Nel 1985 si determinò l’allargamento della Cee alla Spagna ed al Portogallo, Stati importanti e giovani democrazie, passati attraverso anni di totalitarismo fascista. Di conseguenza, a partire dal 1° gennaio 1986, gli stati membri della Cee sarebbero diventati dodici.
La Cee si allarga a Spagna e Portogallo
Come valuta tale avvenimento e qual’è la sua opinione sull’Europa attuale, rispetto a quella di allora?
L’ingresso di questi due importanti Paesi, a distanza di oltre 30 anni, non può che essere salutato con favore. Proprio alla luce di quanto avvenuto in seguito.
Infatti, sia la Spagna sia il Portogallo sono stati capaci di grandi riforme sociali e di un notevole sviluppo economico. I governi democratici li hanno via via condotti nell’ambito dell’Europa, spezzando l’isolamento nel quale erano stati confinati per decenni dai dittatori Salazar, per il Portogallo, e Franco, per la Spagna.
Un ingresso non facile nella Cee
In realtà all’epoca il loro ingresso non fu affatto facile. Soprattutto a causa dell’opposizione della Grecia che temeva per la propria economia ed in particolare per l’agricoltura.
Anche l’Italia e la Francia temevano contraccolpi alle loro politiche agricole. Va dato atto ai governanti di allora di aver valutato piuttosto i vantaggi complessivi derivanti dall’allargamento che le negatività in alcuni settori, pur importanti. Settori quali gli ortaggi, la frutta, il vino e l’olio.
Fu proprio l’Italia, nel corso di una lunga e laboriosa trattativa diplomatica durata ben sette anni (la richiesta dei due Paesi risaliva al 1977), a comprendere per prima che il rafforzamento dell’Europa del Sud sarebbe stato vantaggioso per tutti i Paesi ed a proporre il meccanismo compensativo che fece concludere la trattativa.
I fondi per superare i veti e aiutare le economie del Sud Europa
Nell’ambito dei “Programmi Integrati Mediterranei” (P.I.M.) si destinarono fondi cospicui per compensare, per alcuni anni, gli effetti negativi che avrebbero subito i Paesi mediterranei, soprattutto la Grecia, ma anche l’Italia e la Francia del sud.
Questi fondi servirono, appunto, a superare i veti della Grecia. Va detto per onestà intellettuale, che all’epoca la Germania sopportò i maggiori sacrifici. Non l’Inghilterra che, anche in quell’occasione, si distinse per rimarcare la propria estraneità al progetto europeo sempre mal sopportato, sino alla sua recente uscita dall’Unione.
In particolare con la decisione dell’epoca si attuarono misure transitorie per lo smantellamento dei dazi doganali, relative all’agricoltura, la pesca, la circolazione dei lavoratori all’interno della Cee, per l’introduzione dell’IVA (che all’epoca non esisteva nei due Paesi), ecc.
Come ben ricordava L’INCONTRO del marzo 1985, “in conclusione l’adesione di Spagna e Portogallo ha soprattutto un valore politico perchè consolida per estensione geografica ed economica la CEE, la quale sebbene in crisi, è pur sempre uno strumento insostituibile per i Paesi del vecchio continente, un’alleanza democratica in vista di futuri sviluppi verso l’unità europea (l’Europa dei cittadini)“.
Dalla Cee all’Unione Europea di oggi
Se si confrontano le cartine dell’epoca, dopo l’allargamento a Spagna e Portogallo, con quelle attuali, non si può non notare come, negli anni successivi, sia avvenuto un decisivo allargamento dell’Unione Europea ad est, con l’integrazione di numerosi Paesi di quell’area: cioè Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia ed altri; così come a Paesi del nord Europa, Danimarca, Finlandia e Svezia. Purtroppo di recente abbiamo dovuto subire il primo grande rifiuto dell’Unione Europea, a causa dell’uscita dell’Inghilterra. Quali sono le sue valutazioni?
Ritengo che il coinvolgimento dei Paesi dell’Est Europa , sia stato un rilevante fattore di sviluppo e di pacificazione per quei Paesi. Un cambiamento dopo che erano stati soggetti alla “cortina di ferro” dettata, per decenni, dall’Urss. Anche se in alcuni casi ha provocato conseguenze negative agli altri.
