Il primo novembre 1954 il Fronte di Liberazione Nazionale (Fln), costituito per ottenere l’indipendenza dell’Algeria dalla Francia, attacca in tutto il Paese vari obiettivi militari  francesi, dando inizio alla cosiddetta “guerra di Algeria”.  

Da una radio del Cairo il Fln emana un comunicato con il quale esorta il popolo algerino ad insorgere per la “restaurazione dello Stato algerino, sovrano, democratico e sociale, all’interno dei principi dell’Islam e per il rispetto di tutte e libertà fondamentali senza distinzioni di razza e di religione”. Il ministro dell’Interno francese, il giovane François Mitterand (poi diventato presidente) afferma che “la ribellione algerina” si può risolvere solo con la guerra.  

Il 12 novembre il Primo Ministro francese Pierre Mendès-France pronuncia all’Assemblea Nazionale un duro discorso, affermando: “non si può giungere a compromessi quando si tratta di difendere la pace interna della nazione, l’unità e l’integrità della Repubblica. I dipartimenti algerini sono parte della Repubblica Francese. Sono francesi da lungo tempo e sono irrevocabilmente francesi […] tra loro e la Francia non è concepibile alcune secessione”.

Il 20 agosto 1955 il Fln  organizza l’insurrezione contro i francesi in 28 centri abitati della regione di Costantina (la terza città più importante dell’Algeria). La repressione da parte dell’esercito francese e dei coloni francesi organizzati in milizie armate, è brutale. Il governo francese conferma l’uccisione di circa 1.200 “ribelli”, ma secondo  il Fln le vittime sono almeno 12.000, in gran parte civili inermi.  Dopo questa insurrezione popolare la guerra si allarga e diventa cruenta. Il nuovo governatore dell’Algeria, Robert Lacoste scioglie l’Assemblea algerina (il Parlamento locale) e concede  poteri eccezionali all’esercito e alla polizia.

Il 20 agosto 1956 il Fln organizza a Ifri-Ouzellaguen, una  località berbera nella valle della Soummam, un congresso che elabora il programma politico e militare (detto Piattaforma della Soummam). 

La repressione dell’attività del Fln si intensifica, perché la Francia, dopo aver perso  l’Indocina (che era Protettorato francese dal 1883) con la Conferenza di Pace di Ginevra del 12 luglio 1954, dopo 8 anni di guerra, non vuole perdere l’Algeria, che possiede dal 1830 (è stata la prima colonia francese in Africa) e che fa parte del Territorio Metropolitano, dove vivono oltre un milione di francesi (il 15% della popolazione algerina), in gran parte agricoltori, detti pieds noirs (piedi neri).  

Brutale è la repressione della cosiddetta “battaglia di Algeri” (una serie di attentati,  promossi dal Fln, che si susseguono nella capitale algerina dal 30 settembre 1956), attuata nel gennaio 1957 dal generale Massu, comandante della 10a Divisione paracadutisti, utilizzando anche la tortura, che suscita vivo sdegno non solo a livello internazionale ma anche nell’opinione pubblica progressista francese.

Il 28 gennaio 1957, in coincidenza con il dibattito sull’Algeria all’Assemblea delle Nazioni Unite a New York, il Fln proclama lo sciopero generale. Nella primavera anche l’attività armata si intensifica, con  molte centinaia di operazioni al mese.  

Per contrastare l’attività del Fln, la Francia è costretta ad impiegare in Algeria un numero crescente di militari, che arrivano a circa 250.000 (in Indocina erano circa 100.000), la maggior parte di leva, più circa 170.000 militari arruolati in Algeria, in  maggioranza volontari. Inoltre ci sono circa 150.000 algerini mussulmani filo-francesi (chiamati harkis), addestrati nella contro guerriglia per contrastare le attività dei militanti dell’Armata di Liberazione Nazionale-Aln (il braccio armato del Fln). 

Pertanto la guerra diventa sempre più dura, come la repressione attuata dai militari francesi nei confronti della popolazione algerina, accusata di sostenere la resistenza armata della Aln. 

