Le Reve Babilonien: Château Grimaldi. La nuova creazione di Enzo Barnabà è insieme un set cinematografico e un’idea di film.
Personaggi principali:
2 medici, inglese e austriaco
1 pittrice americana
1 pittore austriaco
1 scienziato visionario franco-russo
Comparse: inglesi americani austriaci francesi italiani tedeschi ebrei di varie nazionalità e …80 scimmie.
Periodo storico 1860 – 1940 circa.
Contestualizziamo
– 1869 la ferrovia unisce Mentone e la Riviera all’ Europa
– 1878 arriva il tennis a Bordighera, all’epoca colonia inglese: è la nascita del tennis in Italia.
– 1882 la Regina Vittoria viene a passeggio allo Chateau, da Mentone, invitata da Bennet, il suo medico personale.
– 1884 Monet è a Bordighera e Mentone.
Per 80 anni lo Chateau è stato il set cinematografico di una storia alla «Tenera è la notte», e questo è il film che Enzo Barnabà ci restituisce. Il tutto ammantato di cosmopolitismo e di aria francese. Di dolcezza di vivere e di clima dolce: ospiti e serate in giardino e profumi d’Oriente e piante rarissime e scimmie e oranghi e canti di uccelli nelle voliere…e rumore del mare a fare da colonna sonora.
Vita da Chateau: e logicamente parliamo di cucina o di “ haute cuisine” se preferite: la Riviera è un luogo raffinato anche a tavola, e gli chef fanno a gara. Così Voronoff compete con Rossini e si lancia anche lui con il suo filetto. Alla fine l’immortalità che cercava nella medicina e nei trapianti arditi l’ha trovata con un filetto che porta il suo nome… curioso no ?
E ancora: ma che aria tira in questo Chateau?
In fondo Bennet è il ginecologo della Regina, Voronoff è sessuologo… Cosa ci insegna la storia di Chateau Grimaldi ? Il suo genius loci ?nLa risposta – le risposte – nell’ultimo libro “Le Rêve Babilonien” di Enzo Barnabà, edito oggi anche in francese.
E se Monet fosse passato di qui per una partita a tennis o a cricket ?
1 – Château Grimaldi: tutto ha inizio con un giardino d’acclimatazione, una sorta di giardino di Semiramide, il primo sulla Riviera, prima del celebre vicino giardino Hanbury, che forse da qui ha tratto ispirazione… e il suo profumo è quello della Riviera cosmopolita.
Nella Riviera e in quella che non si chiamava ancora Costa Azzurra. James Bennet è il primo a realizzare il rêve babylonien – la creazione di giardini a strapiombo sul mare che, facendo pensare a quelli pensili realizzati da Semiramide, arricchiranno le coste mediterranee nel corso della Belle Époque e permetteranno ai ricchi inglesi di fuggire, per buona parte dell’anno, dalle nebbie d’Albione.
Bennet, oltre ad essere medico (il ginecologo della regina Vittoria, per la precisione) era anche un autorevole botanico che si specializzò nell’arte di ingannare le piante provenienti dall’altro emisfero facendo loro credere che anche da noi, poniamo, a febbraio regnava l’estate e creando dunque giardini che fiorivano tutto l’anno. La presenza di inglesi, russi, tedeschi, francesi del nord, ecc. mutò la natura economica, culturale, oltre che l’aspetto fisico, di una regione che da secoli viveva soprattutto di agricoltura e di pastorizia.
2 – Facciamo un passo indietro, parliamo dei proprietari che si sono susseguiti. Sono stati chiamati, con una felice definizione, “Gli eccentrici Quattro”: chi sono – nel tempo – gli abitanti di questo Château; dicci di loro.
Eccoli:
- Bennet, che nel 1859 si invaghì della “città italiana” di Mentone che due anni dopo passerà alla Francia. Decide di abitarvi sei mesi l’anno ed acquista in territorio italiano, ma a due passi della città, una torre cinquecentesca circondata da tre ettari di terreno pietroso. Piano piano, vi costruisce un vero “eden tra le rocce” di cui è molto fiero e in cui riceve ospiti illustri quali la regina Vittoria o lo scrittore Robert Stevenson.
