Angela Maria Scullica è una professionista di lungo corso nel campo della comunicazione, capace di coniugare rigore analitico e creatività. Dopo anni trascorsi al vertice del giornalismo economico-finanziario, dirigendo testate di riferimento come “BancaFinanza” ed “Espansione”, ha intrapreso un nuovo percorso, dedicandosi alla critica d’arte e alla saggistica. Laureata in Economia Aziendale alla Bocconi, con una specializzazione in Finanza, è autrice di opere significative, tra cui il libro “Europa, oltre le frontiere. Una sfida aperta”, realizzato con il patrocinio della Commissione Europea.

Nel 2024 ha pubblicato “Arte contemporanea. Specchio e linguaggio dei tempi” (ILI Editore), un saggio che esplora il ruolo dell’arte come specchio della società e catalizzatore di cambiamento sociale. In questa intervista Scullica riflette sul potenziale trasformativo dell’arte contemporanea condividendo visioni e riflessioni su come questa disciplina possa ridefinire il nostro rapporto con il presente e immaginare un futuro diverso.

Partiamo dalle origini del suo interesse per l’arte contemporanea. Cosa l’ha spinta a studiare e poi a raccontare l’arte come “specchio e linguaggio dei tempi”?

Il mio interesse per l’arte contemporanea è nato nel 2020, durante la pandemia, un periodo che mi ha spinto a riflettere profondamente sulla realtà. Dopo anni di lavoro nel giornalismo economico-finanziario mi sono avvicinata al mondo dell’arte e della cultura, scoprendovi un linguaggio potente e universale capace di esprimere sentimenti collettivi e sfide globali. L’arte contemporanea mi ha colpita per la sua capacità di innovare e provocare, ponendo domande cruciali su identità, potere e trasformazioni sociali.

Ho trovato in essa uno strumento che non si limita a riflettere la società ma che agisce attivamente per trasformarla. Ho dedicato molto tempo ad analizzare come le opere di grandi artisti contemporanei abbiano il potere di connettersi con le persone, di suscitare emozioni intense e di innescare cambiamenti nel modo in cui percepiamo il mondo. Il mio libro è nato dal desiderio di rendere accessibili queste esperienze, mostrando come l’arte contemporanea sia una componente essenziale del nostro tempo e una chiave per comprendere le sfide future.

Nel suo libro sottolinea il duplice ruolo dell’arte come specchio della realtà e mezzo di cambiamento sociale. Perché ritiene che l’arte debba non solo riflettere il presente ma anche metterlo in discussione?

L’arte, nella sua essenza, è critica e interrogativa. Non si limita a rappresentare il mondo ma lo esplora, lo decompone e lo reinterpreta. Credo fermamente che il ruolo dell’artista sia quello di essere un osservatore acuto della società, capace di andare oltre le apparenze per evidenziare contraddizioni, conflitti e potenzialità nascoste. Artisti come Yayoi Kusama, Ron Mueck e Adrian Piper incarnano questa idea. Kusama, ad esempio, usa opere immersive per affrontare temi come l’infinito e la fragilità umana, creando un dialogo diretto con lo spettatore.

Mueck, con le sue sculture iperrealistiche, sfida la percezione della realtà, rendendo evidente come i dettagli del quotidiano possano contenere significati più profondi. Piper, invece, affronta il razzismo e l’identità, invitando il pubblico a confrontarsi con i propri pregiudizi e a riflettere su temi scomodi ma essenziali. Questi esempi dimostrano come l’arte contemporanea non sia solo un riflesso delle complessità del nostro tempo, ma uno strumento per immaginare alternative, sfidare le convenzioni e spingere il pensiero oltre i confini prestabiliti. È questa capacità di interrogare il presente che la rende così preziosa.

Lei parla di “simboli, immagini e metafore” come veicoli per influenzare il pensiero umano. Quanto conta, a suo avviso, la dimensione simbolica nell’arte contemporanea rispetto ad altre epoche?

Oggi i simboli nell’arte contemporanea sono più aperti e fluidi rispetto al passato, riflettendo una società complessa e pluralista. A differenza di altre epoche, dove il simbolismo era spesso legato a contesti religiosi o mitologici specifici, l’arte contemporanea utilizza simboli che possono essere interpretati in molti modi, offrendo al pubblico la libertà di trovare significati personali. Artisti come Ai Weiwei e Yayoi Kusama utilizzano simboli per affrontare temi universali, come i diritti umani o l’identità personale.

Weiwei, con le sue opere provocatorie, trasforma oggetti quotidiani in potenti metafore di resistenza politica e sociale. Le installazioni immersive e interattive di artisti come Olafur Eliasson, invece, coinvolgono direttamente il pubblico, abbattendo le barriere tra spettatore e opera e creando esperienze condivise che amplificano il significato dei simboli utilizzati. Questa accessibilità permette all’arte contemporanea di dialogare con un pubblico vasto e diversificato, trasformandosi in un potente linguaggio simbolico che interpreta e arricchisce il nostro tempo. Credo che la dimensione simbolica oggi sia più democratica e inclusiva che mai, rendendo l’arte uno spazio di incontro e confronto unico.

Nel libro analizza il profondo impatto della tecnologia sull’arte. Quali sono le opportunità e i rischi legati a social media e all’ intelligenza artificiale?

La tecnologia ha rivoluzionato l’arte rendendola accessibile a un pubblico globale come mai prima d’ora. I social media, in particolare, hanno creato una piattaforma dove artisti di ogni parte del mondo possono condividere il loro lavoro in tempo reale, abbattendo barriere geografiche e culturali. Tuttavia, questo stesso vantaggio porta con sé dei rischi: la ricerca di visibilità immediata può favorire contenuti più “virali” a scapito di opere concettualmente più profonde e impegnative.

