In occasione del recente Festival dell’economia, è stato organizzato un interessante evento al Museo del Risparmio di Torino sul tema dell’incremento delle competenze finanziarie nei confronti dei giovani e non, finalizzato a essere cittadini più consapevoli e, quindi, più liberi nelle proprie scelte. Finalmente, è stata sdoganata l’idea che l’educazione finanziaria sia importante nella vita quotidiana non solo per la gestione delle proprie finanze personali, ma anche per le scelte più consapevoli dei consumatori e dei cittadini in generale. Da parecchi anni, studiosi del mondo accademico quali Anna Maria Lusardi ed Elsa Fornero, si sono adoperati per approfondire queste tematiche. In particolare la professoressa Elsa Fornero – che si interessò in passato alla connessione tra educazione finanziaria e fondi pensione – ha avuto in questo incontro l’opportunità di fare interessanti considerazioni.
In primis, quella riguardante il fatto che le decisioni in campo economico possono talvolta non essere capite o comunque mal interpretate dai cittadini, se non vi sono delle conoscenze finanziare, seppur solo di base, che permettano anche una visione di medio lungo periodo. Sembra banale ricordarlo, ma una regola economica basilare è quella secondo la quale per spendere è necessario avere risorse – quindi qualcuno deve pagare – e se si spendono le risorse in una certa maniera non si possono spendere in altra – quindi sono necessarie scelte che comportano rinunce – e che si spende senza avere le risorse si va incontro a un indebitamento, più o meno gravoso.
Soprattutto questo concetto di base, se trasportato nella sfera pubblica, significa che il debito verrà addossato alle future generazioni, alle quali prima o poi verrà chiesto di pagare il conto. Interessanti considerazioni sono state fatte anche da parte del docente di economia Daniele Previati (autore del testo, datato anni ’80, “Economia del risparmio familiare”), derivanti dalla sua lunga esperienza in campo della ricerca e della didattica. È vero che i giovani sono interessati alla materia dell’educazione finanziaria, ma lo sono in particolare i giovani già con un buon back ground culturale alle spalle e con una buona conoscenza della digitalizzazione, mentre le fasce meno acculturate, purtroppo, non lo sono ancora. Ed è su questo che bisogna riflettere: l’educazione finanziaria potrebbe anche essere un mezzo di inclusione sociale per le fasce più deboli e vulnerabili, come già intuito da parecchie associazioni e dalla Banca d’Italia stessa.
Un grosso passo è stato fatto con l’introduzione nelle scuole dell’obbligo dell’educazione finanziaria nell’ambito dell’educazione civica, ma questo comporta, ovviamente, una preparazione adeguata da parte dei docenti. Una bella notizia, proveniente dalle ricerche del Museo del Risparmio, riguarda il fatto che i giovani e i giovanissimi considerano, correttamente, il denaro come un mezzo per raggiungere i propri obiettivi a breve o medio termine, mentre i meno giovani sono più propensi all’accumulo (sia per la paura di diventare poveri in futuro sia per avere una certa disponibilità per gli anni della vecchiaia che creano incognite).
Una abbastanza singolare diversità di genere, in punto paghetta, risulta dalle ricerche statistiche, tra maschi e femmine. Partendo dal presupposto che le famiglie elargiscono la stessa quantità di denaro alle figlie femmine come ai figli maschi a seconda delle loro disponibilità, è risultata diversa la modalità. Alle femmine, infatti, si danno per lo più i soldi su richiesta – che si suppone esternata in maniera cortese – forse per suggerire alle figlie la compiacenza. Ai maschi, invece, generalmente si dà la paghetta senza richiesta, per la gestione in autonomia del denaro. Ciò comporta, come ovvio, una maggiore indipendenza nel gestire le proprie risorse da parte dei maschi, sin da bambini.
La professoressa Fornero ha confermato, purtroppo, un dato negativo che emerge dalle ricerche accademiche: le donne hanno generalmente una competenza economico finanziaria minore di quella degli uomini. Significativi sono anche i bias linguistici comunemente usati: le metafore dell’ambiente finanziario sono prettamente maschili, facendo riferimento a battaglie, lotte, vittorie (ricordando talvolta anche l’ambiente calcistico). Inoltre è emerso che nei sondaggi le donne rispondono con il “non so” molto più degli uomini e questo denota insicurezza e paura di sbagliare, laddove per tradizione la donna è più soggetta a critiche rispetto all’uomo.
Altro punto molto importante e interessante riguarda la connessione tra obiettivi personali e obiettivi con riflessi sulla società civile. Se si riflette sul fatto che almeno il 50% del nostro benessere dipende da scelte collettive che ci vengono imposte (tassazione, pensioni ect…), risulta chiara la connessione tra interessi pubblici e interessi privati. Ed è per questo che per essere cittadini più “liberi” è necessario comprendere e valutare anche ogni aspetto delle scelte che ci vengono imposte. Se si pensa ad esempio alla sostenibilità – termine ombrello molto usato e di moda – anche generazionale, le scelte attuali avranno effetti sulle generazioni future, in termini economici e finanziari per quanto riguarda ad esempio l’indebitamento, ovvero in termini più materiali per quanto riguarda il clima o l’utilizzo delle risorse del pianeta.
In conclusione, l’educazione finanziaria è un potente strumento educativo, da usarsi nelle scuole da docenti preparati, così come si insegnano le regole base dell’alimentazione e dell’igiene personale. A nessuno, come purtroppo già successo, deve essere permesso di ridicolizzarla con preconcetti diffusi, quali la volgarità o addirittura tirando in ballo concetti religiosi. Oltre alle finalità che possiamo definire “privatistiche” della gestione dell’economia personale (inclusa la possibilità di dialogare in maniera consapevole con gli intermediari finanziari quando propongono gli investimenti) l’educazione finanziaria di base, ha anche una rilevanza che si può definire “pubblica”, laddove (oltre ad essere utile strumento di inclusione per le biodiversità culturali frutto delle immigrazioni), permette un pensiero critico, al di sopra di ogni visione ideologica, in merito alle decisioni che vengono imposte dall’alto e che, volenti o nolenti, incidono sulla vita e sul benessere quotidiano dei cittadini, nell’immediato ma anche e soprattutto in una prospettiva futura. Corretto lanciare il messaggio che l’educazione finanziaria vale bene qualche battaglia?
Liliana Perrone