Il Parlamento europeo è una nobile e significativa istituzione… che i nostri leader nazionali fanno di tutto per svuotare di significato operativo e di legittimità. Lo dimostra il fatto che i leader dei partiti si collocano come capi lista con il dichiarato intento di rinunciare al seggio. Ritengono molto più importante dedicarsi alla politica nazionale. E va bene, ma perché ingannare gli elettori? Abbiamo imparato che la politica non è fatta dalle idee, ma da personaggi che vengono scelti come in un casting per un programma di intrattenimento anziché per le idee che animano i loro partiti e loro stessi

Ci troveremo a votare “Giorgia”, il “generale”, (già affidarsi a un soprannome è svilente) altri che poi si dimetteranno per fare posto a chi avrà preso meno preferenze e il più delle volte l’eletto sarà un emerito sconosciuto. Il Parlamento europeo è sempre stato considerato dai partiti come un cimitero di elefanti: un posto per collocare vecchi politici di cui sbarazzarsi o giovani a fare esperienza. Non certo un luogo dove fare politica. Gli assenteismi di Salvini e Brunetta – ex deputati europei – sono stati da record e non sono giustificati dal fatto che nel frattempo facevano politica in Italia cercando di tornare a Roma. Non lamentiamoci poi se votano sempre meno elettori.

Sembrerebbe fare eccezione il PD che candida un personaggio scomodo al partito stesso, l’ex direttore dell’Avvenire Tarquinio, contrario all’invio delle armi a Gaza e in Ucraina. Ma lo “nasconde” al quarto posto in lista. Un’altra presa in giro.

I venti di guerra stornano l’attenzione dal dibattito sulla struttura dell’Unione Europea, oggi quanto mai necessario. L’integrazione ha compiuto sempre più rapidi progressi nell’ultimo decennio come noi europeisti convinti abbiamo sempre auspicatoMa non si è progredito nella direzione giustaProprio per questo sarebbe opportuna una riflessione sulla riforma delle istituzioni a cominciare dal modo di votare e di rappresentare cittadini e territori. Il Parlamento europeo sembra un salotto dove tenere amene conversazioni senza ricadute pratiche. È di questi giorni il voto contrario di alcune forze di governo a Bruxelles al patto di stabilità, smentito nel silenzio quasi generale dai loro leader a Roma.

Le guerre e l’incapacità di gestire la diplomazia potrebbero essere il risultatodella crisi di legittimità delle istituzioni europeedegli Stati e delle Regioni di cui ci si è dimenticati, ma che rappresentavano una parte essenziale dell’idea di Europa. L’Europa unita è nata con un’ideale di pace: nel momento in cui pensa a portare guerre o risolvere i problemi con le guerre l’Unione Europea perde la ragion d’essere e si riduce a una Zollverein, un’unione doganale. 

Il voto e l’opinione di circa 400 milioni (!) di europei chiamati alle urne non servirà a molto. Di conseguenza voterà solo circa la metà degli aventi diritto. Purtroppo. Proprio perché crediamo nella democrazia, dobbiamo renderci conto che le elezioni hanno smesso di essere la via maestra per dare voce ai cittadini. Il sistema proporzionale e la vastità dei collegi riducono ancora di più il rapporto tra eletto ed elettore. Si tratta di un tema di geopolitica amministrativa trascurato. La vastità dei collegi presume campagne elettorali costose e un voto sostanzialmente ideologico espresso secondo le generiche informazioni tratte dai media.

Il fatto che i leader dei partiti e dei governi nazionali si pongano come capilista dimostra quanto poco conti il rapporto tra cittadino ed eletto. Per non parlare della difficile comprensione per i cittadini della compresenza e (talora) competizione di Parlamento (che esprime la Commissione) e Consiglio Europeo (formato dai governi dei singoli Paesi). Nel corso degli anni il ruolo della Commissione è cresciuto progredendo verso la trasformazione dell’Europa in una federazione. Questo progresso a prima vista sembrerebbe positivo per la formazione di uno Stato europeo. Lo sarebbe se le leggi elettorali e la presenza di corpi intermedi per la selezione dei rappresentanti fossero adeguati. Invece, la distanza tra eletti al Parlamento europeo ed elettori indebolisce la possibilità di questi ultimi di incidere sulle scelte

Possiamo davvero credere che enormi e potentissime organizzazioni finanziarie che controllano buona parte dell’informazione come Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet ecc. possano subire le scelte di governi e rappresentanti legittimi, ma sempre più deboli? O, peggio, loro diretta espressione? In questo quadro, possiamo ancora credere che il voto popolare su territori vastissimi sia lo strumento principe della democrazia? Nel contesto storico, politico e tecnologico contemporaneo, non svolge più il ruolo cruciale di un tempo, quando era diventato una moderna conquista civile

Un’Europa davvero federale è ben diversa da un enorme e burocratico Stato unitarioLa France se nomme diversité” scriveva lo storico e geografo Fernand Braudel e si potrebbe dire che tutta l’Europa dimostra la propria peculiarità e grandezza nella sua multiformità. Uno Stato Europeo centralizzato non avrebbe senso, soprattutto se basato sul militarismo. Se non vi saranno radicali cambiamenti nel processo e nelle istituzioni democratiche, si moltiplicheranno le già frequenti sommosse e sarà difficile fermare la deriva militarista. 

Queste considerazioni aiuteranno a compiere la scelta di chi votare, sperando che ci sia un’offerta politica. Ma non basta a chetare la coscienza democratica. Agli studiosi spetta il compito storico di aprire a nuove riflessioni, a restare liberi e dedicarsi a studiare i nuovi modelli di convivenza possibili. Che non sono più quelli di ieri.
Corrado Poli

Corrado Poli

Corrado Poli, docente di geografia politica e urbana, editorialista e saggista

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