Per debellare la resistenza, nel 1957 il generale Raoul Salan, comandante delle truppe francesi in Algeria, decide di adottare la strategia, già usata dai generali italiani Pietro Badoglio e Rodolfo Graziani in Cirenaica (Libia) nel 1930 per debellare la decennale resistenza guidata dal leader senussita Omar Al-Mukhtar, di deportare gli abitanti di centinaia di villaggi delle zone rurali e montagnose, dove maggiore è l’attività delle formazioni armate della Aln, in appositi “campi di sfollamento”, sorvegliati dai militari, per impedire la collaborazione della popolazione con i militanti del Fln. Questo “programma di sfollamento”, che dura fino al 1960, coinvolge circa due milioni di algerini, su una popolazione di 6 milioni e mezzo di abitanti, che hanno grosse difficoltà a ricostruire le proprie abitudini di vita. Alcuni alti ufficiali e funzionari francesi si  rifiutano di partecipare al “programma” ed altri si dimettono per protesta, come il generale Jacques Paris de Bollardière ed il Capo della Polizia di Algeri.

Il generale Salan fa anche costruire, al confine con la Tunisia, per evitare l’arrivo di armamenti ai miliziani algerini, uno sbarramento di circa 320 km, chiamato Linea Morice, costituito da rete elettrificata, filo spinato e campi minati.

Nel 1958 il Fln decide di portare l’attività armata in Francia, compiendo attentati di   vario tipo. Questa nuova situazione ed il prolungarsi della guerra fa avviare nell’opinione pubblica francese un vivace dibattito sull’opportunità di concedere l’indipendenza all’Algeria (ed anche alle altre colonie). 

Nella primavera 1958 il governatore dell’Algeria Jacques Soustelle organizza, con la  complicità dei coloni conservatori e dei militari, un colpo di stato ed una Giunta militare, guidata dal generale Massu, assume il potere ad Algeri il 13 maggio. 

Il generale Salan assume la guida di un Comitato di Salute Pubblica, che sostituisce le autorità civili ed appoggia la giunta militare e che chiede al presidente francese René Coty di pregare il generale de Gaulle, eroe della Resistenza all’occupazione nazista, di formare un governo di unione nazionale, con poteri straordinari, per non abbandonare l’Algeria.  Per forzare la mano al governo di Parigi, il 24 maggio reparti di paracadutisti francesi partiti dall’Algeria prendono possesso pacificamente della Corsica. Si minaccia di fare un colpo di stato a Parigi nei giorni seguenti. Così il 20 maggio l’Assemblea Nazionale elegge De Gaulle capo del nuovo governo, che fa approvare nel mese di ottobre una nuova Costituzione, che affida maggiori poteri al capo dello Stato e riconosce all’Algeria lo status di “territorio associato” alla Francia, cioè autonomo, nella speranza di evitare l’indipendenza. Inizia così la cosiddetta Quinta Repubblica. De Gaulle è eletto presidente nel febbraio 1959.

Nel dicembre 1960 ci sono nuove ed imponenti manifestazioni popolari di protesta attuate dagli algerini nelle principali città,  in coincidenza dell’arrivo in Algeria di De Gaulle e del nuovo dibattito alle Nazioni Unite sulla “questione algerina”. 

Pertanto il governo francese conservatore, guidato da De Gaulle e dal primo ministro Michel Debré, avendo capito che il problema dell’Algeria non si può risolvere militarmente, con la guerra, che dura da più di 6 anni, decide di far svolgere in Algeria un referendum sull’autodeterminazione, che si tiene l’8 gennaio 1961 con una affluenza alle urne massiccia (oltre il 92%) e che vede la vittoria schiacciante dei favorevoli (oltre il 75%). Pertanto il governo francese decide nell’aprile 1961 di avviare trattative con il Governo provvisorio della Repubblica algerina – Gpra (il braccio politico del Fln) per arrivare alla tregua nella guerra. Questa decisione del governo non è accettata da quattro alti generali in pensione (Raoul Salan, Maurice Challe, Edmond Jouhaud, André Zeller), appoggiati dagli ambienti politici conservatori e da vari altri ufficiali, che sono fermamente contrari all’indipendenza dell’Algeria, i quali quindi organizzano un colpo di stato per prendere il potere sia in Algeria ed anche in Francia.

Così nella notte tra il 21 ed il 22 aprile 1961 il 1° Reggimento Paracadutisti Esteri-Rep, guidato dal colonnello Hèlie de Saint-Marc, in appena tre ore assume il controllo di tutti i centri strategici di Algeri, compreso l’aeroporto. Partecipano al golpe anche altri reparti militari, soprattutto di paracadutisti. Vengono arrestati il  Governatore francese dell’Algeria, Jean Morin, il Ministro dei Lavori Pubblici Robert Buron, che si trova in visita in Algeria, il generale Gambiez, comandante delle truppe francesi in Algeria, e varie altre autorità locali, civili e militari.

