccolo Giuseppe, quinto figlio di una famiglia di modeste origine, sta per venire al mondo, il padre Renzo si trova in Alessandria, in una riunione clandestina, poichè i carbonari stanno faticosamente riprendendo la tela insurrezionale di quei moti che già nel 1821 avevano infiammato la città ed il Piemonte.
Va ricordato infatti che proprio ad Alessandria, nel 1821, sul bastione della Cittadella (la fortificazione militare eretta a difesa della città e di tutto lo Stato Sabaudo) sventolò per la prima volta la bandiera della libertà e che i primi martiri del futuro Risorgimento furono condotti al patibolo ad Alessandria, mentre molti altri riuscirono a fuggire.
Il piccolo Giuseppe capisce immediatamente, da piccino, che quel mondo agrario, chiuso, con i suoi ritmi lenti, legati alle stagioni ed alla terra, non fa per lui e si trasferisce nel 1848 (anno di grandi cambiamenti in Italia e in tutta Europa) ad Alessandria, presso un artigiano, un cappellaio dove, in breve, apprende tutte le competenze tecniche ed i segreti per la complessa produzione, che all’epoca avveniva interamente a mano, di cappelli di feltro.
La sua innata curiosità lo porta in breve a comprendere che, per primeggiare, avrebbe dovuto confrontarsi con gli altri cappellai, sia italiani, sia stranieri, e così decide di andare a lavorare, a soli 17 anni, prima ad Intra, poi a Sestri Levante ed infine in Francia, a Marsiglia, ad Aix en Provence, a Bordeaux e, da ultimo, a Parigi.
L’incontro con questa città vitale, che era all’epoca in piena trasformazione urbanistica e sociale, avrà un impatto decisivo sul giovane Borsalino che non tarda a trovare lavoro nel miglior cappellificio della città, dove diventa, in breve, il più abile produttore di feltri di prima qualità.
Rientrato ad Alessandria nel 1856, Borsalino apre un proprio opificio e poco dopo un negozio per la vendita, diventando il più importante ed affermato cappellaio di tutta la città.
Borsalino però vede sempre più avanti e decide di partecipare all’Esposizione Universale del 1867, organizzata da Napoleone III a Parigi, ottenendo la menzione d’onore nel settore della cappelleria.
Il risultato fece ancor più innalzare le quotazioni della Borsalino in Italia e in Europa e Borsalino iniziò a viaggiare in tutti i paesi sia per procurarsi la materia prima, sia per importare i primi macchinari (la produzione, come detto, sino ad allora era stata esclusivamente manuale), sia per promuovere le vendite.
L’incremento della produzione portò alla costruzione di un nuovo edificio, con le annesse case per gli operai (in gran parte donne, le mitiche “Borsaline”), la creazione di un asilo per i figli delle lavoratrici e le prime forme di tutela previdenziale e sanitaria.
In sostanza la crescita della Borsalino avveniva di pari passo con quello della città che era stata dotata della ferrovia ed ora provvedeva alla demolizione dei bastioni di difesa, per creare nuovi viali, ampi e spaziosi.
Borsalino, per promuovere i propri prodotti e per l’acquisto della materia prima, si spinse addirittura in Australia e Nuova Zelanda, e la sua azienda, verso la fine del secolo, giunse ad una produzione giornaliera di 750.000 cappelli, grazie ai macchinari introdotti nel ciclo produttivo ed al lavoro di 1250 operai circa.
Il sogno di Borsalino di ottenere l’ambito e mitico Grand Prix alla Esposizione Universale di Parigi del 1900 si realizzò quando, purtroppo, il fondatore del più importante e conosciuto cappellificio del mondo era appena deceduto, il 1° aprile 1900.
In definitiva una lettura stimolante che ci introduce non solo nella vita appassionante di un uomo capace di creare un mito, ma ci offre un affresco dell’Italia dell’Ottocento, un paese agricolo ed arretrato che, dopo l’unificazione, stava entrando nel mondo della tecnologia e della modernità.
Se la moda, in generale, ed il cappello, in particolare, sono stati uno di questi elementi della trasformazione della società, Borsalino ne è stato uno dei più noti e brillanti artefici e precursore dei successivi grandi interpreti della moda italiana nel mondo.
Alessandro Re