Il 30 agosto 1821 a Laguna, Brasile, nasce Ana Maria de Jesus de Ribeiro da Silva, chiamata affettuosamente Anita da Garibaldi. È non solo la sua prima moglie, ma anche la sua compagna di lotta, avendo combattuto insieme, per due anni, dal 1839 al 1941, nella difesa della Repubblica del Rio Grande do Sul, costituita nel 1836, per la quale Garibaldi si è speso fin dall’inizio. 

Il 30 agosto 1835 (giorno del suo 15° compleanno) Anita è costretta dalla madre Maria Antonia Antunes (il padre Bento è deceduto l’anno precedente) a sposare Manuel Duarte, calzolaio e pescatore, molto più grande di lei. In quell’anno scoppia nella provincia del Rio Grande do Sul la rivolta Farroupilha (la Rivolta degli straccioni) contro l’Impero brasiliano (nato nel 1822 con l’indipendenza dal Portogallo), che nel 1936 diventa la Repubblica Riograndense. 

Nel luglio 1839 Anita e Giuseppe si conoscono a Laguna, appena liberata dai patrioti repubblicani guidati da Garibaldi. È un colpo di fulmine. I due dopo pochi giorni decidono di vivere insieme. Questa decisione testimonia il carattere risoluto di Anita, che lascia il marito. Inoltre partecipa attivamente alla guerra per la difesa della Repubblica Riograndese insieme con Garibaldi, combattendo valorosamente. In particolare, all’inizio del 1840 cade prigioniera nella battaglia di Curitinabos, ma riesce a scappare a cavallo dall’accampamento nemico. In seguito, il 28 settembre 1840 la casa di Mostardas, in cui si trova Anita, è circondata dai nemici. Lei, senza perdersi d’animo e dimostrando grande coraggio, riesce a sottrarsi alla cattura, fuggendo a cavallo, tenendo in braccio il piccolissimo figlio Domenico Menotti, di appena 12 giorni. Si nasconde nei boschi, dove è trovata dopo quattro giorni da Garibaldi. 

Nel 1841 Garibaldi si trasferisce con Anita e il figlio a Montevideo (Uruguay), dove  impartisce lezioni di lingua francese e di matematica per mantenere la famiglia. Qui nascono gli altri 3 figli: Rosita, nata nel 1843 e morta di vaiolo ad appena due anni; Teresita, nata nel 1845 e Ricciotti, nato nel 1847.

Nel marzo 1848 Anita con i tre figli arriva in Italia. Sbarca a Genova, dove è accolta da una grande folla festante, e poi si trasferisce a Nizza, dove è raggiunta dal marito alcuni mesi dopo. Cresce rapidamente il mito di Anita “rivoluzionaria”, accanto a quello di Garibaldi “Eroe dei due Mondi”. Anita inoltre è molto ammirata (quasi idolatrata) dalle donne del popolo, che vedono in lei l’eroina che incarna i loro sogni di “indipendenza”, prima dalla famiglia di origine e poi dal marito, che in genere non è scelto dato che la maggior parte dei matrimoni sono “combinati” o imposti dal capofamiglia, come era stato quello di Anita con l’anziano Miguel.   

Il 9 febbraio 1849 è proclamata a Roma la Repubblica Romana. Garibaldi decide di venire nella Città Eterna per difendere la Repubblica, minacciata dalle truppe francesi, austriache, borboniche e spagnole, dato che le quattro potenze europee  vogliono restaurare il potere temporale di papa Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti), che la sera del 24 novembre era fuggito dalla sua residenza del Quirinale, vestito da semplice prete, con la carrozza dell’ambasciatore di Baviera presso lo Stato Pontificio, e si era rifugiato a Gaeta, ospite del re di Napoli Ferdinando II di Borbone.

Anita raggiunge a Roma il marito nel mese di giugno benché non stia bene in salute ed è incinta del quinto figlio, perché vuole stargli vicino in quella nuova avventura rivoluzionaria, come ha fatto in Brasile con la Repubblica Riograndense.

Il 4 luglio 1849 i francesi entrano in Roma e la Repubblica finisce. Garibaldi ed Anita lasciano la città con alcune migliaia di patrioti per andare a Venezia, in soccorso della  Repubblica di San Marco, guidata da Daniele Manin, che ancora resiste agli austriaci (purtroppo cadrà dopo poche settimane, il 22 agosto).

Durante il viaggio, il gruppo dei patrioti si assottiglia di continuo, ma Garibaldi e Anita continuano il viaggio verso Venezia con poche decine di patrioti, inseguiti dagli Austriaci. Anita sta sempre più male e il 4 agosto 1849 muore nella fattoria della villa del conte Guiccioli a Mandriole, una piccola frazione di Ravenna, a soli 28 anni. Il suo corpo è sepolto frettolosamente perché i soldati  austriaci sono vicini e Garibaldi con i pochissimi patrioti romani rimasti con lui rischiano di essere catturati e fucilati sul posto, come è accaduto a molti di loro. Una decina di giorni dopo il suo corpo è scoperto casualmente da alcuni ragazzi e sepolto, dopo l’autopsia, che ne accerta la identità, nel piccolo cimitero di Mandriole.

Nel novembre 1859 i resti di Anita sono tumulati, per volontà di Garibaldi, nella cappella del castello cittadino di Nizza.