L’intelligenza artificiale, d’altro canto, offre straordinarie opportunità creative, aprendo nuovi orizzonti nell’uso di algoritmi per generare immagini, suoni ed esperienze interattive. Tuttavia, solleva anche interrogativi etici sull’autenticità dell’opera e sull’attribuzione del merito creativo: a chi appartiene un’opera creata con l’AI? All’artista che l’ha programmata o alla macchina stessa? Credo che l’equilibrio stia nel riconoscere la tecnologia come uno strumento potente, da usare in modo critico e consapevole per amplificare il valore culturale dell’arte, piuttosto che limitarsi a sfruttarne il potenziale commerciale. È una sfida complessa, ma anche un’opportunità senza precedenti per ridefinire il significato stesso di creatività.

Uno dei focus principali del libro è offrire uno sguardo verso il futuro. Come vede l’evolversi dell’arte contemporanea nei prossimi anni?

L’arte contemporanea diventerà sempre più immersiva e tecnologica, integrando strumenti come l’intelligenza artificiale, la blockchain e la realtà aumentata per creare esperienze multisensoriali che coinvolgano lo spettatore in modi nuovi e sorprendenti. Temi come la sostenibilità ambientale e l’inclusività saranno centrali, spingendo gli artisti a esplorare nuovi linguaggi e materiali che riflettano le urgenze del nostro tempo.

Immagino un futuro in cui l’arte non sarà più confinata a gallerie e musei ma diverrà parte integrante dello spazio pubblico e digitale, creando connessioni tra comunità e individui. Tuttavia, con queste nuove opportunità arriveranno anche dei rischi, come la standardizzazione delle esperienze artistiche e la perdita di autenticità in un mondo sempre più digitalizzato. Sarà fondamentale bilanciare l’innovazione con il rispetto per le radici culturali dell’arte, assicurando che questa continui a mettere in discussione le convenzioni e a ispirare trasformazioni significative nella società

Quali sono le differenze nei linguaggi artistici globali rispetto ai temi affrontati nelle varie aree del mondo?

La globalizzazione ha favorito un enorme scambio culturale portando a un panorama artistico sempre più ibrido e interconnesso. Tuttavia, esistono ancora differenze significative nei linguaggi artistici globali, legate alle specifiche storie e contesti culturali delle diverse regioni. In Asia, ad esempio, molti artisti fondono tradizione e innovazione, utilizzando tecniche e simboli antichi per esplorare temi moderni come l’urbanizzazione e la tecnologia.

In Africa e America Latina, invece, prevalgono temi legati al colonialismo, alla giustizia sociale e alla resilienza culturale, con opere che spesso denunciano le disuguaglianze e celebrano l’identità collettiva. In Occidente domina una forte impronta concettuale, con artisti che esplorano questioni di identità, politica e sostenibilità. Questa diversità contribuisce a una narrazione globale ricca e plurale capace di riflettere e affrontare le sfide contemporanee, offrendo al contempo uno sguardo unico su come ogni cultura interpreta il mondo che la circonda.

Che ruolo ha giocato il suo percorso professionale nell’approccio alla critica d’arte?

Il mio passato nel giornalismo economico-finanziario mi ha fornito una prospettiva unica, che porto con me nel mio lavoro di critica d’arte. L’analisi di fenomeni complessi e la capacità di osservare le dinamiche economiche e sociali da un punto di vista ampio mi hanno insegnato a guardare oltre le apparenze, cercando significati più profondi e connessioni nascoste. Questo approccio analitico mi consente di comprendere l’arte non solo come espressione estetica, ma anche come linguaggio critico in grado di dialogare con altri ambiti del sapere, come l’economia, la politica e la sociologia.

Nel mio lavoro come giornalista ho imparato l’importanza di contestualizzare e spiegare fenomeni complessi in modo accessibile. Questo si riflette anche nel mio approccio alla critica d’arte, dove cerco di rendere comprensibili le opere contemporanee al grande pubblico, evidenziando la loro rilevanza sociale e culturale. Inoltre, il rigore metodologico sviluppato nella mia carriera economica mi aiuta a valutare le opere in modo oggettivo, senza pregiudizi, ma sempre con uno sguardo aperto alla molteplicità di interpretazioni. Credo che questa interdisciplinarità sia il valore aggiunto che porto alla mia attività di critica, permettendomi di esplorare l’arte contemporanea come una chiave di lettura per interpretare e trasformare il mondo che ci circonda.

Un’ultima domanda: cosa desidera lasciare in eredità attraverso il suo lavoro sull’arte contemporanea?

Il mio desiderio è lasciare un’eredità che vada oltre la semplice analisi delle opere: vorrei che il mio lavoro aiutasse a costruire una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’arte come strumento di riflessione e cambiamento. L’arte contemporanea ha il potere di mettere in discussione le nostre convinzioni, di aprirci a nuove prospettive e di ispirarci a immaginare un futuro più inclusivo e sostenibile. Spero che le mie parole e le mie analisi possano spingere le persone a interrogarsi, a osservare il mondo con occhi diversi e a capire che l’arte non è un lusso ma una necessità culturale e sociale.

Martina De Tiberis

Martina De Tiberis

Laureata in Lettere Moderne e specializzata in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi di Ferrara con il massimo dei voti. Nel 2021 ha intrapreso il percorso per diventare giornalista pubblicista,...

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