La foto è tratta dal sito dell'Associazione Coscioni https://www.associazionelucacoscioni.it/cosa-facciamo/fine-vita-e-eutanasia tratta dal sito

Il 24 marzo scorso si è tenuto un interessante dibattito in Torino, presso il Polo del ‘900, sul tema, assai delicato ed attuale, del “fine vita“.

Il dibattito, presieduto e moderato dall’Avv. Bruno Segre, testimonianza di una vita, in tutti i sensi, da “resistente”, traeva origine dalla recente sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato inammissibile il referendum proposto dal Partito Radicale e dalla Lega, al fine di procedere alla abrogazione dell’art. 579 del codice penale sull’omicidio del consenziente.

E’ senza fine la legge sul fine vita

In sostanza il quesito si poneva l’obiettivo di depenalizzare l’aiuto che spesso viene dato, anche da personale sanitario, a soggetti che intendono porre fine alla propria vita, spesso ritenuta intollerabile o non degna di essere ulteriormente vissuta a causa di gravissime malattie e/o menomazioni.

Il suicidio non è di per sé punibile. Posto che la decisione di porre fine alla propria vita sia una decisione assolutamente autonoma e non sia stata indotta psicologicamente e/o aiutata materialmente da qualcun altro. Posto inoltre che, in quest’ultimo caso, si può incorrere nel reato previsto dalla norma sopracitata che punisce la condotta di chi aiuta il suicida a commettere tale atto con la pena da 6 a 15 anni di reclusione.

La Corte Costituzionale, con la recente sentenza del 16 febbraio 2022, ha dichiarato inammissibile il referendum, sostenendo che “è inammissibile la richiesta di referendum sull’abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente). Poiché, rendendo lecito l’omicidio di chiunque abbia prestato a tal fine un valido consenso, priva la vita della tutela minima richiesta dalla Costituzione”.

Ed ancora. “Una normativa come quella dell’articolo 579 Cp può essere pertanto modificata e sostituita dal legislatore. Ma non puramente e semplicemente abrogata, senza che ne risulti compromesso il livello minimo di tutela della vita umana richiesto dalla Costituzione”.

Una decisione ancora divisiva

La decisione, come è ovvio, ha nuovamente diviso in due gruppi i cittadini. Coloro che hanno, come la CEI, ritenuto che la pronuncia fosse assolutamente condivisibile, dato che è un diritto la vita, ma non la morte. E chi, al contrario, ha ritenuto che la Corte avrebbe dovuto avere maggior coraggio lasciando che ad esprimersi, in merito, avrebbero dovuto essere i cittadini. Tenendo ancora presente che il Parlamento avrebbe ben potuto poi legiferare nel modo ritenuto più opportuno.

Su queste diverse, se non opposte visioni, sono stati chiamati a confrontarsi due esperti. Il dott. Silvio Viale medico impegnato in battaglie quali quella sull’aborto e ora sul diritto di morire con dignità. Il dottor Luca Rolandi, giornalista ed opinionista su giornali cattolici.

Senza soffermarsi sulle rispettive diverse visioni del problema, è stato interessante notare come entrambi i relatori abbiano posto l’accento, più che sulle critiche o i plausi alla sentenza della Corte Costituzionale, sul progetto di legge sul suicidio assistito che è già stato approvato dalla Camera dei Deputati il 10 marzo scorso e che ora è passato all’esame del Senato.

C’è solo la legge che può regolamentare queste scelte

Sia Viale sia Rolandi hanno infatti convenuto sul principio di metodo. In materie così delicate, quale quella in esame, è solo la legge che può regolamentare la materia. Dato che è a tutti evidente che è ben diverso “lasciar morire” rispetto a “far morire“.

Senza addentrarci nella normativa approvata dalla Camera va osservato come tutti i due partecipanti al dibattito e lo stesso Avv. Segre nelle sue conclusioni, abbiano convenuto sul fatto che vi è ora una maggior sensibilità sul tema del suicidio assistito, dopo i casi clamorosi che si sono avuti negli anni scorsi (da Welbi a Englaro, a Fabo ed altri). Si confida che una tale sensibilità la dimostrino anche i parlamentari adeguando la nostra normativa. Anche in considerazione del fatto che il Senato potrebbe apportarvi modifiche e rinviarla ancora alla Camera. Punto di riferimento sono le Nazioni che già da tempo co sentono che il “morire con dignità per atto medico” sia un diritto della persona. Al di là, come è ovvio, dalle proprie opinioni personali o religiose.

Alessandro Re

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