Il genovese Bruno Morchio è uno tra i maggiori giallisti italiani. Meritevolmente, nell’anno appena trascorso si è aggiudicato il Premio Scerbanenco, il top per quanti praticano il genere. Lo ha vinto con il romanzo “La fine è ignota”, edito da Rizzoli. Ma noi parleremo di “Le ombre della sera”, edito da Garzanti, quasi in contemporanea e che ha per sottotitolo, consapevolmente, “Un’indagine senza capo né coda”. Consapevolmente, appunto.

Una scrittura raffinata e sofferta

Perché il romanzo, questo romanzo, caratterizzato – come del resto tutte le opere di questo autore – da una scrittura tanto raffinata quanto sofferta è, sì, un’indagine, ma, appunto, senza capo né coda. Non è una valutazione negativa né, tanto meno casuale. Immagino che prima dell’editore a definire tale questa indagine sia stato l’autore stesso, consapevole che l’indagine sulla quale si impernia il romanzo più che su un reato, più che su un delitto, sia sulla propria coscienza. Quella propria del protagonista del romanzo, s’intende, ovvero l’investigatore seriale di Morchio, Bacci Pagano, non dell’autore. Perché, va detto subito, anche se l’autore lo precisa alla fine del romanzo, la storia criminale su ciò che s’innesta l’indagine è tutta inventata. Complimenti davvero per questa capacità dell’autore di immedesimare la propria coscienza, turbamenti e riflessioni con quelli di un personaggio del tutto immaginario. Tanto da sembrare al lettore che Bacci Pagano sia lo stesso Morchio e che quanto accaduto al primo di terribile e angoscioso sia esperienza del secondo.

Un investigatore con l’esistenza travagliata

Chi ha già letto Morchio e si è imbattuto nel suo detective Bacci Pagano, è al corrente della esistenza travagliata di quest’ultimo: estremista di sinistra, ai margini del terrorismo, accusato ingiustamente di un delitto che non ha commesso, assolto, scompare all’estero per cinque anni, Cuba, Stati Uniti, Africa (c’è qualche rassomiglianza con la vita di Massimo Carlotto), finché, tornato nella sua Genova, apre un’agenzia investigativa privata (anche qui, con qualche affinità con il personaggio carlottiano de l’Alligatore) . Ma non è finita con Bacci. Qualcuno gli spara e dovrà vedersela con il rischio di restare per il resto della vita su una sedia a rotelle. Il perché e il per come sarà materia di altri romanzi di Morchio, i cui titoli l’autore cita in chiusura a riferimento della storia che qui racconta. Ma questo in romanzo la storia assume una valenza particolare: fare chiarezza sulle ombre che hanno inquinato tutta la faccenda che ha generato il casus di cui qui narra.

Ovvero: quello della morte per incidente stradale dell’amico di sempre, Cesare Almansi, suo compagno di scuola e di avventure, poi deputato della Repubblica, proponitore di leggi che poi vengono, come al solito, annacquate in parlamento per gli interessi contrastanti che intervengono nella definizione finale delle stesse e, quindi, un barcamenarsi dell’uomo politico alla meno peggio, cercando di stare sempre dalla parte dei più bisognosi, a dispetto del suo pedigree famigliare di benestante. Però su quest’uomo, Cesare Almansi, grava una pagina oscura, quella dell’omicidio della sua fidanzata di gioventù, del cui reato erano sospettati due amici del tempo, uno dei quali era proprio Bacci Pagano, un sospetto che lo ha tenuto lontano da Almansi per oltre trent’anni e che ora è tornato in superficie. Non più però come accusa o colpa da scontare per Bacci Pagano, la cui l’innocenza appare ormai assodata, bensì perché il vero colpevole di quel lontano delitto non solo è già stato affidato alla giustizia, ma si è anche suicidato anni prima, niente meno che nell’ufficio dello stesso Bacci.

La posta in gioco è la coscienza dell’investigatore

No, la posta in gioco qui è la coscienza dell’investigatore che per anni è stato lontano dal suo migliore amico, e della domanda: se l’incidente nel quale è morto Cesare Almansi sia stato tale oppure un atto deliberato, frutto di una coscienza tormentata da altri segreti che riguardano il rapporto tra lui e Bacci Pagano e quel lontano delitto o, peggio, un delitto premeditato da parte di qualcuno. Conclusione che emergerà solo alla fine e che ci guardiamo bene dal rivelare. Anche perché l’indagine, come ho detto all’inizio, investiga nella coscienza dei protagonisti, ciascuno con la sua responsabilità. Non c’è dubbio che la capacità di Morchio, che nasce del resto dalla sua lunga esperienza di psicologo e psicoterapeuta, stia tutta nella capacità di analisi che l’io narrante fa di se stesso, della sua storia, dei suoi rapporti umani, dei suoi amori e sentimenti, con la bravura però dell’autore genovese di applicarla al suo personaggio di pura invenzione. Anche se molto di personale di Bacci Pagano – sicuramente la visione sociale e le conseguenti idee politiche, così come certi gusti per piatti e vini liguri che compaiono nel corso della narrazione – derivano dal suo autore. Piatti e vini di cui abbiamo accuratamente preso nota.

Diego Zandel

Bruno Morchio, Le ombre della sera, Garzanti, pag. 200, €.17,60,

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