Damir Grubiša, politologo, professore aggiunto presso l’American University a Roma è stato ambasciatore della Repubblica di Croazia a Roma dal 2012 al 2017. Prima ancora è stato docente di scienze politiche all’Università di Zagabria, oltre che capo di gabinetto del ministero degli esteri croato dopo aver avuto lo stesso incarico presso il ministero degli esteri negli ultimi anni della Jugoslavia. Profondo conoscitore di Machiavelli, Damir Grubiša ha curato e tradotto in croato le opere scelte e “Il principe” del pensatore fiorentino.
Damir Grubiša l’aggressione all’Ucraina crea ansie, se non paure, in tutto il mondo, che guarda al conflitto come alla miccia in grado di accendere il fuoco di una terza guerra mondiale. Da uomo che occupava posti di responsabilità nella ex Jugoslavia al momento dello scoppio della guerra che avrebbe portato alla dissoluzione di quel Paese intravvede la possibilità di un accordo di pace? Che rischi corriamo?
Sono stato testimone oculare, purtroppo, di come si scivola da una situazione di equilibrio precario verso una situazione di conflitto armato. E purtroppo, non ci si accorge quasi mai di ciò che sta accadendo. Ma non è successo solo nella ex-Jugoslavia. In questo modo è iniziata anche la Prima guerra mondiale, nella quale i protagonisti si sono ritrovati come dei sonnambuli nel conflitto mondiale.
Commettiamo sempre gli stessi errori
Lo ha ben analizzato lo storico australiano-inglese Christopher Clark. Gli esseri umani sembra siano condannati a commettere se non gli stessi errori, almeno degli errori molto simili, come ha constatato ancora Niccolo Machiavelli, il padre del “realismo politico”.
In questo caso, i segni premonitori c’erano tutti, ma i politici non hanno saputo ne leggerli ne interpretarli. Partendo da analisti politici conservatori come Henry Kissinger, realisti come John Mearsheimer, o progressisti come Noam Chomsky, che avevano avvertito la possibile degenerazione della situazione Ucraina. E il rischio di una guerra con la Russia. Cosi è stato. Questo conflitto è iniziato come un’aggressione armata alla Ucraina e l’invasione del suo territorio. Purtroppo, nessuno ha saputo leggere i “segni del tempo”, e prevedere, e ancor meno prevenire, la guerra che ne è venuta fuori”, risponde Damir Grubiša .
Le responsabilità della Nato
“La Nato ha alcune responsabilità. Con la sua politica dell’allargamento ha creato una situazione che la Russia ha interpretato come una minaccia alle sue porte. E poi, nella sua politica trionfalistica ha individuato la Russia come nemico, quanto è bastato per frustrare i russi e farli cadere in una paranoia che è manifestata nell’aggressione all’Ucraina“.
E’ giustificato, da parte UE, il ricorso alla fornitura di armi piuttosto che a una incisiva azione diplomatica? Questa decisione appare un atto di forza oppure un segno di debolezza nelle proprie capacità di condurre i contendenti a un accordo di pace?
L’ UE deve essere solidale con l’Ucraina. Deve accettare i profughi, e inviare massicci aiuti umanitari, di viveri, materiale sanitario, medicine, eccetera. Ma mandare armi vorrebbe dire entrare nel conflitto, e qui sta il pericolo di un allargamento del conflitto nelle zone limitrofe all’Ucraina e all’Europa stessa. La decisione di mandare armi è, dunque, una decisione sbagliata. I leader europei sembra stiano perdendo, anche loro, la bussola… E lo si vede dalle sanzioni economiche, che si sono sviluppate in una guerra economica tout court.
I rischi della Russia sono alti
La storia delle relazioni internazionali ci ha finora insegnato che le sanzioni economiche riescono a produrre dei risultati. Ma non quelli ai quali avevano pensato chi le aveva deciso. In molti dei casi, le sanzioni invece di produrre una crepa tra il regime e il popolo, riescono a far compattare i leader, in questo caso autocratici, con il popolo.
Il risultato non sarà un “regime change”, un cambiamento di regime, ma con la propaganda moderna e le tecnologie informatiche riusciranno solo a rafforzare l’autocrazia a l’assolutismo di Putin. E far piombare la Russia nella più nera miseria. Avranno una ripercussione anche in Europa, che subirà anch’essa una crisi economica ed energetica. Inflazione alle stelle, caduta delle borse, e una prevalenza dei populismi, nazionalismi e perfino soluzioni velleitarie e autoritarie.
C’è una via d’uscita per l’immediato Damir Grubiša?
Adesso non è il momento di stabilire la verità storica ne politica. Lo faremo con il “senno di poi”, piuttosto bisogna creare e cercare la pace, pace subito! E qui nasce il problema. La Russia e l’Ucraina stanno, apparentemente, negoziando. Ma non è un negoziato che possa portare a un risultato duraturo, non è un negoziato sincero, ma più che altro una performance propagandistica per la Russia e tragica per l’Ucraina.
Ci vuole la mediazione dei maggiori attori internazionali che in questo momento stanno al di fuori di questo conflitto, ma che possono intervenire attivamente tra i contendenti per creare un compromesso diplomatico. Il che vorrebbe dire salvare migliaia di vite di civili innocenti, vittime di una guerra tecnologicamente moderna, ma mossa da motivi anacronistici. Mi chiedo dove sia l’Onu.