Nel dicembre 1931 i suoi resti sono trasferiti, per volontà di Mussolini, capo del Governo dal 30 ottobre 1922, in territorio italiano (Nizza dal 1860 appartiene alla Francia), nel cimitero di Staglieno, alla periferia di Genova, dove sono sepolti molti eroi del Risorgimento, compreso Giuseppe Mazzini e Stefano Canzio, l’ufficiale garibaldino che il 25 maggio 1861 ha sposato Teresita, la figlia di Garibaldi, dalla quale ha avuto ben 16 figli.

Il 4 giugno 1932, nell’ambito delle celebrazioni  per il cinquantennale della morte di Garibaldi, i resti di Anita sono tumulati alla base del monumento equestre in bronzo, su basamento di marmo, realizzato dallo scultore Mario Rutelli (bisnonno di Francesco Rutelli, sindaco di Roma dal 1993 al 2001) sul Gianicolo. Il monumento  rappresenta la rocambolesca fuga di Anita dalla sua casa di Mostardas, in Brasile. Infatti è raffigurata in sella ad un cavallo scalpitante, mentre regge nella mano sinistra il piccolissimo figlio Menotti, di appena 12 giorni, e impugna nella mano destra una pistola. È un monumento affascinante, che esalta il mito di Anita guerrigliera, come in effetti ella fu, a fianco del marito, in Brasile.  

Il monumento di Anita è ubicato a poco più di un centinaio di metri dal grande monumento equestre di Garibaldi, realizzato nel 1895 sul Piazzale del Gianicolo, su progetto dello scultore Emilio Gallori, per il 25le dell’unione di Roma all’Italia, in seguito alla presa di Porta Pia del XX settembre 1870. Peraltro nel 1895 il XX settembre divenne, con apposita legge, Festa Nazionale, che rimase in vigore fino al 1930 quando fu sostituita dall’11 febbraio, anniversario della firma, nel 1929, dei Patti Lateranensi, che posero fine alla “Questione romana”, firmati da Mussolini, capo del Governo, e dal Cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato (capo del Governo pontificio) di Pio XI (Achille Ratti).

Perché il monumento funebre di Anita è stato voluto da Mussolini sul Gianicolo? Sicuramente perché è il luogo simbolico nel quale ci sono i busti dei patrioti caduti nella difesa della Repubblica Romana del 1849, alla quale Anita ha partecipato, seppure senza combatter per le sue condizioni di salute, ma stando vicina al marito, consigliandolo e soprattutto confortandolo nei momenti di sconforto per la situazione difficile in cui si trovava la Repubblica, nel giugno 1849, in seguito ai continui attacchi dei soldati francesi alle mure cittadine sul Gianicolo, difese da Garibaldi.

Probabilmente il monumento ad Anita è stato voluto da Mussolini sul Gianicolo per riconciliarsi con coloro che si ispiravano ai valori risorgimentali e che  lo avevano duramente criticato per aver sottoscritto i Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929 con il Vaticano. Pertanto il monumento rappresenta anche la “pacificazione” con il Papato. Infatti, in questo modo la grande statua di Garibaldi sul Gianicolo, che ha lo sguardo rivolto a sinistra, verso la cupola della Basilica di San Pietro, simbolo del potere temporale del Papa,  non sembra più guardare la Cattedrale della Cristianità, ma il monumento della sua amatissima moglie e compagna di lotta, che sta proprio alla sua sinistra.

Tutto questo giustifica la collocazione del monumento di Anita  in quel posto preciso del Gianicolo, ma non la tumulazione in esso dei suoi resti mortali. 

Perché questi non sono stati collocati nel Famedio Garibaldino dell’isola di Caprera (Sardegna), di proprietà dello Stato Italiano, diventato Museo nel 1978?  Eppure accanto alla tomba di Garibaldi ce ne sono altre cinque: quella di Francesca Armosino, la terza moglie, sposata nel 1880 (dopo lo scioglimento del secondo matrimonio, celebrato nel 1860 con la marchesa Giuseppina Raimondi, ripudiata per infedeltà subito dopo le nozze); quelle di Manlio e Clelia, due dei loro tre figli (Rosa, era morta nel 1871 a soli due anni); quella di Anna Maria  (la figlia naturale avuta dalla governante nizzarda Battistina Ravello), chiamata affettuosamente Anita da Garibaldi in memoria della prima moglie, nata nel 1859 e morta nel 1875; quella della amata figlia Teresita, morta nel 1903, che è l’unica dei figli avuti da Anita che riposa accanto al Padre. 

Probabilmente l’ultima moglie e la figlia Clelia (morta novantenne nel 1959) non hanno voluto che accanto a Garibaldi riposasse anche Anita, che pure era la prima moglie. Comunque credo che ora, essendo passati oltre sessanta anni dalla morte di Clelia, si possa “rimediare” a quel comportamento ingiustificabile. 

Infatti sono fermamente convinto che la collocazione naturale dei resti di Anita sia a Caprera, accanto a Garibaldi, perché lei non solo è stata la sua amatissima prima moglie, ma perché ha condiviso con lui la passione politica e l’impegno militante per la lotta per la libertà dei popoli e la difficoltà della vita in esilio, lontano dall’Italia.

Pertanto sono fermamente sicuro che Garibaldi avrebbe voluto avere vicino alla sua tomba quella della sua amatissima compagna di vita e di lotta

Sono anche sicuro che gli italiani sarebbero d’accordo a riunire Anita a Garibaldi.  

Credo peraltro che questo anno, in cui ricorre il bicentenario della nascita di Anita (nata il 30 agosto 1821), sia l’occasione giusta per lanciar questa proposta, che potrebbe essere realizzata il 2 giugno del prossimo anno, in occasione delle celebrazioni per il 140le della morte di Garibaldi. 

Giorgio Giannini

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