La notizia del golpe arriva subito in Francia. Il presidente De Gaulle si trova nel teatro della Comédie-Francaise, dove è informato da Jacques Foccart, segretario generale per gli Affari africani e suo stretto collaboratore. Viene allestita subito in una stanza del teatro una unità di crisi anche con il direttore della Sureté nationale (Sicurezza Nazionale, cioè i servizi segreti) ed il capo della polizia di Parigi.  

Alle 6,20 di sabato 22 aprile il generale Challe legge alla radio di Algeri il seguente proclama: “L’esercito si è assicurato il controllo del territorio algerino-sahariano. Un governo rinunciatario (quello di Debré – nda) si appresta a consegnare i Dipartimenti di Algeria alla ribellione (al Fln – nda). Volete che Mers-el-Kebir ed Algeri diventino domani delle basi sovietiche? L’esercito non verrà meno alla sua missione e gli ordini che io vi do non avranno altro scopo”.

Il golpe però è stato organizzato male dai congiurati, che hanno confidato molto nella   ubbidienza dei comandanti locali, che invece non partecipano al golpe o si ritirano. In particolare, il generale De Puilly, comandante della zona militare di Orano,  rifiuta di partecipare al golpe, malgrado le numerose “pressioni” ricevute, come il generale Philippe Ginestet, comandante della 13a Divisione Leggera di Fanteria e della Legione straniera. Invece, il generale Gouraud, comandante della zona di Costantina, ritira la sua adesione al golpe. 

Anche la Marina militare e l’Aviazione rifiutano di collaborare.

In questo modo i comandanti ed i reparti che non partecipano al putsch, creano seri problemi ai golpisti. Infatti anche se non c’è una opposizione aperta al golpe, non c’è neppure una adesione sicura.

Alle 13,30 del 22 aprile il Primo Ministro francese Debrè si rivolge al Paese dicendo: “Il governo è deciso a far rispettare la volontà della nazione (che si è espressa a favore dell’autodeterminazione dell’Algeria nel referendum dell’8 gennaio – nda) Scongiuro quanti hanno una responsabilità, di ordine politico, militare, amministrativo, religioso  o sociale, a non impegnarsi  in un’avventura che può avere  per la nazione solo tragiche conseguenze”.

Alle ore 17 del 22 aprile si riunisce a Parigi il Consiglio dei Ministri, nel quale De Gaulle minimizza la portata del golpe, che è fatto da “quattro generali in pensione”. Pertanto ritiene che la situazione non sia grave, ma chiede al Governo di proclamare lo stato di emergenza, anche perché si teme a Parigi uno sbarco di militari aviotrasportati dall’Algeria per occupare le sedi delle istituzioni nazionali: l’Eliseo, residenza del presidente della Repubblica; l’Assemblea nazionale; l’Hotel Matignon, sede del Governo; la tv e la radio. Al riguardo il ministro dell’Interno Roger Frey comunica in Consiglio dei Ministri che è stato scoperto un complotto da parte di generali e di prefetti in Francia. Infatti durante la notte tra il 21 ed il 22 aprile, alcune migliaia di civili armati si sono riuniti nelle foreste di Orleans e di Rambouillet, pronti ad unirsi ad alcuni reparti militari, comandati da ufficiali golpisti.   

Intanto i partiti di sinistra, soprattutto il Partito comunista, invitano i soldati “a rifiutare l’obbedienza ai generali traditori”, ed i Sindacati invitano i cittadini democratici ad opporsi al golpe ed a partecipare in massa allo sciopero generale di un’ora proclamato per il pomeriggio di lunedì 24 aprile.

Alla sera, poco prima di mezzanotte, il Primo Ministro Debré si rivolge di nuovo alla Nazione dicendo: “Ci sono aerei pronti a lanciare o a trasportare a terra dei paracadutisti per preparare la presa di potere […] Andate a convincere del loro grave errore i soldati ingannati. Bisogna che il buon senso venga dall’anima popolare e che ciascuno si senta  una parte della nazione”.

Gli aeroporti vengono chiusi e viene dislocata la Guardia repubblicana a difesa  delle sedi degli organi costituzionali. Viene costituita anche una Guardia nazionale, formata da volontari, ai quali però non vengono date le armi. La città di Parigi vive una notte agitata.

Domenica 23 aprile il generale Salan arriva ad Algeri dalla Spagna.

