Il 23 aprile, alla vigilia della festa della Liberazione, la città di Dronero (Cuneo) ha ricordato la figura di Giorgio Bocca, partigiano e giornalista.
Nella piazzetta pedonale del centro storico, l’avv. Bruno Segre, partigiano e giornalista, ospite d’onore, ha inaugurato una targa murata, recante il seguente testo. Piazzetta Giorgio Bocca, Giornalista, Partigiano, Cuneo 1920 – Milano 2011 “La Resistenza è il riscatto politico e civile di una nazione”.
Quindi il Sindaco di Dronero ha letto al pubblico il testo di un lungo messaggio inviato dal noto giornalista Ezio Mauro, che fu amico di Bocca. Erano presenti anche la figlia di Bocca, Nicoletta, e il giornalista sportivo de La Stampa Gianni Romeo.
L’iniziativa di commemorare Bocca, nei giorni dedicati al ricordo della Resistenza, è nata dal periodico mensile della Valle Maira “Dragone” e dal suo direttore Massimo Moretti.
Dopo la cerimonia, il pubblico si è trasferito nel salone sottostante il Teatro Comunale. Qui l’avv. Segre ha rievocato la figura di Giorgio Bocca, nato a Cuneo, educato dal fascismo ad esaltare sui giornali locali il regime. Non senza deplorevoli espressioni antisemite (“la congiura ebraica a cui l’Europa ariana dovrebbe opporsi”, “la denuncia dell’imperialismo sionista”).
Dopo il 25 luglio 1943 Bocca strinse amicizia con Benedetto Dalmastro (futuro fondatore a Torino del club culturale Turati) in contatto con Duccio Galimberti. Si convertì, come altri personaggi. Come l’ex segretario federale fascista di Ancona e volontario in Spagna dalla parte del gen. Franco, il giornalista Davide Laiolo. Mimetizzato con lo pseudonimo Ulisse quale direttore del quotidiano comunista L’Unità. E come l’ex cronista della “Gazzetta del Popolo”, l’ebreo Deodato Foà addetto al servizio del Segretario federale fascista di Torino Gazzotti. Sfuggì nell’ottobre 1944 alle SS italiane venute a casa sua per arrestarlo riuscendo a salvarsi corrompendole con denaro e scapando ad Alba. Lì diresse un giornaletto della Resistenza e poi in Argentina corrispondente dell’Ansa.
Molte conversioni furono quelle religiose
Bocca, dopo l’8 settembre 1943, aderì alla lotta partigiana operando dapprima nella Valle Grana. Nella sede del Comando Zona a Pradleves (Caraglio) l’avv. Segre lo conobbe nel gennaio 1945, entrambi aderenti alla X° Divisione “Giustizia e Libertà”.
Successivamente Bocca si trasferì in Valle Maira, come Commissario politico della 2° Divisione “Giustizia e Libertà” . E nel 1945, responsabile del Tribunale del Popolo, in qualità di giudice, condannò alla fucilazione il famigerato tenente Adriano Adami (Pavan) e altri quattro militari della R.S.I.
Dopo la Liberazione, Bocca a Torino dapprima collaborò al quotidiano “Giustizia e Libertà” (organo del Partito d’Azione) cessato in pochi mesi. E poi alla “Gazzetta del Popolo”. Negli anni sessanta scrisse su L’Europeo, Il Giorno di Milano diretto da Italo Pietra. E fu inviato speciale all’estero sia per la “guerra dei sei giorni” in Israele, sia per le inchieste sulla realtà italiana (disastro del Vajont).
Nel 1976 fu, insieme ad Eugenio Scalfari, tra i fondatori del quotidiano La Repubblica collaborando altresì a L’Espresso, alle reti televisive Fininvest quale opinionista in famose rubriche (su “Canale 5” quella sul terrorismo in Italia nel 1980). Ottenne vari premi per la carriera e per la saggistica (il premio Campione d’Italia, il premio Ilaria Alpi).
Affiancò all’attività giornalistica quella di scrittore occupandosi anzitutto della “Storia della Resistenza” e della “Storia della Repubblica Italiana” . Inoltre pubblicò numerosi libri su Nenni, il bandito Cavallero, Togliatti, Moro, Tobagi, Toni Negri presso gli editori Mondadori, Laterza, Bompiani, Fabbri, Rizzoli, Feltrinelli, Zanichelli, Longanesi.
Negli ultimi decenni della sua vita pronunciò opinioni razziste nei confronti dei meridionali, della mafia, degli omosessuali (Pasolini), di Berlusconi, entrando in polemica con il collega Giampaolo Pansa, promotore di un revisionismo negativo accomunando Resistenza e fascismo.
Bocca – come ha detto Segre – è stato un personaggio antiretorico rappresentativo della società italiana, del laicismo, della cremazione (le sue ceneri furono depositate a La Salle in Val d’Aosta) e del miglior giornalismo nel nostro Paese.