Carlo e Nello Rosselli vengono assassinati il 9 giugno 1937 a Bagnoles-sur-l’Orne, in Normandia. Gli esecutori dell’omicidio sono sicari della “Cagoule”, associazione terroristica francese, i mandanti sono i servizi segreti fascisti. Nello stesso anno, lo storico Gaetano Salvemini, in quel periodo docente di Storia della Civiltà italiana presso l’Università di Harvard, pubblica a Londra un opuscolo in inglese sui due martiri antifascisti. Nel 1938 il libro, tradotto in italiano, viene pubblicato a Parigi nelle edizioni di “Giustizia e Libertà”. In occasione del centenario della nascita di Carlo Rosselli, nel 1999, Galzerano Editore ha pubblicato il testo londinese in una nuova traduzione italiana, con il titolo “Carlo e Nello Rosselli. Un ricordo.”
Salvemini ci racconta la sua ammirazione per i fratelli Rosselli
Da una copia di questo prezioso libro che mi fu regalata da mio padre, traggo le impressioni contenute in queste righe, la storia di vite eroiche, la descrizione di un tempo lontano e terribile. Dalla lettura dell’opuscolo emerge la profonda ammirazione e l’affetto che l’autore nutre nei confronti dei Rosselli e anche di altri giovani antifascisti.
Salvemini, che fu insegnante dei Rosselli, scriverà anni dopo: «E dopo averli conosciuti, e amati e rispettati, e dopo quanto essi fecero e soffrirono, non mi è stato possibile sfuggire ai miei doveri o arrendermi alla pigrizia. In questi venticinque anni mi sono stati maestri di vita». Nell’opuscolo, il grande storico rievoca innanzitutto i legami della famiglia Rosselli con il Risorgimento, nei cui principi i fratelli vengono educati e al quale alcuni familiari hanno partecipato attivamente. Giuseppe Mazzini, intimo della famiglia, trascorre gli ultimi giorni della sua vita in casa di un loro parente a Pisa.
Poi, ricorda il sacrificio di Aldo Rosselli, il primo dei fratelli, che muore combattendo da Ufficiale volontario nella Prima Guerra Mondiale. Anche Carlo, nello stesso conflitto, e poi Nello nel 1919, serviranno come Ufficiali e questa esperienza segnerà profondamente l’animo dei due, che hanno la possibilità per la prima volta di vivere a contatto con il popolo e condividere gli stenti e i pericoli dei loro uomini. Scrive Salvemini: «… per Carlo il disagio causato dal contrasto fra la sua posizione sociale e le sue idee diventò sempre più acuto. Il suo denaro e la sua ricchezza divennero un tormento. Col passar del tempo risolse il suo problema, mettendo il suo patrimonio al servizio dell’ideale politico».
Un’esistenza fondata sugli ideali e sul coraggio
Da storico, Salvemini si concentra sui fatti, sulla cronaca di un’esistenza fondata sugli ideali e sul coraggio, riportando anche le parole dei due fratelli. Carlo si laurea in Scienze Politiche e in Giurisprudenza, Nello in Storia. Nel 1922 conoscono Ernesto Rossi, anch’egli volontario nella Prima Guerra e decorato al valore. Fondano a Firenze dapprima un circolo culturale, poi, dopo il delitto Matteotti, decidono che è il momento di agire. Carlo aderisce all’ala riformista del Partito Socialista, Nello al gruppo democratico guidato da Amendola. Ormai però è tardi, tutto è compromesso.
Scrive Carlo Rosselli: «Quando il Fascismo marciò su Roma. Io avevo ventidue anni. La battaglia era già perduta e in modo grave. La resistenza era stata frammentaria, i capi passivi o inetti. Le masse erano state abbandonate a se stesse. Ancora più terribile per noi fu l’esperienza durante l’affare Matteotti. I vecchi partiti, le vecchie cricche ci impedirono letteralmente di lottare. Dopo mezzo secolo di politica insignificante si rifugiarono dietro un impotente moraleggiare, boicottarono l’azione audace e furono essi stessi spazzati via. E noi con loro».