Abita nella torre che ha fatto restaurare e solo da vecchio, verso il 1885, costruisce lo château che conosciamo. -
Ella Waterman, una miliardaria americana che acquistò nel 1890 la tenuta vivendovi una vita non esente da deliri e colma di attività spiritiche. Uno dei figli venne seppellito nel giardino e con lui la mamma continuò il dialogo tramite un medium.
La figlia Romaine, bravissima ritrattista (tanto da essere definita “cambrioleuse d’âmes”) tradì il culto di Saffo, cui era dedicata, solo con Gabriele D’Annunzio al quale verosimilmente finirono parte dei soldi ricavati dalla successiva vendita della villa, avvenuta nel 1907. -
Sigmund Appenzeller, tra i maggiori protagonisti della società della Riviera dell’epoca. Curava l’imperatrice Sissi. Creò l’immenso sanatorio di Gorbio, accanto a Mentone. Racconta nel suo diario la moglie Inez “Un giorno mio marito a mi portò a Grimaldi a vedere la villa che era stata messa in vendita. Io fui talmente entusiasta di quel paradiso terrestre che gli dissi: Se non me la compri, morrò certamente di crepacuore – e lui: Dato che non voglio che muoia, farò di tutto per comprartela. Pochi mesi dopo, entrammo nella tenuta da proprietari e vi trascorremmo anni belli e felici”.
Il loro figlio Stan fu un bravo pittore a un importate comandante partigiano che guidò un maquis di 800 uomini di molte nazionalità: francesi polacchi, italiani, ecc. -
e infine il chirurgo-ricercatore Serge Voronoff che quando acquistò la proprietà era uno degli uomini più popolari del pianeta. Qualcuno sostenne che ciò che caratterizzava il nuovo secolo fossero “i grattacieli americani e le operazioni di Voronoff”.
Gli scrittori (Svevo, Conan Doyle e Bulgakov, tra i tanti), i giornalisti, i politici e i drammaturghi in quegli anni parlano costantemente di lui. I verbi “voronoffizare/voronoffizer” entrano a far parte del lessico italiano e francese con il significato di “ringiovanire”. Voronoff effettuava degli incredibili trapianti testicolari da scimmia a uomo promettendo sessualità e giovinezza. Il parco si arricchì di un allevamento dove vivevano 80 primati.
3 – Questo Château ha le sue fondamenta nella frontiera, apparentemente fissa ma in realtà flessibile… da un lato Francia dall’altro Italia… La frontiera è un luogo preciso e geografica ma lo Château se ne fa gioco tanto che ci sono due cancelli… Una sorta di frontiera privata. Quindi parlare di frontiera è quasi improprio. E poi quale frontiera? Non certo mentale …
La frontiera esiste per la gente comune, non per gli abitanti della villa.
A Natale gli Appenzeller offrono ai doganieri una cena alla quale partecipa anche la servitù, mentre nelle stanze signorili del primo piano viene ricevuto il direttore della dogana. Quando passa Serge Voronoff, nessun poliziotto gli chiede i documenti, quelli italiani scattano addirittura sull’attenti e lo salutano militarmente.
È lo stesso Voronoff ad aprire due entrate, una prima e l’altra dopo le dogane (che si trovavano ambedue in territorio italiano, all’altezza della tenuta).
Le tonnellate di banane, che in Francia sono molto meno care, con cui nutre le scimmie non pagano il dazio. E non solo le banane, sembra. I massoni di Ventimiglia, visto che Mussolini aveva sciolto la massoneria, andavano a riunirsi nella loggia di Mentone, passando dai due ingressi. E così molti ebrei, perseguitati da Hitler, che cercavano la salvezza in Francia.
4 – Il mito della Riviera prende corpo un po’ anche qui, tra agavi e banani, tra Regine e Imperatrici a passeggio, artisti, medici, scienziati visionari, cuochi e servitù, e arredi e feste e belle époque… Qui il mito della Riviera è il quotidiano.
In effetti. Io, per esempio, preferisco usare il termine “château” perché l’italiano “castello” è un “falso amico” dal momento che evoca l’architettura militare.
Gli châteaux de la Loire sono piuttosto da accostare alle ville venete dove, come qui, si faceva “la vie de château” (locuzione che non possiede un corrispettivo diretto in italiano). Quanto dici, mi fa pensare alla visita di Samuel Cox, un senatore americano cui è dedicato uno square di Manhattan.
