Rispetto sempre l’opinione altrui, anche quando si pone in netto contrasto con la mia. Credo, da sempre, che il confronto, civile e pacato, sia l’unico mezzo con cui l’umanità possa progredire e non autodistruggersi. Sono convinta, fin da bambina, che il dialogo, anche appassionato, stimoli riflessioni altrimenti impossibili. A patto, però, che alla base di ogni argomentazione, ci sia la volontà di costruire e non solo di “cogliere la pagliuzza nell’occhio dell’altro”. Ho letto su queste pagine “Far finta di niente” e non posso… Far finta di niente.
È proprio vero che il genere umano sta vivendo anni di disagio crescente e di dolore diffuso per cui, a sua protezione, avrebbe “affinato” negli ultimi 30-40 anni insensibilità e ipocrisia che non sarebbero state tollerate in precedenza? Io non credo; e, d’altronde, se fosse vero il contrario, non si parlerebbe di affinare, bensì di sviluppare. Penso, invece, che l’Uomo sia una creatura fragile, spesso intellettualmente pigra, intrinsecamente concentrata nel difendere le proprie “sicurezze”: una creatura, dunque, che, se lasciata sola o in balia di “cattivi maestri”, può diventare lupo, ma che, se stimolata e “contaminata” da esempi virtuosi, riesce a esprimere, poca o tanta che sia, la grandezza di Dio (qualunque e chiunque Esso sia).
Ogni evento della storia dell’Uomo ha molteplici letture, dipende dall’occhio, ma soprattutto dalla testa e dal cuore di chi tali eventi li legge. Il Medio Oriente è da sempre un territorio in cerca di pace. E’ una terra dove i vari gruppi umani che la abitano o l’hanno abitata non riescono a trovare un linguaggio condiviso di reciproca tolleranza e di rispetto dell’altrui identità. E ciò da ben prima che nascesse lo Stato di Israele nel 1948 e fosse variamente ostacolata la realizzazione di uno Stato Arabo Palestinese. Innumerevoli sono stati gli sforzi messi in campo dal “resto del mondo” per cercare di trovare il modo di far convivere popoli con specificità diverse fatte di lingua, religione, mitologia, aspirazioni, costumi personalissimi e più di qualche volta si è andati molto vicini se non “alla” soluzione, almeno a una soluzione (da ultimo con gli Accordi di Abramo del 2020), per così dire, intermedia e prospettica.
La guerra che oggi affligge il Medio Oriente dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ha radici profonde, molto più profonde dell’”insensibilità e ipocrisia” degli ultimi 30-40 anni, e non credo affatto che immaginare o alimentare ipotesi complottistiche aiuti a superare insensibilità e ipocrisia; anzi, sono convinta che ricondurre a suggestioni di tal fatta – che imperversano sul web dove l’assenza delle regole giornalistiche che assicurano la serietà delle notizie offerte ha creato un mondo parallelo che spaccia la diffusione di fake news per dimostrazione di democrazia e di libero pensiero – radichino maggiormente indifferenza ed egoismo, là dove presenti. La mancanza di fiducia nell’altro genera sospetto, il sospetto stimola i fraintendimenti, i fraintendimenti originano ombre, le ombre insinuano la paura e la paura impedisce un pensiero libero e autonomo.
Per questo le nuove frontiere generate dall’IA non penso siano “il problema”; lo sono, semmai, a mio avviso, l’assenza di regole globalmente condivise sui limiti da porre allo sviluppo e all’applicazione dell’IA, la disabitudine diffusa all’approfondimento serio (quello, per capirci, che non si limita alla lettura dei titoli dei giornali o, peggio, alle notizie/opinioni trovate nel web), al ragionamento su quanto appreso, al confronto leale. Senza capacità di critica autonoma e, quindi, senza sviluppo creativo del pensiero umano, l’IA ci renderà schiavi ed è allora che “per uno che insegna come usare l’IA 20/30.000 si attaccheranno al tram”.
Sviluppo e progresso sono cose distinte ed è bene che lo sviluppo tecnologico, scientifico, industriale, economico e finanziario siano rispettosi del progresso sociale che deve restare ancorato a un’etica ferrea fondata sul rispetto dell’altro e dell’umanità in generale. Talvolta, è vero, sviluppo e progresso, pur tentativamente progettati nell’interesse collettivo, sembrano in antitesi, ma è proprio in questi casi che l’osservazione acuta e progettuale (non solo critica) di taluni deve e può stimolare il miglioramento futuro: la pandemia che ha messo a serio rischio la sopravvivenza dei più (ecco di nuovo la paura del singolo per sé e le sue “sicurezze”) e che ha colto tutto il Mondo impreparato, deve essere lo spunto per riflettere e rimediare ai danni immensi della solitudine e dell’isolamento, del timore di incontrare l’altro e dell’assenza di solidarietà e non già il pretesto per dietrologie pericolose e recriminazioni inutili.
L’umanità va avanti, sempre, ma il come spetta a noi: il che significa confondere in un unicum il concetto di “altro” e di “loro” creando le fondamenta di una “convivenza pacifica senza rinunciare, ciascuno, alle proprie plurime e mutevoli identità” (ringrazio per quest’illuminazione Gabriele Segre, direttore della Fondazione Vittorio Dan Segre che in una lunga conversazione di una sera della Vigilia di anni fa mi ha chiarito così semplicemente il significato del “noi”). Stigmatizzare il “Far finta di niente” di alcuni (fossero anche molti, non importa) senza offrire stimoli concreti (sostenibili e possibili) non aiuta a smettere di essere indifferenti e ipocriti né, tanto meno, fa immaginare possibile un nuovo Rinascimento.
Alessandra Spagnol