Nel più totale silenzio dei media gli sbarchi dei migranti continuano senza sosta. L’inizio della stagione estiva favorisce la ripresa del business dei trafficanti di esseri umani. Dai lager libici centinaia di africani si giocano l’ultima speranza di sopravvivenza piuttosto che rimanere a vegetare in quella vergognosa situazione “sopportata” o “ignorata” da noi europei. Nelle ultime due settimane di maggio, soltanto a Pozzallo, sono giunti circa mille migranti, creando già dei problemi di super affollamento nel campo di accoglienza.
L’Unone europea si sta svegliando
In questo contesto drammatico e denso di brutte notizie, anche e soprattutto per il nostro Paese di frontiera sul “cimitero” chiamato Mediterraneo, arriva una prima buona notizia da Bruxelles. Venerdì 10 giugno, su proposta della Presidenza francese dell’Unione europea, i Ministri dell’Interno dei 27 Paesi membri hanno raggiunto un inaspettato accordo. L’intesa modifica alcuni principi contenuti nel Trattato di Dublino che disciplina i doveri dei Paesi membri in caso di sbarchi di migranti sul loro territorio. E’ la prima volta che tutti i Paesi membri dell’Ue condividono una nuova disciplina della gestione dei flussi migratori. Un accordo storico che ovviamente deve essere valutato alla stregua degli effetti che produrrà durante l’estate.
Cambio di rotta per i migranti
La più grossa novità nella riunione in Lussemburgo riguarda proprio i cinque Paesi del Mediterraneo che hanno costituito l’approdo naturale di chi arriva via mare dal continente africano. Non saranno più soli e non dovranno più gestire da soli i flussi dei migranti in arrivò dal mondo intero. Ecco, in sintesi, il contenuto delle nuove norme. I migranti verranno redistribuiti con un meccanismo automatico pre-condiviso tra i dodici Paesi membri che, per ora, hanno già accettato formalmente di accoglierli. La seconda novità riguarda gli altri Stati membri che, per ora, non hanno accettato il riparto automatico. Dovranno dimostrare la loro solidarietà pagando un contributo finanziario ai Paesi che hanno accettato di sostenere l’onere di prima accoglienza.
Una nuova azione condivisa da 12 Paesi
La mediazione si è raggiunta non attraverso l’obbligo a tutti i Paesi membri di accettare la redistribuzione automatica dei migranti attraverso una formula mista. Formula che lascia ai Paesi che non condividono tale principio, la possibilità di rifiutare il riparto dei migranti, dovendo però pagare un contributo finanziario ai membri favorevoli all’accoglienza. I 12 Paesi che hanno accettato il meccanismo automatico sono Francia, Germania, Svezia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Romania e Croazia. Oltre naturalmente ai cinque Paesi, come l’Italia, direttamente interessati dagli sbarchi sulle proprie coste.
Nuove regole anche per i soccorsi nel Mediterraneo
“La sottoscrizione del meccanismo di solidarietà – ha detto la commissaria europea agli Affari Interni, la svedese Ylva Johansson, “è un accordo storico che apre nuovi orizzonti per l’Europa”. Ma c’è un’ulteriore novità che riguarda il soccorso in mare. Il documento sottoscritto dai Ministri degli interni dei Paesi membri prevede espressamente la disciplina dell’attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo (“search and rescue”).
Nella sostanza, il nuovo accordo recupera molti dei punti già contenuti nel Patto di Malta promosso dalla nostra Ministra Lamorgese, nel 2019, che ha costituito il presupposto dell’attuale disciplina. Per ora l’intesa durerà un anno: un test per provarne l’efficienza e l’efficacia. “L’accordo di Malta ora diventa a livello europeo” – ha dichiarato la nostra Ministra Lamorgese. “E’ un avanzamento di rilevanza strategica verso una politica europea di gestione condivisa dei flussi migratori equilibrata ed ispirata ai principi di solidarietà e di responsabilità. L’intesa raggiunta favorisce principalmente gli Stati membri che devono affrontare gli sbarchi a seguito di operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo”.
Viene, infine, posta a carico dei Paesi aderenti la responsabilità diretta di un controllo delle frontiere. Ogni Stato dovrà garantire la verifica e la rendicontazione di chi arriva, con la sottolineatura specifica della raccolta delle impronte digitali di ciascun individuo, sul sistema Eurodac. Si tratta di no strumento per gestire le richieste di asilo e rimpatrio per limitare o, comunque, controllare i movimenti secondari in Europa.
L’interlocutore libico per ora tace
Insomma, siamo di fronte ad un’importante svolta che dovrà essere ovviamente giudicata alla luce dei fatti. Il prossimo passo dovrebbe essere quello di studiare e pretendere con e dalle Autorità libiche un controllo sui vari lager dove vengono imprigionati, torturati e stuprati molti dei migranti africani provenienti dal sud del Paese. Soltanto così si potrà finalmente intervenire “a monte” del fenomeno migratorio, limitandone gli effetti mostruosi come accaduto invece fino ad oggi. Il vero problema, per ora, irrisolto, è costituito dalla mancanza di un interlocutore istituzionale libico in grado di rappresentare realmente gli interessi del Paese e non quelli di una fazione soltanto.
Riccardo Rossotto