Non si parli di emergenza per la pandemia, sono trent’anni che la cultura e lo spettacolo sono in emergenza. In fondo l’Italia investe nel Fondo Unico dello Spettacolo lo 0,027% del suo Pil e il 0,6% in tutta la cultura, quando la Germania arriva alo 0,9%, Francia e Spagna all’1,1%.
Da questo virus proviamo a fare prospettiva. Risolvere l’emergenza non serve a niente perché sono 30 anni che parliamo di emergenze: servono investimenti, norme e risorse. Se no, facciamo accademia, facciamo retorica con tanta ipocrisia, esercizi di stile e non andiamo da nessuna parte. Non facciamo altro che sopravvivere e siamo stufi di sopravvivere. Il nostro comparto e gli artisti si meritano di più”.
Queste sono le parole di Filippo Fonsatti, presidente di Federvivo e direttore del Teatro Stabile di Torino. Sono state pronunciate durante l’audizione promossa dal Governo per l’elaborazione del Decreto Ristori. Un intervento che si è diffuso per quanto, oltre l’emergenza, Fonsatti ha portato all’attenzione del Governo in ambito di compensazioni ma non solo.
Il primo punto è stato il controcanto alla frase del premier Giuseppe Conte sugli artisti “che ci fanno divertire”.
Ecco allora al di là di dichiarazioni più o meno naïf improvvisate da parte di tutti gli opinionisti e anche da qualche rappresentante della vostra categoria, a teatro non si viene per intrattenersi o per divertirsi. È una componente una delle tantissime componenti, ma di certo non la prevalente. A teatro si viene per imparare. Appunto, è un processo di formazione di apprendimento: è come una scuola per gli adulti. Il teatro, lo spettacolo dal vivo così ci piace considerarli.
Allora cerchiamo di riscoprire questa funzione di formazione, di presidio culturale permanente, combinata anche ad una funzione di aggregazione sociale. Questo accade più o meno da 3000 anni e quindi è bene non dimenticare le nostre radici per capire che da quelle dobbiamo partire per proiettare una dimensione futura al nostro comparto. Il riconoscimento funzioni pubbliche è fondamentale per legittimare la nostra la nostra presenza e la nostra esistenza.
Oggi ci sono 1500 teatri attivi sul sul territorio italiano sono tanti sono pochi, non lo so. Io so che quando ho iniziato la mia carriera professionale da neodiplomato del conservatorio di Torino esistevano 4 orchestre sinfoniche della Rai oggi ne esiste una e quindi vuol dire che le occasioni di lavoro per un musicista sono nettamente inferiori rispetto a quanto non fossero una trentina d’anni.
Ha affermato Fonsatti.
Questa era la sezione sulla funzione del teatro e dello spettacolo, ma per non limitarsi a vedere il dito e non la luna. Alla funzione occorre far seguire il metodo.
L’altra questione la questione di metodo. Noi abbiamo avuto l’impressione che gli interventi del governo e del parlamento a favore del nostro settore siano stati poderosi, forse come mai prima nella storia in termini di fondi di emergenza anche in termini di introduzione di ammortizzatori sociali e questo non abbiamo alcuna difficoltà a riconoscerlo. Però concedeteci di usare una metafora: questi soldi in molto casi sono stati distribuiti che lanciati dall’elicottero, con dei meccanismi, dei sistemi e dei metodi non condivisi, non trasparenti, assolutamente schizofrenici e improvvisati. Che sono andati in certi casi a premiare e anche il dilettantismo, cioè chi non fa questo di mestiere, e in altri casi sono andati a premiare aziende imprese e istituzioni con già cospicui ristori laddove non ve ne fosse assolutamente alcuna necessità. Quindi noi riteniamo che occorra assolutamente fare una valutazione rispetto al metodo degli ulteriori interventi a sostegno delle imprese, degli acquisti, visto che gli artisti e le maestranze che sono l’oggetto di questa nostra audizione. Uno dei metodi potrebbe essere introduzione criteri che in indicizzino il ristoro alle giornate lavorative, agli oneri che le aziende possono certificare e che garantiscano la continuità di occupazione e reddito, appunto, a tutta la categoria. Non possiamo tollerare che i Ristori vadano a ripianare passività pregresse o a sistemare strutturalmente bilanci traballanti da decenni.
Insomma, per uscire dall’aspetto emergenziale ed estemporaneo occorre tracciare delle regole che, se utili, possono anche sopravvivere dopo l’ondata pandemica. Un discorso tra l’oggi e la storia che, comunque, non ha risparmiato il passaggio sulla “nuova” legge sullo spettacolo dal vivo che “marcisce” in Parlamento dal 2017.
Con prospettiva, regole e investimenti, si può rilanciare un settore e, soprattutto, dare continuità anche a un comparto che rischia anche di depauperarsi di nuovi artisti e nuovi addetti.
Sapete quant’è il Fus? Lo 0,027% del PIL PIL. Siamo alla settima forza economica mondiale e non può esistere. È una vergogna. Dovremmo tutti vergognarci.
Allora portiamo quello 0,027% allo 0,01%: risolveremo tutti i problemi dei lavoratori, degli artisti, delle imprese. E daremo speranza alle decine di migliaia di allievi delle nostre accademie dei nostri conservatori che studiano depressi, frustrati senza prospettiva perché i teatri chiudono, perché le orchestra non esistono più e perché questo paese non offre speranza per una intera generazione di cittadini che può portare creatività, può portare innovazione.