L’ultima notizia sull’epidemia di politicamente corretto che dagli Stati Uniti si è diffusa rapidamente in Europa arriva dalla Yale University. Il prestigioso ateneo del Connecticut ha deciso di eliminare uno dei suoi corsi di eccellenza, quello di “Introduzione alla storia dell’arte: dal Rinascimento al presente”, per dare una risposta al “disagio degli studenti nei confronti di un ‘canone’ occidentale idealizzato, un prodotto di un quadro di artisti in modo schiacciante bianco, eterosessuale, europeo e maschile”, come riferisce lo Yale Daily News.

L’ultimo sessione di questo corso si terrà in primavera e già si sono iscritti 400 studenti (e studentesse, vorrebbe il politically correct) su 300 posti disponibili. Sin da questa ultima edizione il corso cercherà di mettere in discussione l’idea stessa dell’arte occidentale e nei prossimi anni sarà sostituito da altri, come “Arte e politica”, “Arte globale”, “La via della seta” e “Luoghi sacri”.

Il presidente del dipartimento di Storia dell’arte della Yale University, Tim Barringer, spiega che ci sono tante altre regioni, generi e tradizioni – tutte “ugualmente meritevoli di studio” – e mettere l’arte europea su un piedistallo è “problematico”. Barringer vuole che si prenda in considerazione l’arte anche in relazione a questioni di genere, classe e “razza”, discutendo del suo coinvolgimento con il capitalismo occidentale. Un “tema chiave” sarà la relazione dell’arte con i cambiamenti climatici.

Questa tendenza a rileggere, riscrivere e anche censurare l’arte alla luce dei canoni della nuova ideologia dominante si sta manifestando in vari modi negli ultimi anni.

John William Waterhouse, “Ila e le ninfe” (1896)

All’inizio del 2018, la Manchester Art Gallery ha rimosso dalle sue pareti il dipinto Ila e le Ninfe (1896), di John William Waterhouse, artista britannico Preraffaellita, lasciando al suo posto uno spazio vuoto. Il quadro di Waterhouse ritrae ninfe pubescenti e nude che tentano un giovane. Anche le cartoline che lo riproducono sono state rimosse dalla vendita nel museo. Clare Gannaway, la curatrice di arte contemporanea della galleria, ha affermato che l’obiettivo della rimozione era di stimolare una discussione, non di censurare, aggiungendo che i dibattiti su #MeToo hanno alimentato la decisione.

Il quadro è stato sostituito da un avviso che mette a disposizione lo spazio per “generare un dibattito su come esponiamo e interpretiamo le opere della collezione pubblica di Manchester”. Alcuni visitatori hanno così attaccato dei post-it per dare conto delle loro reazioni, che sono proseguite anche sui social, con frasi come “Un pericoloso precedente”, “Un atto politicamente corretto”, “Repressione in stile talebano. E da parte di una donna!”, “Avete appena comunicato a milioni di donne che devono vergognarsi del proprio corpo. Burqa per tutti”, “I totalitarismi e l’arte non vanno d’accordo”, “Il politicamente corretto è solo un’altra forma di fascismo”.

Metropolitana di Londra, i manifesti sulla mostra di Egon Schiele a Vienna

Pochi mesi prima, l’azienda dei trasporti di Londra si era rifiutata di esporre nella metropolitana londinese i poster sulla mostra organizzata a Vienna in occasione del centenario della morte dell’artista Egon Schiele, perché raffiguravano dei nudi. L’azienda londinese si era anche rifiutata di offuscare i genitali e allora il museo viennese che aveva organizzato la mostra ha deciso di inserire delle fasce bianche sulle parti messe a nudo con su scritto: “Ci scusiamo. Dipinti cent’anni fa ma scandalosi ancora oggi”.

In quelle stesse settimane, come avveniva nel Grande Fratello di George Orwell, in occasione del Maggio Fiorentino è stato riscritto il finale della Carmen di George Bizet, con Carmen che non muore accoltellata da Don Jose, ma lo uccide a pistolettate. A chi contestava la scelta come espressione di furore etico da Custodi della Rivoluzione del politicamente corretto, il sindaco di Firenze e presidente del Maggio Musicale, Dario Nardella, ha risposto difendendo la decisione di cambiare il finale di Carmen, che non muore, in quanto “messaggio culturale, sociale ed etico che denuncia la violenza sulle donne, in aumento in Italia”. Poi ci ha pensato il caso a rimettere le cose a posto. Sulla scena del teatro fiorentino, la pistola di Carmen si è inceppata.

La poesia di Eugen Gomringer rimossa dalla Alice Salomon University di Berlino

Quasi contemporaneamente, a Berlino, il Senato accademico dell’Alice Salomon University decideva di rimuovere dalla parete laterale dell’Università una poesia del poeta svizzero-boliviano Eugen Gomringer, padre della “poesia concreta”.

Dopo una lettera aperta di denuncia del comitato degli studenti e un dibattito durato un anno, la sentenza di rimozione è stata motivata con il fatto che la poesia Avenidas è sessista, espressione di una tradizione artistica patriarcale, che vede le donne come puro oggetto di contemplazione e ispirazione per la creatività degli uomini.

La poesia ha tre soli sostantivi (viali, fiori, donne), combinati in modi diversi, senza verbi, a cui si aggiunge alla fine il quarto sostantivo, che ha fatto scattare l’incriminazione: “ammiratore”. Avenidas decorava la facciata dell’Università dal 2011, dopo che il suo autore aveva vinto un premio per la poetica dell’Alice Salomon.

“Un atto spaventoso di barbarie culturale”, secondo l’allora ministro della Cultura, Monika Grütters (Cdu). “L’arte e la cultura hanno bisogno di libertà. Chiunque mina questo diritto fondamentale per presunta correttezza politica sta conducendo un gioco pericoloso”.

La poesia di Eugen Gomringer sulla facciata dell’Accademia delle Arti di Berlino

Contro la censura della Salomon University aveva reagito anche l’Accademia delle Arti di Berlino, che si trova sulla Pariser Platz, vicino alla Porta di Brandeburgo, mettendo sulla propria facciata di vetro un’altra poesia di Eugen Gomringer, Silencio, caratterizzata dalla disposizione delle parole e dallo spazio vuoto. La libertà artistica deve “essere sempre esaltata”, ha spiegato la presidente dell’Accademia, Jeanine Meerapfel.

Ma il politicamente corretto non sta condizionando solo l’arte. In un successivo articolo vedremo come anche la letteratura contemporanea, il cinema, il giornalismo, la politica e la vita di tutti i giorni subiscano sempre di più il condizionamento di questa nuova ideologia, che pur senza essere codificata in leggi sta dettando i canoni di comportamento e di linguaggio ritenuti “democratici” e rispettosi delle differenze. Con tutti i rischi che ciò comporta.

Beniamino Bonardi                   

Beniamino Bonardi

Il direttore responsabile de L'Incontro

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