Non si è più trattato di coinvolgerli in una delle economie più rilevanti del mondo, ma di stabilire anche regole di sviluppo della democrazia.
Basti pensare ai tanti giovani che ora possono studiare nei Paesi dell’Unione, diversi dal proprio. Mentre un tempo a essi non era neppure permesso di uscire dal loro Paese come ho potuto verificare personalmente nei miei viaggi negli anni 60/70.
Differenze e vantaggi dell’allargamento
Certamente permangono grandi differenze sociali, culturali, economiche tra i 27 Stati dell’Unione e l’uscita del’Inghilterra non è stato certamente un elemento favorevole.
L’ingresso di Paesi di grandi tradizioni democratiche come quelli del nord Europa è da considerare in modo assolutamente positivo, anche perchè le loro avanzate politiche sociali (penso soprattutto al “welfare”) sono di stimolo al miglioramento anche per gli altri Paesi, Italia compresa.
Grazie al Mercato Unico le persone, le merci, i servizi, i capitali possono circolare nei 27 Paesi dell’U.E. quasi con la stessa facilità con cui si muovono all’interno di un singolo Stato.
Inoltre oltre ai Paesi dell’Unione, vi sono altri Paesi terzi (Islanda, Norvegia, Liechtenstein, e Svizzera) che fanno parte dello spazio Schengen, per cui non è necessario esibire il passaporto alla frontiera tra di essi.
L’Italia nel 1985: da Pertini a Cossiga
Ora, uno sguardo, in breve, al nostro Paese, che proprio nel 1985 ha visto l’avvicendarsi di due Presidenti della Repubblica diversissimi per storia personale e per temperamento. Mi riferisco al socialista Pertini, che lasciò il Quirinale al termine di sette anni di grandi rivolgimenti interni ed internazionali, ed al democristiano Cossiga che gli subentrò. Pertini aveva alle spalle una vita da intransigente oppositore del fascismo, nonostante il carcere e l’esilio, ed era profondamente laico. Viceversa Cossiga, che fu il più giovane Presidente della Repubblica, era ostantatamente cattolico. Qual è il Suo pensiero?
Su Pertini non mi resta che riferire le parole con le quali L’INCONTRO del giugno 1985 gli rese omaggio:
“Nel settennato di Presidenza egli ha suscitato grande simpatia, fiducia e stima per la Repubblica, legando ad essa i sentimenti e le speranze dell’intera nazione. Il calore, l’affetto, la sincerità passionale di Pertini, la sua probità, il suo stile, la sua stessa forte personalità di socialista, di antifascista perseguitato, di partigiano, lo hanno reso popolarissimo, dopo lo squallido esempio di Leone, proprio per un rapporto diretto ed umanissimo con la gente e con i giovani in visita al Quirinale”.
Il giudizio su Cossiga
Per Cossiga il giudizio è più complesso ed articolato.
Entrò giovanissimo in Parlamento ed ebbe a ricoprire incarchi di massima importanza sia all’interno della Democrazia Cristiana, sia nel governo del Paese (basti ricordare che era il Ministro dell’Interno all’epoca del sequestro e dell’uccisione, da parte delle Brigate Rosse, dell’On. Moro), non può non essere ricordato come un Presidente bizzoso, scostante, con atteggimenti che lasciavano perplessi i cittadini.
L’adesione a Gladio
Al di là dei suoi comportamenti personali, ciò che lascia increduli fu la sua ammissione di essere uno degli aderenti alla Gladio, l’organizzazione clandestina politico-militare che, nel dopoguerra, venne fondata dall’on. Taviani, con lo scopo di mantenere il nostro Paese nell’ambito dell’alleanza atlantica, sottrendolo, anche con l’eventuale ausilio delle armi, agli influssi dei comunisti stranieri (leggi l’URSS) e di casa nostra.
L’esistenza di tale organizzazione segreta fù rivelata solo nel 1990 dal Presidente del Consiglio dell’epoca, l’on. Andreotti, e Cossiga ammise non solo di averne fatto parte, ma addirittura di aver contribuito alla definizione dei compiti e della struttura organizzativa.
In definitiva, mentre il ricordo di Pertini resta nel cuore di tutti gli italiani, quello di Cossiga sicuramente rimane estraneo e contestato.
Alessandro Re