I cittadini italiani pretendono una Giustizia…. giusta!
Siamo reduci da una lunga, troppo lunga, stagione in cui la magistratura, salvo naturalmente e fortunatamente molti casi singoli, ha saputo mostrare il peggio di se stessa. Il tasso di fiducia dei cittadini verso i propri giudici è crollato a percentuali mai viste, sotto il 40% degli intervistati….
… all’epoca di Tangentopoli era di più del 70%.
Una tragedia se pensiamo che autorevolezza e indipendenza della magistratura sono due paletti fondamentali in una democrazia vera, basata sull’autonomia dei poteri dello Stato. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rieletto per il suo secondo mandato, nel suo primo discorso ufficiale davanti al Parlamento ha voluto sottolineare l’importanza di un recupero di credibilità di tutta la magistratura, organo fondante di un Paese libero e democratico.
Quale Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), Sergio Mattarella, in questi suoi primi giorni di attività presidenziale, si trova di nuovo alle prese con una matassa ormai ingestibile. Ciò, nonostante gli sforzi della ministra Cartabia di portare a compimento una riforma del CSM che possa aiutare quest’organo di autocontrollo e disciplina del potere giudiziario, a riconquistare la stima e la fiducia dei cittadini.
Sul tavolo di Mattarella si trova un corposo dossier che comprende alcuni nodi non risolti in questa materia. Innanzitutto la riforma della Giustizia per via referendaria voluta da Matteo Salvini, uno dei suoi grandi elettori. Il conflitto di poteri tra il CSM e il Consiglio di Stato dopo che il plenum del CSM ha voluto dare un preciso segnale, insistendo e ribadendo le nomine dei giudici che l’organo di giustizia amministrativa aveva appena cassato.
Le nuove regole del gioco all’interno della governance del CSM dopo la bocciatura del sorteggio e il rilancio di un sistema elettorale proporzionale per la nomina dei componenti dell’organo . La gestione della presidenza del CSM ha costituito forse, per alcuni critici, l’unico neo del settennato appena concluso del presidente Mattarella.
La critica si concentra sul fatto che il Presidente non sia intervenuto con la giusta severità e tempestività per bloccare una deriva, soprattutto etica (per tutti il caso Palamara) ma anche procedurale all’interno di un organo ormai in mano alle varie correnti politiche dei magistrati.
Il compito che attende il ‘Mattarella bis’ è molto difficile ma il presidente sa che la necessità di ridare fiducia al sistema giudiziario costituisce una priorità assoluta tra le riforme di cui il nostro Paese ha drammaticamente bisogno.
A riprova di questo momento difficile dell’intero corpo del sistema giudiziario italiano, non ha sicuramente giovato il caso Briatore. La sua assoluzione in Cassazione, in un procedimento penale durato, nelle varie fasi procedurali, la bellezza di 12 anni, conclusosi con la assoluzione di tutti gli imputati “perché il fatto non costituisce reato”. Cosa era successo?
Il 20 maggio 2010 la Guardia di Finanza, con uno spettacolare blitz condotto da ben 18 finanzieri, saliva a bordo dello yacht Force Blue dove, al largo di La Spezia, erano in quel momento la moglie di Briatore, Elisabetta Gregoraci con il figlio piccolo Nathan. Per il procuratore della Repubblica che aveva avviato il procedimento penale con il provvedimento di sequestro dell’imbarcazione, la società proprietaria dello yacht, Autumn Sailing, era un formale paravento in quanto il reale proprietario era proprio Briatore, unico utilizzatore della barca.
Questa intestazione simulata, secondo il Pm, aveva permesso all’imprenditore di Borgo San Dalmazzo di evadere circa 3.600.000 di euro al fisco italiano. Incominciava allora un iter giudiziario conclusosi soltanto il 26 gennaio scorso con un accavallarsi di sentenze e di rinvii, fino all’ultima decisione della Cassazione che decretava la assoluzione di tutti gli imputati. La sentenza ha stabilito che lo yacht debba essere restituito al proprietario, revocando il provvedimento di confisca intervenuto a suo tempo.
Peccato che, nel frattempo, nel dicembre del 2020 la barca sia stata venduta all’asta dal custode giudiziario per un debito di circa 200 mila euro. “Ciò nonostante io avessi immediatamente bonificato al custode 500.000 euro per saldare il debito e le spese giudiziarie evitando così l’asta.”, ha dichiarato Briatore.
Aggiudicatario dello yacht era stato un amico di Briatore, quel Berny Ecclestone, per tanti anni padrone incontrastato del circuito di Formula 1, per un prezzo di 7.440.000 euro, ben al di sotto del valore di mercato dello yacht che si aggirava intorno ai 20 milioni di euro!
Briatore era stato condannato in primo grado nel 2015 ad un anno e 11 mesi di reclusione: Era stata accertata la simulazione di un’attività commerciale di noleggio a terzi che avrebbe consentito di sfruttare l’imbarcazione per uso diportistici in acque italiane fra il 2006 e il 2010, senza versare le imposte dovute.
L’imbarcazione era iscritta nel registro delle Isole Vergini Britanniche, paese extracomunitario. Secondo la sentenza di primo grado, Briatore non era uno dei tanti noleggiatori della barca, come sostenuto dalla difesa, ma il proprietario reale. Una prima decisione della Corte di appello di Genova aveva ridotto le pene e poi la Cassazione aveva imposto ai giudici di secondo grado una nuova pronuncia che arrivò poi senza discostarsi molto dalla prima. Adesso la Cassazione ha definitivamente assolto Briatore.
Aldilà della simpatia o meno che l’imprenditore piemontese suscita nel grande pubblico, come si fa a non condividere la sua affermazione:
“Questa non è giustizia. Come fa una persona innocente a convivere 12 anni con una situazione come questa?”.
Non volendo assolutamente entrare nel merito della vicenda processuale, ci si consentita però una riflessione generale. Il concetto di Giustizia giusta, implica l’applicazione della normativa vigente nell’autonomia e indipendenza di giudizio del magistrato chiamato a pronunciarsi sul caso, che deve motivare specificatamente la sua decisione finale.
Detto ciò, non può essere giustificato uno spettacolare blitz con tutti gli ovvi echi mediatici conseguenti alla notorietà dell’imputato, che inneschi un processo che dura 12 anni e tiene sulla graticola l’imputato in uno stato di permanente angoscia e preoccupazione.
C’è un altro aspetto da tenere in considerazione. Come ha dichiarato lo stesso Briatore, soltanto un imprenditore con le spalle larghe ha potuto resistere ad un incubo giudiziario di questa natura, con dei costi per la difesa rilevantissimi e con una ricaduta devastante sulla sua reputazione e sui suoi rapporti col sistema bancario. Un ignoto Mario Rossi qualsiasi si sarebbe schiantato.
Anche l’eventuale complessità della fattispecie in esame, non può giustificare una lunghezza del processo di questa natura: questa è Ingiustizia, con la i maiuscola. In quella riforma della magistratura di cui si parla tanto e di cui non si vedono, per ora, i risultati, bisognerà tener conto anche di queste distorsioni che devono essere assolutamente evitate in un paese civile e democratico.
Riccardo Rossotto