Il 18 marzo del 1871 la neonata Terza Repubblica francese tentò per l’ennesima volta di disarmare gli operai e la Guardia nazionale di Parigi. Durante una sommossa, dopo il rifiuto di consegnare i cannoni, il generale Lecomte diede ordine di sparare sulla folla ma l’esercito rifiutò e iniziò a fraternizzare con i federati. Così venivano infatti chiamati gli insorti parigini che sognavano una Francia confederata composta da Comuni autonome, socialiste, laiche e democratiche.  Durante gli scontri Lecomte venne catturato, nel pomeriggio furono occupati i municipi e le caserme e prima del tramonto vennero innalzate le barricate.  Il capo dell’esecutivo dell’Assemblea nazionale Adolphe Thiers abbandonò la città, mentre il generale Thomas, già protagonista delle repressioni del 1848, non riuscì a seguirlo. Il pomeriggio stesso Lecomte e Thomas vennero condannati a morte dai ribelli. I rivoluzionari avevano Parigi in pugno, furono indette rapidamente le elezioni comunali per il 26 marzo e il 28 marzo venne proclamata la Comune all’Hôtel de Ville. Il drappo rosso venne issato sui tetti di Parigi e iniziarono quei 72 giorni che videro la realizzazione di un governo operaio nel cuore del vecchio continente. 

Comunardi sulle barricate davanti all’Hôtel de Ville

Nel cuore della Francia piegata dalla guerra franco-prussiana, all’epilogo del bonapartismo, i comunardi formarono le commissioni per l’amministrazione pubblica e l’Assemblea comunale. A quest’ultima venne dato potere sia esecutivo che legislativo, per scontrarsi con il parlamentarismo borghese e con il rimasuglio inconscio di un secolo di bonapartismo. Vennero presi provvedimenti in materia di debiti, affitti, lavoro, Chiesa, salari, tutti di matrice socialista, proudhoniana o marxista. La scuola venne resa pubblica, laica e obbligatoria. Per esorcizzare la paura dell’esercito di Thiers stanziatosi a Versailles, la Guardia nazionale divenne l’unica forza armata in città e già prima della Comune era composta prevalentemente da proletari; il 29 marzo un decreto stabilì che tutti i parigini dai 14 ai 66 anni ne avrebbero fatto parte. 

Intorno alla metà di maggio una maggioranza giacobina, blanquista e marxista si scontrò con una minoranza anarchica e socialista. Lo scontro fu solo verbale ma acceso: il blanquista Rigault arrivò ad auspicare, nelle sue memorie, il momento di “far cadere qualche testa tra gli internazionalisti”. Solo l’arrivo in città delle truppe di Versailles riuscì ad arginare il problema dello scontro ai vertici del Consiglio della Comune. Il 21 maggio inizia quella che viene ricordata come la “settimana di sangue”, la repressione dell’esercito fu spietata e metodica: uccisioni fino a 20mila vittime, esili e incarcerazioni. Il 28 maggio la Comune capitolò sulle barricate di Belleville e Montmartre. La più grande opera storiografica sulla Comune venne censurata per salvaguardare la nascita della Terza Repubblica dai violenti fatti del 1871. Nel 1873 venne innalzata la basilica del Sacre Coeur per espiare i peccati dei comunardi; la scritta sull’abside recita: “Al cuore santissimo di Gesù, la Francia fervente, penitente e riconoscente”. La repressione della Comune pose un freno alla sinistra francese per diversi anni e la rivolta venne relegata agli angoli della storia.

Cosa rimane oggi della Comune di Parigi di 150 anni fa? 

Oltre a un interesse puramente accademico per la Comune, a ricordare con nostalgia i fatti di Parigi del 1871 oggi è soprattutto la sinistra, anzi più precisamente quella sinistra che vediamo sfilare in piazza e che ha animato le strade di Parigi negli ultimi tre anni. Vi sono alcune peculiarità della rivolta in questione che le danno un carattere prettamente popolare e spontaneo: l’assenza di un leader, la mancanza di un partito e la difficile collocazione politica. I movimenti di piazza francesi degli ultimi anni si sono riconosciuti in questi fattori e condividono con i comunardi del 1871 quel sogno di autonomia comunale di matrice comunista o anarchica, di democrazia diretta e di referendum di iniziativa cittadina (Ric, per il movimento dei Gilet jaunes). Pur avendo dunque limiti spaziotemporali ben definiti, la Comune lascia un’impronta perlomeno indelebile sulla storia del movimento socialista francese ed europeo. Verrà definita da Marx come il primo governo operaio della storia.

Giorgio Nieloud

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