Corrado Poli, geografo, saggista e docente universitario, è una delle voci più innovative nel campo della politica urbana e della pianificazione territoriale. Con la sua vasta esperienza accademica e una mente visionaria, Poli ha saputo tracciare un nuovo percorso per il futuro delle città, immaginando comunità autosufficienti e profondamente ecologiche connesse al territorio e alla natura.

La sua ultima opera, Utopia Giudecca, incarna questa visione audace, distinguendosi per il suo approccio radicalmente innovativo. Nel corso della sua carriera, Poli ha esplorato a fondo i legami tra geografia urbana e pianificazione, ponendo al centro delle sue riflessioni il ruolo chiave delle comunità locali. In questa intervista, Poli ci offre uno sguardo illuminante sul suo percorso professionale, sulle sue collaborazioni accademiche e sulla sua visione del futuro delle città contemporanee.

Professore, la sua carriera ha inizio nel mondo accademico, con un forte interesse per la politica urbana ed ambientale. Come si è evoluto il suo percorso e in che modo si collega al progetto di Utopia Giudecca?

La mia carriera è stata sempre radicata nella geografia urbana e nella pianificazione territoriale. Ho iniziato come accademico, esplorando le questioni legate al governo del territorio, con particolare attenzione alle dinamiche urbane e ambientali. Mi sono sempre occupato di ricerca sociale come geografo e pianificatore urbano a livello accademico e professionale, con qualche esperienza politica. Nel corso degli anni, ho avuto anche il privilegio di interessarmi di geopolitica locale, ponendo l’accento sulle comunità piuttosto che sulle grandi dinamiche globali. Ǫuesto mi ha permesso di comprendere come le soluzioni ai problemi globali spesso si trovino nella gestione locale. È proprio in questo contesto che Utopia Giudecca prende forma: un’esplorazione su come una comunità possa staccarsi dalle logiche macroeconomiche globali per abbracciare un modello di autosufficienza e sostenibilità.

La sua carriera si è arricchita di importanti collaborazioni con università e istituzioni internazionali. In che modo queste esperienze hanno contribuito a plasmare il suo ultimo progetto?

Le collaborazioni sono state essenziali per la realizzazione di Utopia Giudecca. Nel libro vi sono numerosi contributi di studiosi di varie discipline, tecniche e umanistiche, che hanno portato il loro bagaglio di conoscenze, rendendo il progetto molto più completo e sfaccettato. Ho avuto la fortuna di lavorare al loro fianco e questa interdisciplinarità ha arricchito profondamente il progetto.

Il titolo del suo libro, Utopia Giudecca, richiama l’idea di un mondo ideale. Come è nata l’idea di ambientare questo esperimento utopico proprio sull’isola della Giudecca?

L’idea è nata quasi spontaneamente, ma affonda le radici nella storia e nella geografia di Venezia. La Giudecca, con il suo isolamento dal centro storico, è perfetta per immaginare una comunità autosufficiente di 5.000 abitanti. Ho immaginato la Giudecca come uno “stato libero”, capace di produrre il proprio cibo, gestire i propri rifiuti e generare energia, un po’ come Venezia ha fatto alle sue origini. È un ritorno alla visione che ha reso possibile la fondazione di questa straordinaria città.

Il libro ruota attorno all’idea di un “esperimento utopico” sull’isola. Ǫuali sono gli elementi essenziali che definiscono questa nuova società? 

I pilastri su cui si fonda Utopia Giudecca sono l’ecologia e l’autosufficienza. Immagino una comunità capace di risolvere i propri problemi a livello locale, senza dipendere dalle dinamiche globali. In questo contesto, la produzione di energia, cibo e risorse diventa autonoma, grazie a tecnologie avanzate e a un ritorno a pratiche sostenibili. L’obiettivo è vivere in armonia con l’ambiente, creando un modello che possa essere replicato in altre parti del mondo. La Giudecca diventa così un laboratorio vivente, un esempio di come una comunità può vivere in modo equilibrato e responsabile.

Lei ha suddiviso il libro in sezioni che corrispondono ai giorni della settimana. Ǫual è il significato di questa scelta narrativa?

Ǫuesta struttura mi ha permesso di organizzare le molteplici dimensioni della vita comunitaria nella Giudecca utopica in modo chiaro e sistematico. Ogni giorno rappresenta un tema specifico. Il lunedì, per esempio, è dedicato alla natura e alla produzione agricola; il martedì tratta le infrastrutture e la produzione di energia, e così via. È un modo per permettere al lettore di esplorare l’utopia in ogni suo aspetto, in modo approfondito, ma senza perdere il filo narrativo complessivo.

Nel mercoledì, ad esempio, si parla di Mercurio, dio del commercio e delle comunicazioni. Ǫual è l’approccio economico in questa società?

Il mercoledì si concentra sull’economia e sulla gestione delle risorse, ma con un approccio del tutto diverso da quello convenzionale. Non ci si basa sul profitto, ma su un equilibrio ecologico tra produzione e consumo. L’economia della Giudecca è locale e autosufficiente, con una gestione oculata delle risorse che minimizza la dipendenza dall’esterno. Non si tratta solo di beni materiali, ma anche di scambio di conoscenze e cultura, creando una società in cui lo sviluppo umano è al centro, anziché il guadagno economico.

Parliamo del giovedì, giorno dedicato a Giove, simbolo del potere. Come si integra questo concetto nella sua utopia? 

Giove rappresenta il potere, ma non in senso autoritario. In Utopia Giudecca, il potere deriva dal consenso e dalla gestione equa e trasparente delle risorse. Il giovedì è dedicato all’amministrazione della comunità, con un focus su una governance giusta, partecipativa e immune da corruzione. È una riflessione su come una società possa essere governata secondo principi di equità e giustizia, garantendo il benessere collettivo.

E il venerdì, giorno di Venere, è dedicato all’educazione. Può spiegarci meglio questo concetto?

Il venerdì è dedicato alla bellezza e all’educazione, due aspetti profondamente collegati. In Utopia Giudecca, l’educazione è concepita come un processo attivo e dinamico, non rigido. Gli studenti non sono confinati in aule, ma cercano attivamente il sapere, incontrando i propri insegnanti in un percorso di scoperta. L’apprendimento diventa un’esperienza viva, stimolante e creativa, non una semplice trasmissione di nozioni. È una visione che ribalta il modello tradizionale di istruzione, mettendo al centro la curiosità e la creatività.

Guardando al futuro, quale crede che sarà l’eredità di Utopia Giudecca? Potrà influenzare il dibattito sul futuro delle città?

Mi auguro di sì. Utopia Giudecca non è solo un esperimento teorico, ma una proposta concreta su come le città possano essere ripensate. Credo fermamente che affrontare i problemi su scala locale sia la chiave per un futuro più green ed ecologico. Se riusciamo a risolvere le questioni urbane a livello comunitario, possiamo creare un impatto positivo anche su larga scala.

Martina De Tiberis

Martina De Tiberis

Laureata in Lettere Moderne e specializzata in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Ferrara con il massimo dei voti. Nel 2021 ha intrapreso il percorso per diventare giornalista pubblicista,...

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