Si sente aria di primavera.

Le siepi di forsizie sono fiorite come anche gli alberi dei boschi e, qua e là, si vede il roseggiare dei peschi.

Cascina Badin, Castagneto Po, siamo con Martino Patti nella sua Azienda agricola.

Siamo in collina.

Adesso nella collina però ci entriamo.

Una prima porta.

Una seconda porticina.

Abbassare la testa.

Fresco.

Buio.

Accendiamo una torcia: ecco le scaffalature con le tome di capra in stagionatura.

Uno spettacolo.

Sorridiamo: “ecco la libreria di Martino!”.

È una battuta, ma Martino di libri se ne intente, e molto anche.

Alle spalle ha un dottorato in Storia alla Normale di Pisa e diverse borse di studio in giro per l’Europa.

Si sente anche aria di religione, oltre che di primavera e di formaggio di capra, in questo luogo.

Sarà per quel dizionario delle religioni a fianco del biglietto di Cascina Badin, lasciato (sarà un caso?) proprio all’ingresso.

Sarà per il fare conventuale, sarà per quelle mani che si ritrovano spesso giunte senza volere, quando Martino si racconta.

Sarà per il tono di voce, da confessione.

Una confessione sull’asprezza della vita di cascina e di commercio: un prezioso momento di umanità che ci viene regalato.

Martino in fondo all’animo è un po’ fra’ Martino, e oggi è una sorta di monaco laico che ha conservato disciplina, rigore del suo passato da seminarista.

Laico, anzi, laicissimo con una moglie e una figlia anche loro in qualche modo protagoniste del tutto.

Anche i suoceri collaborano.

Ci racconta la difficoltà per trovare un dipendente fisso, fatto venire dall’Albania dopo tante peripezie.

Oggi la religione di Martino è solo casearia e il sacro graal è la capra camosciata.

Tornati all’esterno, Martino ci accompagna a vedere i becchi (cioè i caproni da riproduzione): uno di razza camosciata è maestoso, uno di razza francese è infortunato e poi ci sono quelli di razza Roccaverano, neri.

A fianco c’è un gigantesco maiale nero: è un po’ malinconico perché recentemente le sue due scrofe di tre anni sono state avviate al macello.

Martino dice che i salami che ne sono usciti sono “un’opera d’arte”.

Tre maialini si inseguono in un recinto e sulla collina c’è un gregge di capre e capretti, circa un centinaio di capi.

I capretti da latte avranno il loro esito in vista di Pasqua.

Questa è la vita reale di un’azienda agricola, vita e morte.

Sole, fiori, letame e sangue.

Martino produce latticini con capre che sono vere capre, latte che è vero latte, il tempo che lavora con la manualità e il mestiere dell’uomo.

Ma è una vita durissima: qui le capre non sono “ad pompam”.

Qui si produce solo quello che può essere prodotto con il latte delle capre nel loro ciclo naturale.

Martino ci spiega quanta mistificazione, quante capre non capre, quanto latte non latte, vengano utilizzati per produrre formaggi secondo le regole del mercato del consumo.

Qui è tutta un’altra storia.

Ma le leggi del mercato e del consumo sono implacabili.

Fieno ed energia elettrica hanno triplicato i prezzi.

Già la produzione con i rigorosi criteri di Martino era destinata ad una nicchia specifica di ristoratori e consumatori.

E che ristoratori!

Da Crippa di Piazza Duomo ad Alba con le sue magnifiche tre stelle, a Baronetto del Cambio a Torino, con una stella che gli sta anche stretta.

Una nicchia esigente ed attenta anche al carattere etico della filiera.

Ora c’è il dilemma che riguarda tante piccole realtà di aziende agricole che lavorano con meticolosità.

Salvaguardano la manutenzione e la conservazione di territori, colline e terre alte altrimenti lasciate all’abbandono.

Eppure c’è una speranza oltre l’insostenibile pesantezza della sostenibilità.

C’è una speranza e ci viene proprio da Martino, ritornato per un momento gesuita: “Qual è più il motto dei gesuiti?”

“Ad maiorem Dei gloria” risponde…

Poi ci riflette un po’ su e aggiunge… “Ma in questo caso forse meglio: per aspera ad astra” (attraverso le asperità si giunge alle stelle)

Eh già, dalle stalle Badin alle stelle Michelin! Forza Martino!

P.S.: ricordiamo che Martino Patti è anche uno dei protagonisti del docu-film “Le mani in pasta” di Marino Bronzino (2021)

Claudio Zucchellini

Avvocato, Consigliere della Camera Civile di Monza, attivo in iniziative formative per Avvocati, Università, Scuole e Società Civile.

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