Da qualche settimana ho un cd inserito, fisso, nel lettore dell’auto.
La uso tanto.
Ascolto sempre quello.
Me l’ha consegnato a mani l’Autore, Alessio Lega, e si intitola “Mea”: è dedicato a Ivan Della Mea.
Per chi non ne avesse memoria, ricordo che Ivan Della Mea è stato un importante esponente della canzone politica particolarmente noto (ah, lo spirito dell’epoca!) negli anni ’60 e ’70: classe 1940, è mancato circa dieci anni fa.
Insieme a tante altre persone avevo sostenuto il progetto di realizzazione del cd.
Il disco, realizzato presso il Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo con il sostegno dell’Istituto Ernesto De Martino, vede la partecipazione di musicisti e cantanti in una formazione variabile dagli ampi confini geografici e anagrafici.
Il nome di questa anomala formazione è “Canzoniere della Rivolta”, ma tranquilli, niente di accigliato, minaccioso o ingrugnito.
Stando a quanto si legge nel cofanetto e ai video che si possono trovare online l’atmosfera è di allegra creatività e tra me e me ho pensato: “peccato non esser stato lì con loro”.
Alessio Lega ha scritto anche una documentata e interessante biografia di Ivan Della Mea, intitolata: “La nave dei folli, vita e canti di Ivan Della Mea” (edizioni Agenzia X), sulla quale mi riprometto di tornare con un altro articolo.
Della Mea ha cantato di periferia ed emarginati, di lotte e di illusioni.
La sua canzone più famosa è “O cara moglie”: una storia di sciopero, picchetto, crumiraggio e licenziamento.
È stata scritta nel 1965, quindi in epoca precedente non solo allo Statuto dei Lavoratori del 1970, ma anche alla L. 604/1966.
A quei tempi la Costituzione non era ancora “vivente”, era ancora “dormiente”.
La registrazione della canzone inserita nel cd è stata realizzata in regime di distanziamento: la prima strofa, nel disco, è cantata dall’inconfondibile Paolo Pietrangeli.
La seconda strofa ha la voce di Giovanna Marini (una “ragazza” classe 1937) e poi via via si intrecciano, si sgranano e si ricompongono le altre voci.
Nel disco (che consiste di sedici brani) è inserita anche “La nave dei folli”, visionario progetto politico di emancipazione di una classe subalterna che si paragona a “cani rimasti bastardi tra mille carezze”.
In “Rosso un fiore” l’utopia resiste pur ammaccata dalla realtà dei fatti.
Geniale “Il Capitano”, che in un certo senso conclude il discorso de “La nave dei folli” e di “Rosso un fiore” con un commiato dalla politica e forse anche dalla vita: splendido il coro, delicata filigrana in controluce.
Sono inserite anche cinque canzoni in dialetto milanese.
È raro ormai sentirlo parlare.
Ho trovato davvero folgorante “A quel omm” nella splendida esecuzione di Silvia Malagugini.
Nel cofanetto si legge che fu scritta nel 1965 e dedicata ad Elio Vittorini, solitario nella notte sui Navigli, piegato dalla malattia e disperato per la morte del figlio. Brividi.
”Il Mea” è scritta da Alessio Lega e cantata da Paolo Pietrangeli che nel parlato improvvisa aneddoti e alla fine raccomanda al “Mea” di aspettarlo da qualche parte, dopo la vita, per cantare ancora insieme.
Pietrangeli è mancato poche settimane fa: saranno su a cantare.
“Ballata per l’Ardizzone” racconta del primo morto in piazza a Milano negli anni ’60, per la precisione nel 1962 a due passi dal Duomo: Giovanni Ardizzone, studente universitario, travolto dai caroselli dei mezzi della Celere per disperdere i manifestanti, come accadrà ancora a Giannino Zibecchi nel 1975.
C’erano già stati i morti di Reggio Emilia nel 1960, gli scontri di Genova, i fatti di Piazza Statuto a Torino pochi mesi prima della morte di Ardizzone.
Ben salda, quindi, nel rincorrersi della memoria, l’asse Milano-Torino: nel parlato, inserito nel cd, Giovanna Marini racconta che “O cara moglie” fu improvvisata lì per lì in italiano davanti ai cancelli della Fiat dove “il Mea” cantava per gli scioperanti.
E cantava in dialetto milanese… Proviamo a immaginarlo.
Claudio Zucchellini