Per noi è la disfatta per antonomasia, come tale indicata nel linguaggio comune.
Oggi Caporetto è un lindo paesino, case ordinate, balconi fioriti in una valle verdissima. La Valle dell’Isonzo (“Soca”) con le sue acque meravigliosamente cristalline che assumono un bellissimo colore verde-azzurro nelle varie pozze ben visibili costeggiandolo.
Sembra di essere in Alto Adige.
Ci sono andato due volte, una prima e l’altra (immancabilmente) dopo aver letto il bellissimo libro di Barbero.
Poco sopra il Paese l’Ossario italiano e di fianco un piccolo museo di Storia militare locale con reperti davvero significativi che giungono fino all’epoca della Guerra che ha disintegrato la Jugoslavia.
La prima volta, appena dopo aver parcheggiato la vettura, ho sentito nell’aria un canto ben noto.
Sì, era proprio “Signore delle cime”: l’ho seguito e mi sono ritrovato al cospetto di una cerimonia rievocativa in prossimità della palazzina che ospita il Museo sulla Prima Guerra Mondiale.
Era il 19 ottobre 2017.
Paolo Rumiz presentava la sua opera sul Cammino di Rommel.
Il Museo è una tappa obbligata: ricchissimo di reperti e molto ben organizzato.
In una sala c’è un grande plastico dell’amplissimo campo di battaglia, dal Monte Nero e dal Monte Rosso che si trovano ad est e proprio sopra Caporetto ad oltre il Kolovrat e il Matajur, che si trovano ad ovest dall’altra parte della Valle.
Le luci colorate che contraddistinguono le Forze austrungariche e tedesche da quelle italiane raccontano ora per ora l’andamento della Battaglia.
Le une si espandono e le altre arretrano, via via sospinte, sopraffatte, fagocitate.
Ricordo con piacere anche il ricco rinfresco organizzato per l’occasione dalle Autorità locali.
Lo ricordo bene anche perché lì ho conosciuto il Goulash sloveno, che prevede anche la salsiccia: mi ha subito convinto.
Da allora in casa mia solo Goulash sloveno.
Di fianco al Museo la sede della Fondazione Pot Miru (“Sentiero di Pace”). Sono stato stupido a non comprarne la felpa.
A pochi passi fuori dal Paese verso sud est il “Ponte Napoleone” in pietra con uno scorcio bellissimo sul fiume: ponte costruito, distrutto, poi ricostruito, poi ridistrutto. E poi ricostruito.
Ogni guerra lo distrugge e ogni dopoguerra lo ricostruisce.
Distruttori di ponti e costruttori di ponti.
Dalle alture sopra Caporetto un tenentino di artiglieria tedesco con binocolo, taccuino e goniometro aveva osservato le linee di difesa e comunicazione italiane studiandone la posizione e la quantità di colpi di artiglieria necessari per scompaginarle in previsione dell’assalto.
Ho letto che nelle stesse ore, negli stessi giorni era in corso una campagna di propaganda per galvanizzare le nostre truppe: Marinetti le arringava paragonando le nostre bombarde al sesso maschile.
Per quella volta ha avuto ragione il tenentino.
Ma non disperiamo.
Sorrido. Nel supermercatino ho comprato e poi gustato con soddisfazione salumi e carni affumicate, vino Teran e amaro Pelinkovach.
Claudio Zucchellini