Dopo essersi preso due mesi di tempo, approfittando della “pausa olimpica” e delle ferie d’agosto, il Presidente Emmanuel Macron ha finalmente nominato il nuovo primo ministro: Michel Barnier, leader della destra neogollista e veterano della politica, sia a livello nazionale, sia europeo. Cercherò di dare un’interpretazione su come si è arrivati alla scelta di un uomo della Droite e quali scenari si aprono. Come sempre mi impegno a svolgere un’analisi “tecnica”, scevra da condizionamenti ideologici.
Facciamo un passo indietro. Alle elezioni europee dell’8-9 giugno scorso, il blocco che faceva riferimento a Monsieur Le Président aveva ricevuto una batosta epocale, fermandosi al 14%. Meno della metà dei lepenisti, trionfatori delle europee con oltre il 31%. Con una mossa sorprendente, Macron, ha subito indetto elezioni politiche, da tenersi entro un mese. Semplificando, i contendenti rilevanti erano quattro: il NFP (Nuovo fronte popolare), che aveva riunito tutte le forze di sinistra (un tempo si parlava di “Gauche plurielle”), i macronisti e il blocco lepenista.
E il quarto? Il quarto erano Les Républicains, eredi del più importante movimento politico della 5a Repubblica, il Gollismo. Una parte, minoritaria, guidata dal loro presidente, Eric Ciotti, si è alleata con Marine, mentre la maggioranza del Partito ha rifiutato l’intesa e si è presentata da sola. In Francia vige un sistema uninominale maggioritario a doppio turno, di cui in un precedente editoriale ho raccontato i meccanismi.
Sintetizzando, partiti o blocchi elettorali si presentano alle elezioni. Se al primo turno una sigla supera il 50% dei voti, elegge subito il suo candidato. Altrimenti vanno al secondo turno tutto i candidati i cui voti superano il 12,5% degli aventi diritto, quindi, più o meno, il 20% dei votanti effettivi. Il 30 giugno, al primo turno, il blocco lepenista si è confermato al primo posto, superando quota 33%. Per il secondo turno, Macron e il Nuovo Fronte Popolare si sono accordati in molti collegi per una forma di desistenza anti Le Pen. In pratica, il meno forte tra il candidato macronista e quello di sinistra si ritirava e invitava i propri elettori a votare il candidato rimasto. Una soluzione che qualcuno ha trovato contro natura, visto che la Gauche in campagna elettorale aveva attaccato pesantemente Macron e poi, al secondo turno, in diversi collegi ha ritirato il proprio candidato, invitando i propri elettori a votare il candidato macronista.
Specularmente, in molti collegi il candidato di Macron si è ritirato chiedendo ai propri votanti di scegliere quello della Sinistra. Un patto che ha funzionato, visto che il Blocco Le Pen/Ciotti pur avendo stravinto anche al secondo turno in termini di voti (oltre 10 milioni, contro 7 milioni della Gauche e 6,3 milioni dei macronisti), ha eletto solo 142 parlamentari, dietro sia alla Sinistra (178 deputati), sia al blocco di riferimento di Macron (150). Les Repubblicans che non avevano seguito Ciotti hanno rifiutato di aderire al patto di desistenza Macron-Sinistra, si sono presentati da soli e hanno portato comunque a casa 39 seggi.
Il problema è che un minuto dopo il secondo turno, la Gauche (soprattutto la sua componente più forte e più estremista, France Insoumise) e i macronisti hanno ripreso a litigare. Dopo una serie di veti incrociati, la scelta di Macron che ha ancora una volta spazzatospiazzato tutti: come Primo ministro, con l’incarico di formare il governo, ha nominato appunto Barnier, uno dei leader storici della destra gollista. Nel frattempo, per ribadire la propria collocazione politica, Les Républicains (il partito di Barnier) ha cambiato nome in La Droite Républicaine (per la cronaca il partito dell’ex presidente dei Républicains, Ciotti, alleato di Marine, ora si chiama À Droite).
A questo punto, Barnier può dare vita solo a un Governo di minoranza (in Francia, con il semi presidenzialismo è meno complicato che in Italia), sostenuto verosimilmente da macronisti, Destra Repubblicana e, forse dagli uomini di À Droite, che sono alleati di Marine ma che difficilmente contrasteranno duramente Barnier, con cui hanno militato sino allo scorso giugno. La Sinistra ha annunciato opposizione dura in Parlamento e in piazza. Così contrariamente a tutti i commenti e le analisi politiche, che, dopo il secondo turno, parlavano di disfatta lepenista, il pallino sembra averlo in mano Marine. Madame Le Pen ha detto che non entrerà nel Governo Barnier, ma che comunque di volta in volta deciderà se appoggiare o meno le sue iniziative. Difficilmente, senza i voti di R. N. (Il partito lepenista), il governo potrà far approvare qualcosa.
Pare poi, a conferma dell’intenzione di trovare una soluzione politica, che, Marine abbia ordinato ai suoi di evitare ogni scontro di piazza e di non rispondere a eventuali provocazioni. Questa la situazione a oggi. Ma con Macron tutto è fluido e domani potrebbe cambiare lo scenario. Monsieur Le Président ha mostrato di essere più fantasioso e imprevedibile di Leo Messi. Ha promosso un patto elettorale con la Sinistra per bloccare i lepenisti e due mesi dopo ha dato l’incarico a un protagonista storico della Destra Repubblicana, per formare un governo che per stare in piedi ha bisogno dei voti di Marine. Chissà cosa ha in mente per il domani…
Milo Goj