Sollecitata da un caro amico, ho letto un bel pezzo di Rossana Rossanda pubblicato recentemente sull’Espresso. Ritengo la Rossanda una delle più grandi figure femminili della storia contemporanea del nostro Paese. Una donna e una giornalista di grandissimo spessore. Una grande pensatrice che con questo articolo ha riassunto il proprio pensiero in merito al tema della maternità vissuta in una società che, nonostante il passare degli anni e le numerose battaglie, resta maschilista.
Sono cresciuta negli anni settanta correndo sulle spalle di mamma o di papà partecipando passivamente ai cortei militanti politici di sinistra. Passavo i fine settimana con i miei genitori che, lavorando entrambi, lasciavano me e mio fratello con la nonna nei giorni feriali. La nonna era fortemente cattolica e tutte le sere mi faceva pregare e la ringrazio ancora oggi per quello che mi ha donato con il suo insegnamento e la sua passione religiosa. La mamma mi cantava “sebben che siamo donne, paura non abbiamo…” e ringrazio anche lei per la mia forza che nasce dal suo esempio.
Qualcuno penserà che sarei un perfetto prototipo di catto-comunista, se ancora esistessero i comunisti. Io semplicemente credo di aver respirato due ambienti molto sani che mi hanno permesso di formarmi come donna consapevole e determinata.
Rossanda si esprime sui temi della libertà e della filiazione. Condivido molto del suo pensiero e vi invito ad andare a leggere il suo decalogo (Espresso, 12 maggio 2019). Io proverò con molto pudore, rispetto alla sua grandezza, a condividerlo e a rielaborarlo in alcuni punti.
1) Ognuno deve essere libero nella scelta della sua sessualità e può praticarla, purché il suo partner sia assolutamente consenziente. Non si deve limitare la libertà dell’altro per soddisfare la propria. Si deve essere rispettosi dell’altro, degli altri. Ci si deve rapportare con persone capaci di scegliere.
2) Ogni violazione della libertà altrui (vedi punto 1) va punita come reato grave: condivido pienamente.
3) La scelta della filiazione deve essere libera con precise garanzie per la creatura messa al mondo. Anche io penso che non possa esistere il diritto ad avere un figlio proprio, anche perché i figli non sono di chi li mette al mondo o li cresce, ma sono del mondo o del Creatore, per chi crede. Desiderare l’esperienza della gravidanza è certamente un diritto, ma credo anche che ci siano al mondo troppe creature in attesa di adozione che avrebbero il diritto ancor più grande di aspirare ad una famiglia. Il desiderio di maternità o paternità fa riferimento ad un valore decisamente più alto rispetto al volere un figlio “proprio” a tutti i costi.
4) Fermo restando che alla donna e alla donna soltanto spetta e per sempre dovrà spettare il diritto di scegliere se proseguire o meno la gravidanza, essendo suo il corpo attraverso il quale si compie il processo di procreazione, spesso mi interrogo se e quanto sia ingiusto tagliare fuori il padre dalla discussione, come talvolta accade.
5) Decidere se continuare o interrompere la gravidanza può essere estremamente complicato e doloroso. L’obiezione di coscienza non aiuta certo le donne a fare scelte serene o coraggiose. Spesso è proprio l’obiezione di coscienza, che colpevolizza la donna che pensa all’aborto, a far precipitare le cose lasciando la donna in balia della sua solitudine e incapace di pensare a soluzioni altre. Dovremmo ripensare la legge, migliorarla e prevedere dei consultori con supporti psicologici importanti.
6) Anni fa mi sono trovata a dover decidere se portare avanti una gravidanza o meno. Io e il papà di mio figlio non abbiamo avuto dubbi sul da farsi e oggi Riccardo ha quasi diciotto anni e porta luce e gioia nelle nostre vite. Rivendico comunque con forza il sacrosanto diritto per ogni donna di poter decidere su un capitolo di vita così importante e determinante. Rivendico inoltre il diritto a non essere giudicate.
7) Credo fermamente che ogni medico debba supportare ogni donna che decide di interrompere la gravidanza. In Italia, 7 ginecologi che operano negli ospedali su 10 sono obiettori. La percentuale di obiezione supera l’80% in ben sette regioni, arrivando al 96,9% in Basilicata. Come può una donna vedere confermato il proprio diritto all’aborto, senza dover ricorrere a strutture private, in un Paese dove questo diritto non è effettivamente sempre garantito?
8) Il Parlamento dell’Alabama il 15 maggio scorso ha approvato una legge che vieta l’aborto, addirittura anche in caso di incesto o di stupro e i medici che praticheranno l’aborto saranno punibili fino a novantanove anni di reclusione. L’Organizzazione nazionale per le donne ha definito il divieto “incostituzionale”. Io aggiungo che è inaccettabile. E’ qualcosa di terribilmente medievale e oscuro.
9) Per quanto riguarda la surrogazione di maternità, spesso impropriamente denominata “utero in affitto”, impedirla significa limitare la libertà di scelta per donne e uomini, per coppie eterosessuali e per coppie omosessuali. Se nel nostro paese anche le coppie omosessuali potessero adottare, forse alcune di loro non ricorrerebbero alla surrogata mettendo un freno anche al pericolo di mercificazione dei corpi.
10) Famiglia non è solo quella riconosciuta da qualsiasi religione che impone limitazioni alle legittime libertà individuali. Lo Stato deve considerare famiglia, e quindi tutelare e supportare, qualsiasi coppia che si proponga di crescere uno o più bambini. D’altronde benessere e felicità dei bambini, gli stessi bambini che un giorno saranno cittadini adulti in grado di contribuire al meglio al PIL del paese, non dipendono certamente dal sesso dei genitori, ma dalla bontà del loro rapportarsi con i propri figli, dal loro grado di istruzione, dall’amore che ne scaturisce.
Maurizia Rebola