Una leggenda della Cina Imperiale è narrata nell’opera lirica “Turandot”, su libretto di Adami e Simoni tratto da una fiaba teatrale di Carlo Gozzi, che Giacomo Puccini lasciò incompiuta morendo a Bruxelles il 24 novembre 1924.
La prima dell’opera in tre atti avvenne a La Scala di Milano
L’opera, diretta da Toscanini, fu per la prima volta rappresentata al Teatro milanese alla Scala il 25 aprile 1926 incompiuta al terzo atto. La sera successiva fu rappresentata nella sua completezza in seguito al lavoro di Franco Alfano, uno degli allievi di Puccini.
L’opera in 3 atti e 4 quadri racconta la vicenda di Turandot, figlia dell’Imperatore, che a Pechino annuncia, in un editto, che sposerà il pretendente di sangue reale che abbia svelato tre difficili indovinelli da lei stessa proposti. Verrà decapitato se non riuscirà a risolverli. Il principe Calaf, innamorato di Turandot, riesce a risolvere i tre enigmi, ma la donna è contraria a concedersi ad uno straniero, nel ricordo del proprio regno invaso dai tartari. Calaf propone una sfida. Se la principessa Turandot prima dell’alba riuscirà a scoprire il suo nome egli le regalerà la sua vita. Turandot ordina ai suoi ministri di scoprire a tutti i costi il nome del principe ignoto.
Un’opera con una grande tensione emotiva
Dopo il suicidio di Liù, che possiede il nome del principe ma non vuole rivelarlo neppure sotto tortura, Turandot e Calaf si incontrano e la principessa annuncia alla folla di conoscere il nome dello straniero: è AMORE. Tra le grida di giubilo della folla la principessa si abbandona finalmente tra le braccia di Calef.
La favola cinese narrata nello spettacolo ha una presa fortissima per la tensione che anima i personaggi. Da Ingela Brimberg (Turandot), Mikheil Sheshaberidze (Calaf), Giuliana Gianfaldoni (Liù) diretti dal maestro Jordì Bernàcer. E insieme al coro di voci bianche, nell’ambito di un allestimento metafisico sul contrasto fra bianco e nero.
Bruno Segre