Pubblichiamo la seconda delle tre parti di un lungo intervento del comunicatore Claudio Maffei sullo stato dell’arte della nostra Umanità. Maffei ha individuato cinque motivi per continuare ad avere fiducia: dalla diminuzione della povertà all’aumento della solidarietà. Maffei ci propone anche otto consigli per guardare il futuro con fiducia. La prima delle tre parti è stata pubblicata lo scorso 15 marzo.
Il secondo motivo per restare positivi nonostante tutto è il miglioramento della salute. Le conquiste della medicina sono state sorprendenti negli ultimi cinquant’anni. Molte malattie, un tempo ritenute mortali o invalidanti, hanno visto aumentare il tasso di guarigione e, in qualche caso, sono state completamente debellate. Basti pensare alla poliomielite, alla tubercolosi, al vaiolo, al morbillo, a molte forme di cancro.
Si riescono a curare pazienti affetti da AIDS e si sono registrate le prime guarigioni perfino da Ebola. La ricerca avanza con risultati impressionanti. Lo abbiamo visto con il Covid, in poco meno di un anno siamo riusciti ad avere un vaccino che ci sta aiutando ad uscire dalla pandemia azzerando diagnosi mortali. Si affinano i metodi di diagnosi, che consentono di prevenire o di curare in tempi sempre più brevi e sempre più indirizzati verso un esito positivo. La durata media della vita è raddoppiata e la mortalità infantile è diminuita notevolmente.
C’è più cultura… il che non guasta mai
C’è più cultura e, parallelamente, si sta sviluppando una maggiore sensibilizzazione verso il rispetto dei diritti umani. E’ vero, in molti Paesi al mondo vige ancora la pena capitale, si commettono ingiustizie e soprusi, vedi la guerra scoppiata in questi giorni in Europa a danno del popolo Ucraino. Ma è pur vero che, sempre di più, le masse sono in grado di mobilitarsi e di combattere pacificamente, perché i diritti umani siano rispettati. Ciò va di pari passo con una maggiore estensione della cultura. Non a caso, i regimi che vogliono mantenere i popoli in una situazione di sudditanza assoluta negano o rendono difficile l’accesso all’istruzione. L’alfabetizzazione, a livello mondiale, è riuscita a passare, negli ultimi cento anni, dal 25% all’80%.
Gli atti violenti esistono, ma un tempo erano così comuni da non fare notizia, da essere accettati come manifestazione normale della natura umana. Ora sappiamo che non è così. L’uomo evoluto non può essere violento, non può basarsi sulla brutalità per far valere i propri diritti. Chi parla alla “pancia” dei cittadini sta cercando di far leva sugli istinti più bassi, sta cercando di togliere libertà e cultura, di far prevalere la forza bruta, l’egoismo, il terrore.
Le conquista dell’Umanità frutto dei movimenti pacifici
Viceversa, tutte le grandi e durature conquiste della storia sono il frutto di movimenti pacifici. La forza della mobilitazione non violenta è ben rappresentata dal movimento di Gandhi e dalle rivolte pacifiche ispirate da Martin Luther King. Bisogna ammettere, d’altra parte, che i grandi progressi avvengono in modo graduale e, forse per questa ragione, non vengono colti così immediatamente.
Ecco cosa sostiene Paulo Freire, premio Unesco 1986 per l’educazione alla pace.
“L’educatore rivoluzionario ha bisogno di essere pazientemente impaziente, per riuscire a distinguere l’ideale dal possibile”. Come sempre, la via del successo è nella ricerca dell’equilibrio tra l’immobilismo, l’accettazione passiva di ciò che accade, e la voglia prorompente di cambiamento. Perché tale equilibrio si realizzi, qualcuno sostiene che sia necessario un percorso interiore, in grado di portarci a far pace con noi stessi, prima che possiamo aprirci agli altri. Avere più umanità per noi stessi.
Personalmente, sono d’accordo con Freire nell’affermare che non possiamo permetterci di aspettare di essere prima in pace con noi stessi. Credo che si debbano fare insieme le due cose: ci si apre agli altri e intanto che ci si riappacifica con se stessi. Il mondo pullula di buone azioni, di comportamenti ispirati all’amore e alla gratuità, nonostante ciò che ci viene propagandato ogni giorno.
L’Umanità a caccia di fake news
Le bugie hanno sempre più le gambe corte. La capillarità dell’informazione, grazie alla rete, non impedisce, a chiunque lo desideri, di far circolare una bufala. Però è vero che la stessa bufala viene immancabilmente scoperta in tempi sempre più brevi. Stiamo passando da una struttura verticistica, che controllava quasi totalmente l’informazione, a una struttura sempre più democratica, dove milioni di persone si scambiano dati e opinioni, diffondendo cultura e informazione sotto varie forme. Basti pensare alla comunità degli sviluppatori e dei manutentori di Linux o a quella che gestisce Wikipedia. I dati possono essere facilmente raccolti, selezionati e confrontati tra loro. E’ sempre più complicato menare per il naso le persone. Le masse, più acculturate, sono sempre più propense a fare scelte etiche e consapevoli.
Aumenta la solidarietà. Non è nemmeno vero che siamo egoisti, ne stiamo dando prova in questi giorni con l’amorevole solidarietà al popolo ucraino. Sono molti i volontari disposti a dare una mano tutte le volte che serve, esistono forme di economia basata sulla gratuità, o meglio, sullo scambio disinteressato di beni e di servizi.
Gli esempi non mancano. Pensiamo ai gruppi di acquisto solidali, ai forum di utenti che si scambiano opinioni e consigli su tutto ciò che è possibile comperare, ai tutorial che pullulano in rete, mostrando, semplicemente e gratuitamente, come si possono realizzare le cose più disparate.
Adam Smith, il padre del liberismo, scriveva che «la somma degli egoismi individuali porta al benessere collettivo».
Economia fondata sulla fiducia negli altri
Questa visione è sempre più messa in discussione. Tanto per citare un esempio, Paul Seabright, professore di economia all’Università di Tolosa, sostiene che tutta l’economia è fondata sulla fiducia negli altri. Le scelte economiche, perciò, non sarebbero frutto di un processo freddo e razionale, basato sul calcolo e motivato da interessi egoistici, tipici del cosiddetto homo oeconomicus. Sarebbero invece frutto di un atto emotivo. Secondo questa chiave di lettura, l’attuale crisi economica potrebbe essere riconsiderata, in definitiva, come una crisi di fiducia. Per uscirne, bisognerebbe soprattutto cambiare gli occhiali e adottare un nuovo modo di approcciare la vita. Un’Umanità diversa. (Continua II)
Claudio Maffei