La sera dello stesso giorno, alle ore 20, il presidente francese De Gaulle compare in televisione, vestito con la sua uniforme da generale di brigata, che indossava nel giugno 1940 quando aveva rifiutato di aderire al Governo collaborazionista con i nazisti (detto Governo di Vichy), guidato dal vecchio generale Petain, eroe della Grande guerra, e pronuncia il seguente discorso: ”Una potenza insurrezionale si è affermata in Algeria con un pronunciamento militare […] Questa potenza ha una apparenza: un quartetto di generali in pensione. Ha una realtà: un gruppo di ufficiali, ambiziosi e fanatici […] La loro impresa porta  direttamente al disastro nazionale […] Proibisco a qualsiasi francese, e prima di tutto a qualsiasi soldato, di eseguire uno solo dei loro ordini”.  Informa quindi che ha deciso di proclamare lo stato di emergenza, previsto dall’art. 16 della Costituzione, che conferisce pieni poteri a lui come Presidente.  Conclude il suo discorso con un accorato appello alla Nazione (alla popolazione ed ai militari), facendo leva sul sentimento nazionale, dicendo: “Francesi, Francesi, aiutatemi!”. Il suo discorso è ripreso più volte dalla tv e soprattutto dalla Radio. Pertanto, in Algeria lo ascoltano alle proprie radioline a transistor i soldati di leva, che in massa rispondono all’accorato appello del Presidente, rifiutando di obbedire ai loro comandanti golpisti, alcuni dei quali sono anche da essi arrestati. Pertanto il golpe incontra un ostacolo imprevisto, e insuperabile, rappresentato dalla non collaborazione e disobbedienza, e anche in molti casi dall’aperta opposizione, da parte dei soldati di leva, che sono la maggior parte dei militari francesi presenti in Algeria. 

Lunedì 24 aprile si svolge in Francia lo sciopero generale di un’ora, con la partecipazione di oltre 10 milioni di lavoratori.  

La mattina di martedì 25 aprile, il governo francese decide di far svolgere regolarmente nel Sahara il test nucleare, già da tempo programmato, con la bomba chiamata Gerboise Verte (Jerboa verde), che esplode alle ore 6.05.

Lo stesso giorno, vari reparti militari si ritirano progressivamente dal golpe, che così fallisce, dopo appena cinque giorni, grazie soprattutto alla disobbedienza dei militari di leva, che hanno aderito in massa all’appello del presidente De Gaulle, che hanno sentito con le radioline a transistor, di non eseguire gli ordini dei golpisti, ma anzi di opporsi ad essi.  Per questo motivo, sugli organi di stampa si legge in seguito di “battaglia delle radioline“ ed anche di “battaglia dei transistor”. 

Il 26 aprile il generale Chaulle si consegna alle autorità legittime ed è subito trasferito in Francia. Sono arrestati 114 ufficiali ed altri 220 vengono destituiti dal comando. Invece altri ufficiali golpisti, come Salan, che ne assume la guida, entrano nella Organisation de l’armée secrète- Oas, un’organizzazione paramilitare clandestina, costituita il 20 gennaio 1961 a Madrid da Jean-Jacques Susini e Pierre Lagaillarde,   per impedire l’indipendenza della colonia francese.

Lo stato di emergenza ed i pieni poteri al presidente De Gaulle rimangono ancora in vigore per cinque mesi, prima di essere revocati. 

L’azione terroristica dell’Oas, che opera sia in Algeria che in Francia, compiendo molti attacchi terroristici ed assassinii, si intensifica per impedire l’accordo per il cessate il fuoco tra il governo francese ed il Governo Provvisorio della Repubblica Algerina- Gpra (il braccio politico del Fln), che è comunque firmato il 18 marzo 1962.

Il 17 giugno 1962 Susini dell’Oas firma un accordo per il cessate il fuoco con  il Gpra. Molti aderenti all’Oas espatriano e la maggior parte di loro va in Spagna, governata dal dittatore fascista Francisco Franco.

L’accordo di Evian è ratificato dal popolo francese e da quello algerino con due referendum, che si svolgono  nel giugno in Francia ed il primo luglio 1962 in Algeria.

Il 3 luglio De Gaulle proclama l’indipendenza dell’Algeria. L’Oas organizza in Francia due attentati, falliti, a De Gaulle.

In seguito i dirigenti dell’Oas sono processati in Francia, molti in contumacia, e sono inflitte 44 condanne a morte dal Tribunale militare di Parigi, delle quali quattro sono eseguite. Il generale Salan evita la condanna a morte per le molte decorazioni ricevute nella sua carriera militare ed è condannato all’ergastolo. Nel 1968 il Presidente De Gaulle concede l’amnistia a tutti i condannati per favorire la pacificazione nazionale.     

Giorgio Giannini

Discussione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *