A un giorno dalle elezioni americane, la sezione “In Primo Piano”, che si può definire “l’apertura” della nostra testata, non poteva non essere dedicata a questo evento. L’autore dell’intervento, Antonio Valla (il nostro inviato dagli Stati Uniti), non prende posizione tra Kamala Harris e Donald Trump, ma preferisce sottolineare come, per la prima volta da decenni, i due candidati rappresentino due mondi inconciliabili. Non solo a livello di visione politica, ma anche e soprattutto dal punto di vista esistenziale.
Valla appare preoccupato per la lacerazione che questa sfida porta al sistema americano. Personalmente comprendo i timori del nostro inviato, e mi auguro che questa contrapposizione non porti a violenze. Però vedo anche un aspetto positivo: finalmente due candidati non interscambiabili. In Europa, come in America (dopo Ronald Reagan e prima dell’arrivo di Trump), che governasse Tizio o Caio, poco cambiava. I Bush e Clinton, avevano sostanzialmente una visione simile, tanto che nel 2016 i primi, pur essendo repubblicani, appoggiarono Hillary.
E ho il forte sospetto che anche da noi Elly Schlein (politiche gender a parte) non governerebbe in modo molto diverso da come sta facendo Giorgia Meloni, che a sua volta poco si differenzia da Mario Draghi. Il trasformismo, le grandi coalizioni, non mi hanno mai entusiasmato. Rischiano di portare al pensiero unico. Non è un caso se in Europa l’affluenza alle urne è in caduta libera: molti elettori pensano che i partiti sono tutti eguali e quindi considerano inutile il loro voto. Il che fa solo male alla democrazia.
Milo Goj
Siamo a meno di 48 ore dalla chiusura dei seggi elettorali negli Stati Uniti, e oltre 75 milioni di cittadini hanno gia’ votato per posta. I candidati sono separati da uno o due punti percentuali negli stati chiave, secondo i sondaggi. L’interesse in queste elezioni e’ altissimo, e le contrapposizioni sono forti. Superano, a mio avviso, di gran lunga quelle del 2020.
I due candidati li conosciamo. Kamala Harris, vicepresidente e colpo di scena dell’estate, contro Donald Trump, ex presidente alla ricerca di un secondo mandato dopo la sconfitta del 2020. Harris, solo la seconda donna (e la prima di colore) ad arrivare alla sfida delle presidenziali, contro un maschio bianco, anziano ma dinamico e brillante comunicatore.
Un ex procuratore distrettuale contro un pregiudicato e pluri accusato. L’ala sinistra del partito democratico contro l’espressione di un nuovo partito repubblicano. Una filosofia politica contro il culto della personalita’.
Chiudo gli occhi, li riapro, e rileggo quanto appena scritto. Pensiero contro persona – sara’ questa la nuova America? In 41 anni di vita, carriera ed impegno in questo Paese, non avevo mai visto una differenza, una distinzione cosi’ netta. Al di là dei risultati del 5 novembre, che probabilmente si sapranno in maniera definitiva solo il mercoledi 6, mi chiedo se questa elezione sia un templato per il futuro.
Un America al voto divisa non da sfumature di grigio, ma da colori forti, da invettive ed accuse, da ferite che si fara’ fatica a rimarginare. Se cosi’ fosse, stiamo vivendo non una sfida, non un contesto elettorale, ma un cambiamento totale e, con tutta probabilita’, una profonda crisi del sistema politico americano.
Spero che cosi’ non sia, ma, come disse Winston Churchill, la speranza non e’ una strategia. Quello che e’ chiaro e’ che questa e’ una partita mai prima giocata, ad altissimo livello, e che il risultato, sia quel che sia, ricadra’ su tutti noi. Votanti e non votanti. Americani e non. Se non fosse realta’ sarebbe un bel film.
Antonio Valla