Dopo il delitto Matteotti, Mussolini passa al contrattacco
Superata la crisi del delitto Matteotti, Mussolini passa al contrattacco. I Fascisti devastano la sede del gruppo e la casa dei Rosselli. Un mese dopo Carlo, Nello ed Ernesto Rossi diffondono un foglio clandestino, “Non mollare”, che in alcuni numeri contiene addirittura documenti delle inchieste sul delitto Matteotti nei quali alcuni imputati accusano Mussolini di aver ordinato l’omicidio. A Firenze, si scatena la furia fascista e la città diviene teatro di una selvaggia caccia all’uomo con numerosi morti. Verso la fine del 1925, l’Italia intera viene investita dal terrore fascista contro tutti gli oppositori: Cattolici democratici, Liberali di destra e di sinistra, Socialisti riformisti e massimalisti, Comunisti e Anarchici.
La fuga dall’Italia di Filippo Turati
Carlo, che nel frattempo si è trasferito a Milano e si è sposato, cerca di dare rifugio ai perseguitati. Lo aiuta Riccardo Bauer, altro volontario di guerra e decorato al valore che verrà arrestato e confinato a Ustica. Poi, insieme a Ferruccio Parri, organizza la fuga dall’Italia di Filippo Turati, figura storica dell’ala riformista del Partito Socialista. Il vecchio Turati è tenuto prigioniero nella sua casa di Milano, sorvegliato notte e giorno dalla Polizia in attesa di essere deportato nelle colonie penali delle isole.
Rosselli, Parri e altri, fra cui anche Sandro Pertini, non menzionato da Salvemini nell’opuscolo, riescono a portare Turati in Corsica. Partono da Savona con una motobarca in una notte di tempesta. Su Ferruccio Parri, anche’egli pluridecorato reduce della Prima Guerra, Salvemini riporta le parole di Carlo: «Finchè non avevo conosciuto Parri – scrisse Carlo nel 1929 – l’eroe mazziniano era stato per me un’astrazione retorica. Ora io lo vedo dinanzi a me in carne e ossa, con tutto il dolore del mondo e tutta l’energia del mondo impressi nei suoi lineamenti».
L’arresto di Parri e Carlo Rosselli portati a Ustica
Al ritorno in Italia Carlo Rosselli e Parri vengono arrestati e portati a Ustica in attesa del processo. Viene arrestato anche Nello, senza motivo, mentre lavora all’argomento della sua tesi, Mazzini e Bakunin, che deve divenire un libro. Viene portato a Ustica dove resiste fino al febbraio 1928 quando, senza spiegazione, viene rilasciato. Il capitolo sul processo per la fuga di Turati, che si svolge a Savona, è coinvolgente per forza narrativa e l’emozione che suscita. Salvemini descrive il grande contegno degli imputati e la loro difesa.
«La dittatura – sostennero – aveva abolito la costituzione e attraverso il terrorismo sistematico aveva ridotto la terra di Mazzini e di Garibaldi ad una prigione, dimora di schiavi. Chiunque tentasse di fuggire da questa prigione agiva in stato di legittima difesa e coloro che favorissero tale fuga non erano colpevoli di alcun crimine».
Fuga da Lipari, l’incredibile evasione di Lussu, Nitti e Rosselli
Inaspettatamente, i Giudici li condannano, anche a rischio delle loro carriere, ad una pena di soli dieci mesi, notevolmente inferiore a quanto previsto. Di questi, otto erano già stati scontati in attesa del Giudizio. Anziché essere rilasciati allo scadere del termine, vengono condannati dalla Polizia (Sic!) a cinque anni di confino sull’isola di Lipari. Qui Carlo conosce Emilio Lussu e Fausto Nitti, altre figure leggendarie dell’antifascismo. Il primo è autore, fra l’altro, del celebre libro “Un anno sull’altipiano”. Dopo vari tentativi di fuga, nel luglio del 1929, i tre riescono a raggiungere la Tunisia, grazie ad Oxilia, il pilota del motoscafo che aveva già partecipato alla fuga di Turati e ad Alberto Tarchiani, che diverrà poi Ambasciatore nell’Italia Repubblicana e membro del Partito d’Azione come Parri e Lussu.