Venendo da Mentone, notò che sulla torre sventolava una bandiera americana, segno che Bennet lo stava aspettando: un omaggio agli ospiti d’onore, mutuato dalla marina, che comportava il cambio di bandiera a seconda della loro nazionalità; la bandiera inglese indicava invece la presenza del proprietario. Il giardino apparve all’ospite come “un eden in mezzo alle rocce” in cui Bennet praticava in modo brillante l’arte del dolce far niente. Venne fatto sdraiare su un’amaca mentre il padrone di casa finiva la partita a cricket con una principessa russa. Se non è il paradiso, poco ci manca, vien fatto di pensare.
5 – Amori, sogni fantastici in questo eden, microclima e microcosmo di imprese e di avventure, guerra compresa, come se tutto fosse concentrato tra queste mura…
Le descrizioni del giardino e della villa fatte da giornalisti e visitatori insistono sull’aspetto tropicale e, ai tempi di Voronoff, sulle scimmie che ne sottolineano la coloritura. Si è giustamente parlato di “un luogo singolare e coinvolgente per la varietà e bellezza della sua prorompente natura mediterranea, promotore sul piano estetico-percettivo di un’azione formidabilmente positiva sul corpo e mente”.
Non a caso, tre dei suoi abitanti si occupavano di salute e due riproducevano la bellezza nelle loro tele.
Due genius loci che si intrecciano, insomma.
Oggi, la villa non è visitabile, se non da coloro che conoscono i fortunati possessori degli appartamenti in cui è stata suddivisa o da quei turisti che – immaginando magari di andare a soggiornare nel castello che fu già dei Principi di Monaco – prendono in affitto uno degli alloggi immessi dai proprietari nel circuito dei B&B.
Certo, lo splendore del passato ha perso un po’ del suo smalto, ma il sogno babilonese continua ad abitare nei luoghi. Questo splendore lascia assai indifferenti i tanti africani o pachistani alla ricerca di un passaggio verso il loro paradiso parigino, berlinese o londonese. Respinti dalla polizia francese, bivaccano davanti alla costruzione interrogandosi su come effettuare il nuovo tentativo.
6 – Bennet – il primo proprietario-scopre e fa conoscere Mentone agli inglesi, come Ruffini ha fatto con Bordighera. In fondo le due città appartengono allo stesso golfo: da un lato Cap Martin dall’altro Capo Sant’Ampelio…
Se il “Doctor Antonio” di Giovanni Ruffini (pubblicato a Londra nel 1855) riuscì a catturare la simpatia degli inglesi per la causa dell’Unità d’Italia e per il fascino della costa ligure, “Mentone, the Riviera, Corsica and Biarritz as a winter climates” di Bennet, pubblicato nella stessa città qualche anno dopo, attrasse lo stesso pubblico (e spesso le stesse persone) per motivi sanitari. Bennet pensava che il clima della Riviera fosse il miglior rimedio contro il “mal del secolo” (la tubercolosi), ma non era vero: il cimitero di Mentone è colmo di tombe di giovani inglesi dell’epoca.
7 – Perché il “Sogno babilonese” è stato tradotto in francese?
Si imponeva. Vi parlo di una villa, del suo giardino e dei suoi fortunati abitanti, situata in Italia, a pochi metri dalla frontiera, ma in realtà una enclave francese e cosmopolita che funge da trait-d’union tra i due paesi.
Il libro supera di poco le cento pagine, ma per scriverlo ho dovuto rifarmi a una bibliografia che consta di una trentina di opere (in italiano, francese, inglese, tedesco e polacco), oltre che di documenti inediti tratti da archivi italiani e francesi.
Ho avuto la fortuna di trovare molte immagini d’epoca, anch’esse inedite, che costituiscono magna pars della pubblicazione. È un lavoro di microstoria: parlando della villa, si parla di una vasta zona che va da Sanremo a Cannes. Ho presentato al Ministero italiano della Cultura un progetto che è stato apprezzato: la traduzione francese – da me stesso effettuata – ha potuto vedere la luce presso la Société d’Art et d’Histoire du Mentonnais.
Eraldo Mussa
eralmussa@gmail.com