L’ultimo film di Nanni Moretti Il Sol dell’Avvenire, apparso nelle sale di recente, è sicuramente un’opera della maturità di questo regista, densa di significati.
E’ un film che invita lo spettatore a “pensare”, a riflettere sui tanti temi che racchiude in sé, a partire da una forte critica, impersonata nel film dallo stesso Moretti, di quei registi che esaltano la violenza. Come è reso evidente dal titolo, Moretti ci invita a considerare quale mito abbia rappresentato, per decenni, in tutto il mondo, il comunismo, con la sua carica di aspettativa, anche messianica, di un mondo migliore per tutti i lavoratori ed i poveri. Per poi rivelarsi, in realtà, una fonte di gravissime sofferenze e privazioni arrecate ai popoli ove tali regimi sono andati al potere.
Dai fatti dell’Ungheria alla crisi di un regista
Moretti, quindi, partendo da un fatto storico – ciò che avvenne in Ungheria nel 1956, allorché, a fronte di timidi cenni di maggiori libertà democratiche per i cittadini di quel Paese, scattò, con inesorabile vigore e durezza, la repressione dell’U.R.S.S., che non poteva permettere alcuna deviazione alla sua dottrina totalitaria – invita lo spettatore a ripensare alla storia del nostro Paese e del Partito Comunista Italiano a quell’epoca. E così i due protagonisti del film, convinti aderenti al P.C.I., si trovano a dover fare i conti con la brutale repressione, da parte dei carri armati sovietici, del nuovo governo ungherese che aveva concesso maggiori spazi di libertà ai suoi cittadini.
Una finzione storica per attenuare le scelte di allora
Con il travaglio, interno anche ai due protagonisti, circa il seguente dilemma: sostenere i rivoltosi, in nome della libertà o sostenere l’U.R.S.S., in nome del comunismo?
E Moretti giunge a compiere una ardita “finzione” storica, quando nel film fa prevalere la prima opzione, mentre, in realtà, la storia fu ben diversa in quanto Togliatti ed il P.C.I. si schierarono compatti (salvo alcune personalità che vennero immediatamente cacciate dal partito e tacciate di essere “controrivoluzionari”) a fianco dell’U.R.S.S.. Sarebbero dovuti passare ancora molti anni prima che il P.C.I. – con il nuovo segretario Longo – prendesse atto di questo grave errore politico, che ha poi segnato la sua storia successiva: solo nel 1969, a seguito della nuova brutale repressione, da parte dell’U.R.S.S., della “primavera di Praga”, in Cecoslovacchia, il P.C.I. si schierò apertamente contro la pretesa di Mosca di predeterminare, per tutti i Partiti Comunisti del mondo, la costruzione della Società Socialista.
Un film intenso tra amore e immaginazione
Molti altri sono, inoltre, i temi che il regista solleva. Dall’amore in crisi, tra due coniugi, dopo molti anni di matrimonio, al nuovo amore che sboccia tra due giovani; dalle critiche serrate alle piattaforme ed in particolare a Netflix ed alla sua rappresentazione del mondo (censurata di recente anche dal Governo di Cuba su come il film “The mother” – La madre – abbia rappresentato “una Cuba che non c’è”), alla bellezza delle immagini, tutte felliniane, dedicate al mondo del circo. Un film intenso, in definitiva, che dimostra la maturità del regista e che merita la visione.
Alessandro Re