Con“Socialisme Libèral”, Carlo si allontana da Marx per Proudhon
Come ritorsione, questa fuga causa nuovamente l’arresto e il confino di Nello per qualche mese a Ponza. In un capitolo struggente, Salvemini descrive il carattere mite e forte di Nello, la sua sensibilità e la sua grande cultura storica, che si manifesta nei lavori sul Risorgimento, Mazzini e Pisacane. Ricorda che il questore di Firenze cambia costantemente i poliziotti che lo sorvegliano poiché, conquistati dalla sua umanità, divengono suoi amici. Intanto, Carlo e Lussu giungono a Parigi, dove organizzano una nuova formazione antifascista, “Giustizia e Libertà”.
Partecipa lo stesso Salvemini, che rammenta anche la pubblicazione, nel 1930 sempre in Francia, del famoso libro di Carlo, “Socialisme Libèral”, in cui Rosselli si allontana da Marx e si avvicina a Proudhon. Fonda il suo Socialismo sulla libertà. Il grande storico analizza il fronte antifascista, evidenziandone le debolezze e le contraddizioni, in particolare dei Comunisti, che invocano una dittatura di segno opposto, giocando così in favore di Mussolini.
L’opera di Giustizia e Libertà
Esalta, invece, il successo della diffusione per tutta l’Italia dell’organizzazione clandestina di “Giustizia e Liberta’”. Non trascura le critiche rivolte al movimento che «fu stigmatizzato dai comunisti come “ borghese”, anzi “fascista”, dai liberali legalitari come pericolosamente estremista e dai socialisti tradizionali come romanticismo quarantottesco». Mirabili sono le pagine in cui Salvemini descrive la situazione di crisi economica italiana negli 1930-37, in cui un ristretto circolo di nababbi, con attività connesse alla preparazione della guerra, e i capi del Partito Fascista e dell’alta burocrazia civile e militare, si stanno arricchendo a spese della miseria generale.
La colonna degli Italiani nel fronte repubblicano della Guerra di Spagna
Salvemini dedica un capitolo alla Guerra di Spagna del 1936, nella quale Carlo combatte con la colonna degli Italiani nel fronte repubblicano. Ferito in combattimento e poi a causa di una flebite, deve rientrare in Francia. In conclusione, il capitolo sull’assassinio, che avviene proprio mentre Nello si è recato a trovare il fratello Carlo che si sta curando nella stazione termale francese di Bagnoles-sur-l’Orne. Dopo, comincia la leggenda. L’Avv. Bruno Segre, fondatore e direttore per più di settanta anni di questo giornale, fu perseguitato e incarcerato dal Fascismo per le sue idee.
Bruno Segre: Viva l’eterna Libertà!
Fece parte, come combattente, proprio delle formazioni partigiane di “Giustizia e Libertà” (che facevano riferimento al Partito d’Azione). E nel dopoguerra ha partecipato attivamente alla vita politica e culturale del nostro Paese affinchè l’Italia fosse una Nazione più civile e democratica.
Mi pare si possa affermare che esiste un legame ideale e spirituale che unisce questo giornale al Risorgimento, alla Resistenza di “Giustizia e Libertà”, alla storia migliore dell’Italia repubblicana. Un legame costituito dal culto della Libertà, che Carlo Rosselli definiva un valore eterno ed assoluto. Un ideale che Bruno Segre ha onorato nella direzione della rivista e che ha ricordato a conclusione del suo discorso del 25 aprile 2022 in Piazza Castello a Torino, con le esaltanti parole: “Viva l’eterna Libertà!”.
Lorenzo Bianchi