Le Nazioni Unite sono state create non solo per vincere la Seconda guerra mondiale, ma proprio per prevenire la guerra e “produrre” la pace. Dove è il segretario generale, Antonio Guterres? Lui ha il mandato dell’Assemblea Generale, dopo la Risoluzione sulla guerra in Ucraina, approvata da una maggioranza preponderante, con un consenso che definirei storico.
Attiviamo la Carta delle Nazioni Unite
Bisogna mettere in moto il meccanismo dell’Onu, e non solo quello se non vogliamo farle fare la fine della Società delle Nazioni. Nel periodo della guerra fredda è stato fondato il meccanismo dell’ Osce – l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa – che avrebbe dovuto monitorare la messa in vigore degli accordi “Minsk 2” del 2015. Accordi che non sono stati attuati nell’indifferenza di tutti coloro che li hanno firmati, e di quelli che dovevano essere i garanti della loro attuazione. In questo senso, deve essere attivata la Carta delle Nazioni Unite, la Carta di Helsinki.
Tutto ciò non è possibile se non assumono le loro responsabilità anche le super-potenze, l’America e la Cina. Se non si mettono in moto questi fattori, i rischi sono inestimabili. I rischi sono di un’altra guerra che si potrebbe propagare a macchia d’olio, e potrebbe avere anche un esito catastrofico, un Armaggedon nucleare. Ma per mettere in moto questi meccanismi ci serve una grande spinta.
Appello al Papa Francesco e al patriarca Kirill di Mosca
In alcune interviste rilasciate ai quotidiani del suo Paese, la Croazia, suggerisce un intervento personale di Papa Francesco e degli altri capi religiosi perché facciano sentire le ragioni dei popoli che, non per loro volontà, soffrono la guerra.
Si, ho fatto un appello al Papa, ma anche al patriarca Kirill di Mosca, perché le religioni predicano la pace, e questo è un momento cruciale per l’umanità. Devono far sentire la loro voce, perché come dice Erasmo da Rotterdam nella sua “Querela pacis”, se non sono i padri spirituali che predicano la morale e la pace tra gli uomini, chi ci sarà? I politici si sono mostrati carenti di questa sensibilità, e sembra che facciano a gara per essere “intransigenti”, ma non vedono che stanno versando della benzina sul fuoco. È il momento dell’intervento di Irenè, la dea della pace.
La pace è uno stato d’animo
La pace non è solo l’assenza della guerra, ma uno stato d’animo, e se non vediamo il pericolo dove questa guerra può condurre, allora saremmo condannati a ripetere gli sbagli delle precedenti generazioni. Con la prospettiva di non aver più future generazioni alle quali trasmettere l’esperienza e la saggezza umana, perché dopo una guerra nucleare non ci sarà più il genere umano su questa terra. E poi assurdo quello che sta succedendo con l’applicazione delle sanzioni sul mondo della cultura. Come quello che è accaduto alla Bicocca di Milano, dove volevano cancellare un corso su Dostojevskij. E poi, gli artisti come Gherghiev e la soprano Netrebko… Perché anche loro vengono sanzionati?
L’arte e la cultura devono essere indipendenti dalla politica, si sta creando una atmosfera, purtroppo, totalitaria. Chi non è con noi, e contro di noi. Io l’ho vissuto trent’anni fa, quando dei zelanti nazionalisti croati hanno espulso dalle biblioteche pubbliche le opere di autori serbi, solo perché erano serbi. Tutto ciò è assurdo, e pericoloso nello stesso tempo!
Il ruolo dell’Unione Europea nella crisi ucraina
Quali ripercussioni la crisi ucraina potrebbe avere sui paesi dei Balcani occidentali, considerando che vi è il rischio che la Russia li faccia precipitare nel caos? Rischi evidenziati dai premier croato e sloveno, vista anche l’ambiguità della posizione della Serbia combattuta tra la fedeltà a Mosca e l’ambizione di entrare a far parte della UE.
Quello che l’UE potrebbe fare adesso, senza tergiversare, è offrire subito all’Ucraina uno status speciale di membro associato, ma non solo all’Ucraina. Alla Moldavia, che si sente minacciata e vuole entrare a far parte dell’Ue, alla Bosnia e Erzegovina e agli altri paesi dei Balcani Occidentali. Dalla Serbia alla Macedonia, Albania, Montenegro a anche il Kosovo. D’altronde, la Comunità europea aveva proposto questo status alla Jugoslavia, nel 1991, per prevenire la guerra, e la dissoluzione della Jugoslavia nel sangue.
Non si tratta ora di trasgredire i criteri di Copenhagen e Madrid, ma di creare una nuova situazione ad hoc. Garantire a questi paesi il loro futuro europeo, in questo modo mettendo da parte l’attendismo di molti leader europei che avevano deciso di rimandare a data futura gli allargamenti. Come scandivano i cattolici a Papa Woytila: “santo subito”, abbiamo bisogno adesso di accettare un nuovo slogan: Europei subito!
Solo per prevenire altri conflitti, come purtroppo è il rischio ora in Bosnia, e poi, data questa cornice e prospettiva, affrontare i problemi di questi paesi che ambiscono tutti di diventare parte dell’Europa unita. Ma sono dilaniati ancora dai nazionalismi, dalla corruzione e dalla “mala politica”, come usava dire Giovanni Sartori, il quale aveva avvertito che la democrazia non aveva vinto con la caduta di Berlino, ma sarebbe stata una lotta che si sarebbe protratta per tutto il nuovo secolo, questo che stiamo vivendo”, conclude Damir Grubiša.
Diego Zandel