Gli avvenimenti nell’Est Europa, negli anni ’90/’91, si susseguirono in modo talmente veloce che è difficile riuscire a cogliere i vari passaggi. Sia del crollo dell’impero sovietico sia della nascita dei nuovi Stati indipendenti. Dopo le rivolte democratiche in Polonia, Cecoslovacchia (che di lì a poco si dividerà in due Stati, la Repubblica Ceca e la Slovacchia), Ungheria, Romania, Bulgaria, Albania e Germania Est, della quale abbiamo appena parlato, “la incruenta rivoluzione“, come è stata definita da L’Incontro del settembre 1991, approda  nell’URSS. Lo scontro, all’epoca, tra i progressisti del Presidente Gorbaciov ed i conservatori, già latente da tempo, esplose in tutta la sua forza nell’agosto del 1991. Mentre il Presidente era in vacanza in Crimea, le più alte cariche del Paese diedero vita ad un vero e proprio “colpo di stato”. Ce ne vuole parlare?

Boris Eltsin incita a uno sciopero generale ad oltranza

In effetti nessuno, all’epoca, e forse neppure Gorbaciov, sospettava che sarebbe potuto accadere ciò che avvenne in quei giorni, che fecero tornare la Russia al periodo della Rivoluzione del 1917, con i carri armati schierati attorno al Cremlino ed ai punti nevralgici di Mosca, mentre il “Comitato per lo stato di emergenza“, appena costituito, prendeva il potere politico e militare. Succedeva però l’assoluto imprevisto, rappresentato dalla reazione popolare, che riunì una gran folla davanti alla Casa Bianca di Mosca (il grande edificio costruito all’epoca di Stalin per ospitare il Soviet Supremo Russo).

E, come riferiva L’Incontro, lo stesso “Presidente della Russia, Boris Eltsin, guidò la Resistenza salendo su un’autoblindo e leggendo un appello per uno sciopero generale ad oltranza e per la disobbedienza civile contro “il colpo di Stato della destra reazionaria”. Ben presto un reparto di carri armati passò al campo democratico schierandosi sotto le bandiere tricolori (bianco, rosso, azzurro) della Russia fra le ovazioni della folla, che intanto aveva eretto delle barricate”.

Superato il problema militare, quello politico si rivelò più difficile

Così il “golpe” non durò molto e Gorbaciov ed Eltsin ripresero il pieno controllo della situazione. “Errori, incertezze, paure nelle file degli “avventuristi” e la immediata e fortissima reazione popolare, in altri tempi impensabile, ha soffocato una controrivoluzione, priva di motivazioni costituzionali e di riconoscimenti internazionali“.
Superato il problema militare, quello politico si rivelò molto più difficile da affrontare e risolvere. Il fallimento del comunismo e del suo sistema di potere, mantenuto intatto anche con la forza bruta sia all’interno sia all’esterno per oltre 70 anni, portò non solo allo scioglimento del Partito Comunista e delle sue strutture, ma al crollo dello stesso Stato, data la assoluta coincidenza tra Partito-guida e Stato-padrone.

Il modello politico del comunismo è fallito…

In sostanza, come evidenziava ancora L’Incontro, “il modello sovietico del comunismo è fallito sia nella politica interna, non garantendo alla popolazione un tenore di vita paragonabile a quello occidentale (la crisi alimentare attuale ha altre cause legate alla transizione dall’economia statalista al mercato aperto), sia nella politica estera (l’aggressione all’Ungheria e alla Cecoslovacchia, la guerra imperialista nell’Afghanistan, la tensione con la Cina, ecc). Non riuscendo a stare al passo con altri regimi democratici, in tema di economia, distribuzione dei beni, esercizio dei diritti civili, pratica delle libertà, ecc., il sistema sovietico si è trovato in una condizione di arretratezza aggravata dalle folli spese per gli armamenti sottratte alle esigenze della popolazione”.

La disintegrazione dell’URSS

L’URSS, in pochissimo tempo, si frantumò in una serie di Stati e Staterelli, sorretti da un nazionalismo sfrenato e da tensioni interne interetniche e/o con i Paesi vicini. Questo problema è quello che ancor oggi ci opprime con l’aggressione all’Ucraina?

In effetti mentre L’Incontro del settembre 1991 segnalava lo sviluppo positivo della vicenda con il titolo “SVOLTA DEMOCRATICA E RIFORMATRICE NELL’URSS“, il sottotitolo individuava alcuni dei temi caldi che sarebbero poi esplosi negli anni successivi. “Preoccupano la secessione di alcune repubbliche, il pericolo del nazionalismo russo, la grave crisi economica, il recupero di potere delle chiese“.

Infatti negli anni successivi abbiamo potuto assistere alla creazione di Stati formalmente indipendenti da Mosca, ma in realtà legati ad essa a filo doppio. Il crescere di tensioni etniche sia all’interno della Russia, sia ai suoi confini e forti nazionalismi in tutti questi nuovi Paesi. In realtà, come ho ancora potuto verificare nei miei ultimi viaggi, gli unici progressi si erano verificati nell’economia, nel senso che un sistema più occidentale, di una certa apertura al mercato, aveva contribuito a grandi guadagni per pochi, ma anche ad un notevole miglioramento di vita per molti.

Il ritorno della Chiesa Ortodossa

Ora, per chiudere quì il discorso, non posso non fare cenno alla forte ripresa del potere religioso che, dopo 70 anni di oppressione, di carcere per il clero e, addirittura, di distruzione materiale di molte chiese, è ora ritornato in auge, con chiese affollate e addirittura ricostruite nel medesimo posto ove erano state abbattute. Ciò che ha compreso Putin da molti anni è che il potere politico ed il potere religioso devono marciare uniti e, di conseguenza, la Chiesa Ortodossa è divenuta uno dei pilastri del nuovo Stato.

Alessandro Re

L’immagine di apertura è tratta da https://ilformat.info/

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