Da europeista convinto, mi assale in questi giorni un dubbio preoccupante. Una domanda, alla quale vorrei ricevere risposte adeguate e tranquillizzanti.
Fortunatamente, grazie alla tragedia economica-sanitaria del Coronavirus, Bruxelles ha alzato “gli occhi”. Ha allungato la vista. Ha momentaneamente abbandonato la miopia burocratica e ha dato un segnale forte di solidarietà sull’esempio di Hamilton.
Il dubbio però rimane: non è che la leadership europea abbia con la mossa del “Next Generation Plan UE”, eliminato dall’ordine del giorno delle sue priorità l’annosa criticità che, saltuariamente, riemerge da molte capitali dei paesi membri?
Lo sviluppo veloce e apparentemente inarrestabile di una macchina burocratica mostruosa e costosissima dai numeri impressionanti?
Ascoltate con attenzione alcuni esempi di questa “piovra” organizzativa e alcuni segnali di un trend che appare quasi fuori controllo.
Mi riferisco innanzitutto alle dimensioni del suo quartier generale a Palazzo Berlaymont, dove ha sede la Commissione Europea.
Stiamo parlando di ormai 250 mila circa metri quadri che stanno per togliere il primato in Europa alla Reggia di Ceaucescu, a Bucarest.
In secondo luogo dobbiamo prendere atto che il numero dei dipendenti dichiarati sfiora ormai le 32.000 unità!
Dobbiamo poi registrare i milioni di euro spesi ogni anno per Euro-Parltv: una rete televisiva su internet che dovrebbe trasmettere informazioni, provvedimenti normativi e quant’altro sulla produzione quotidiana dei vari enti facenti parte dell’Unione Europea.
Quale sia l’audience reale di questo canale televisivo apparentemente utile. nella sostanza sconosciuto, non è dato sapere.
Poi, dobbiamo ricordarci di Eurobarometro che, due volte all’anno, pubblica dei sondaggi sul “vissuto” dei cittadini europei rispetto all’istituzione europea.
Alcuni commentatori hanno voluto sottolineare la surreale lista di domande che fanno parte del questionario semestrale: se i cittadini preferiscono il benessere alla povertà; se un contratto di lavoro stabile sia meglio di uno precario; se, sempre preferiscano, l’energia pulita a quella inquinata; se temano la possibilità di un cambiamento climatico catastrofico o meno.
Insomma, il dubbio di questi commentatori è che le domande siano formulate proprio nell’ottica di ottenere risposte pilotate e positive rispetto all’andamento dei lavori dell’istituzione europea.
Continuando nell’elenco, ci potremmo occupare dei vari interventi in materia di politica agricola e regionale, con l’istituzione di vari tipi di incentivi, come, ad esempio, “alla semina di girasoli per produrre olio, fuori da qualsiasi convenienza economica”.
Non parliamo poi dei criteri di valutazione del personale in carico all’Unione: le assunzioni avvengono in base ad un calcolo aritmetico in proporzione alle appartenenze nazionali, secondo un manuale ben preciso e dettagliato come il famoso manuale Cencelli, di democristiana memoria.
Uno dei segnali più preoccupanti che arrivano da Palazzo Berlaymont è relativo ad un trend di aumento rilevante del bilancio autonomo della UE, mirato a rinforzare le risorse finanziarie ed umane dell’istituzione.
Una delle ipotesi in discussione, collegata ai finanziamenti del Next Generation Plan, è proprio quella di un raddoppio del budget annuale con il nostro paese impegnato, di conseguenza, ad una quota di competenza pari a 56 miliardi di euro.
Una dimensione, quella che emerge da questi pochi dati che conosciamo, che non può essere giustificata soltanto dai “Bisogni” di una Unione Europea sempre più grande e bisognosa di risorse economiche e professionali.
Il dubbio di cui parlavo all’inizio risiede proprio nella problematica relativa al giusto equilibrio tra una necessaria struttura organizzativa e un eccesso di autoreferenzialità giustificato soltanto dalla voracità della casta dei funzionari in carica o in attesa di un incarico a Bruxelles.
Prima che questa problematica esploda di nuovo e diventi una delle priorità dei movimenti populisti anti europei, non sarebbe opportuna una autoanalisi della Commissione Europea per capire in anticipo la reale portata di questa situazione con l’adozione poi di interventi mirati a salvaguardare l’efficienza decisionale degli uffici senza sovraccaricare la struttura amministrativa?
Ci sono segnali forti che indicano l’approssimarsi di battaglie contro il “mostro obeso e vorace che si aggira per l’Europa”: la presidente Ursula von der Leyen non si faccia trovare impreparata, non si faccia aggredire dalle contestazioni più o meno strumentali dei populisti. Prepari un progetto di rivisitazione della governance amministrativa finalizzato ad evitare sovradimensionamenti facilmente contestabili.
Nel libro di qualche anno fa “Il mostro buono di Bruxelles” (Einaudi), il politologo socialista-liberale Hans Magnus Enzensberger tracciava un quadro preoccupante della situazione invocando interventi immediati sulle “assurdità mostruose anche se buone” dell’Unione Europea.
Sarebbe utile, a mio avviso, che la presidente von der Leyen ridesse una lettura a quel testo, pieno zeppo di utili riflessioni e suggerimenti.
Riccardo Rossotto