L’Incontro del gennaio 1998 titolava nell’articolo di fondo: “La Costituzione ha 50 anni”. Con il seguente commento. “Il 50° anniversario della Costituzione Italiana è passato quasi sotto silenzio da parte della classe politica e degli organi di informazione. Al contrario il nostro giornale intende celebrare i 50 anni della Costituzione che ha ripristinato – nella fedeltà della Resistenza – la democrazia nel nostro Paese”. Ce ne vuole parlare?
Ci pareva una ricorrenza significativa e perciò L’Incontro, nel numero sopracitato, ricordava che “attraverso la Costituzione i progressisti volevano la nascita di un nuovo Stato e di una nuova società in antitesi non solo con il fascismo e la monarchia, ma anche con la tradizione liberale accusata di non aver preservato il Paese dalla dittatura di Mussolini.
Il dovere di celebrare la nostra Costituzione
Fra i membri della Costituente c’erano gli esponenti della vecchia società prefascista (Orlando, Croce, Nitti, ecc.) che intendevano ripristinare lo Stato liberale rispetto alle tesi innovatrici di comunisti, socialisti, azionisti, cattolici e repubblicani. Alla fine fu raggiunto un compromesso mediante la conferma dell’unità politica e morale dell’Italia (contro le istanze federaliste) e la configurazione di uno Stato sociale (e non più liberal – democratico) con un insieme di importanti innovazioni (lavoro, istruzione, sanità, previdenza, assistenza, giustizia, famiglia, autonomia, ecc.).
Si verificò, con l’art. 7, un cedimento dello Stato alla Chiesa, del quale fu responsabile Togliatti, mediante l’inserimento dei Patti lateranensi nella Costituzione, lesivo della laicità dello Stato e dei diritti delle minoranze religiose. A parte ciò, la Costituzione ha codificato alcuni principii fondamentali: i diritti umani, la libertà personale, la libertà di domicilio, la libertà di comunicazione, la garanzia di difesa giudiziaria, ecc. per cui può ben affermarsi che la nostra Carta, anche se non ha avuto una completa attuazione, risulta fondata nella sua prima parte, su un elevato livello di civiltà”.
Principi diventati parte integrante della coscienza nazionale
L’articolo così concludeva. “Nel corso di questi 50 anni i principii sanciti nella prima parte della Costituzione sono diventati parte integrante della coscienza dei cittadini. Il senso della democrazia, il rispetto della libertà, la solidarietà nazionale sono valori divenuti permanenti ed effettivi”.
Passando dalla Costituzione italiana all’Europa, negli anni 1998/1999 erano avvenuti fatti di una rilevanza assoluta per il nostro Paese. Mi riferisco all’ingresso dell’Italia nell’Euro ed alla successiva introduzione nel nostro Paese, con altri 10 Stati europei, di tale moneta unica, così come alla nascita della Banca Centrale Europea. Che cosa avvenne?
L’adesione all’Euro non fu semplice
Come al solito, nei momenti decisivi il nostro Paese fu in grado di operare in maniera costruttiva. Sotto la guida del Presidente del Consiglio dell’epoca Romano Prodi, al fine di convincere la Commissione Europea di Bruxelles che l’Italia soddisfaceva “le condizioni necessarie per l’adozione di una moneta unica”. L’Incontro dell’aprile 1998 dava atto dei notevoli sforzi effettuati dal nostro Paese per il controllo dell’inflazione, dei tassi di interesse e della spesa pubblica, al punto che lo stesso Ministro delle Finanze della Germania, Theo Waigel, ebbe a riconoscere che “negli ultimi quattro anni l’Italia ha realizzato molto più di quanto noi tutti ci aspettassimo”.
Il percorso per rientrare nei parametri di Maastricht
L’articolo proseguiva ricordando che “in sostanza, dei quattro canoni fissati da Maastricht (inflazione, tassi d’interesse a lungo termine, deficit di bilancio e indebitamento pubblico) l’Italia ha soddisfatto i primi tre; l’ultimo – il più difficile – rappresenta un’ipoteca sulla credibilità politica del nostro Paese”. L’Incontro poi concludeva il proprio articolo con queste esattissime considerazioni. “Comunque, gli 11 Paesi della Comunità vanno in Europa non perché l’Europa risulti costituita con l’unità monetaria (che pure farà nascere un gigante economico di 290 milioni di persone pari per dimensione agli USA, diventando l’EURO pari al dollaro e allo yen), ma perché sentono l’esigenza di costruire l’Europa Unita anche culturalmente, socialmente, civicamente, oltre che monetariamente. Insomma, parafrasando il celebre monito di Massimo D’Azeglio, se l’Euro è fatto, ora bisogna fare gli Europei”.
Una banca per l’Europa e per le contrattazioni mondiali
Di fatto come è poi avvenuta l’introduzione dell’Euro e la nascita della Banca Centrale Europea?
La riunione decisiva dei Capi di Stato e di Governo avvenne a Bruxelles il 2 e 3 maggio 1998, ma in realtà il “via libera” all’Euro ed alla B.C.E. era stato dato poco tempo prima dal Parlamento Europeo “che aveva approvato – (467 voti favorevoli, 65 contrari e 24 astenuti), cioè con la sola opposizione dei comunisti francesi, di un gruppo di Verdi e di “euroscettici” del Nord Europa e dei Partiti dell’estrema destra (tra cui il Fronte Nazionale di Le Pen) e l’astensione di Rifondazione Comunista – la raccomandazione ai Capi di Stato e di Governo affinchè dal 1 gennaio 1999 la moneta europea comprendesse 11 membri. La lista dei Paesi qualificati in base ad un rapporto sulla loro situazione economica e giuridica riunisce Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Austria, Portogallo e Finlandia“.
A distanza di tanti anni da allora qual è il suo giudizio sull’Euro e sull’Europa che ne è risultata?
Ora l’Unione Europea, specie dopo l’allargamento ai Paesi dell’Est, conta ben 27 Paesi aderenti, con 450 milioni circa di abitanti e le persone, le merci, i servizi ed i capitali possono circolare liberamente al suo interno senza praticamente controlli, mentre l’Euro è utilizzabile in 19 di questi Paesi ed altri se ne aggiungeranno.
Si è in presenza, in sostanza, di un gigante economico, ma la sua forza politica non è pari a quella economica.
All’Europa manca ancora qualcosa
Sono assolutamente condivisibili le parole di Ezio Mauro che, traendo spunto dalla guerra tra Russia ed Ucraina, ha di recente affermato. “L’Europa che dovrebbe testimoniare la democrazia del diritto e dei diritti, stampata nei precetti delle sue costituzioni, non riesce a tradurre quei principi in sovranità unitaria, in governo reale, in politica corrente, disperdendoli nei rivoli degli Stati nazionali, ognuno colpevolmente convinto di poterli conservare per sé, isolatamente”. (La Repubblica 4/6/2022 – “Speciale 100 giorni”).