Non desidero scrivere dell’andamento del Coronavirus.

Basta solo dire che è come se qualcuno avesse spento la luce nel bel mezzo della festa.

Desidero invece notare una cosa.  In quasi 37 anni vissuti negli Stati Uniti, non avevo mai sentito parlare così tanto dell’Italia.  I media ne parlano ininterrottamente. Misure. Dati.  Contromisure.  L’alta qualità del servizio sanitario. Reportage da Roma e Milano. Ma anche da Codogno e Piacenza, le terre della mia gioventù. Ma la cosa che più positivamente colpisce sono le telefonate, i messaggi e le e-mail di amici e conoscenti americani che si susseguono di giorno in giorno. Premurosi ed affettuosi, non solo nei miei confronti ma soprattutto nei confronti dell’Italia e degli italiani. Parole come coraggio, forza, determinazione. Oggi leggo un messaggio a me rivolto dal cancelliere del tribunale di San Francisco, una signora di origini giapponesi, che mi scrive: “siamo tutti italiani”. Sono testimonianza del valore di un Paese e di una cultura a volte messi in secondo piano, e spesso in luce negativa, e che invece invoca un legame profondo, in alcuni casi per me inspiegabile, anche con persone che l’Italia probabilmente l’hanno vista solo in cartolina. Un legame sociale, nel senso base del termine.  Mi dà futuro.  Mi dà speranza, questo legame, in due sensi. Uno, speranza per l’Italia che non è e non sarà sola. Due, per l’umanità, che con questi messaggi, queste comunicazione grida un “NO” forte, rimbombante alla tentazione di tagliare legami, ponti e rinchiudersi in realtà isolate ed isolanti.  E si rifiuta di accettare una vittima in più: il rapporto umano.

Antonio Valla

 

Antonio Valla

Nato a Milano e formatosi tra l’Italia e la California, ha fondato nel 2009 la Valla Morrison & Shachne, dopo aver creato la Gilliss Valla e Dalsin, LLP nel 1994. Specializzato in casi di contenzioso...

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