Quali sono i punti cardinali del metodo di lavoro che Draghi intende valorizzare nel suo progetto di rilancio del nostro Paese?

Veronica De Romanis (La Stampa 20 febbraio) ne ha individuati alcuni: (i) “fare in fretta”; (ii) “fare delle scelte”; (iii) “far fare le cose a chi le sa fare”; (iv) “avere una visione”.

Il “Governo del Paese”, come lo ha denominato proprio il neo Presidente del Consiglio, ritrova e ricerca la sua non troppo gridata discontinuità rispetto al Conte 2, sicuramente in questi quattro punti, ma, a nostro parere, non solo in questi.

Lo stiamo constatando in questi primi giorni della sua vita.

Aggiungiamo al “poker” della De Romanis: (v) “gestire la comunicazione in modo diverso”; (vi) “tranquillizzare i nostri alleati” in campo internazionale garantendo con la sua autorevolezza, stabilità economico-finanziaria, gestione oculata dei fondi pubblici (“Debito buono”), attivazione delle riforme non più procrastinabili.

Proviamo, dunque, ad analizzare i singoli punti caratterizzanti del “metodo Draghi”.

(i)     Velocità: lo aveva già scritto sul Financial Times lo scorso anno e lo ha ribadito nel documento di analisi del G30. La crisi pandemica ed economica richiede interventi urgenti. Non c’è una priorità unica: l’emergenza sanitaria e la ripresa economica vanno affrontate Subito e Insieme.
Il blocco dei licenziamenti, e cioè la scelta se prorogarlo o ridurlo a certi settori e non a tutti, non può essere disgiunta da un’immediata revisione delle politiche attive del lavoro (riforma dell’Anpal, dei Centri per l’Impiego, del Reddito di Cittadinanza) e degli ammortizzatori sociali. Il neo ministro Orlando ha già promesso un primo testo di riforma per i prossimi giorni.
Gli interventi normativi e le misure economiche devono essere assunte al massimo nei prossimi 30 massimo 60 giorni per prevenire un disagio sociale montante e pericoloso.
A questo proposito, è stato significativo l’intervento del Presidente del Consiglio all’apertura dell’anno giudiziario della Corte dei Conti. Draghi ha detto, senza mezzi termini, che senza semplificazione burocratica non c’è sviluppo.
E questo vale anche per il Recovery Plan.
Di fronte ai magistrati contabili Draghi ha parlato della “fuga dalla firma” di una burocrazia statale terrorizzata dal danno erariale che blocca ormai l’iter della maggior parte dei provvedimenti amministrativi pendenti.
Negli ultimi anni il quadro legislativo – ha detto Draghi – che disciplina l’azione dei funzionari pubblici si è arricchito di norme complesse, incomplete e contraddittorie e di ulteriori responsabilità anche penali per i funzionari pubblici… Il sistema oggi scarica sui funzionari responsabilità sproporzionate che stanno determinando il blocco degli investimenti e la realizzazione delle opere pubbliche”.
Proprio la valorizzazione dell’opportunità del Recovery Plan “può essere il “vincolo esterno” e cioè l’occasione da sfruttare per semplificare la nostra burocrazia… Si tratta di una straordinaria prova di fiducia reciproca che, se validata da scelte oneste ed efficaci, potrà sfociare nella creazione di un bilancio europeo comune da cui dovrebbero trarre maggior beneficio proprio i paesi più fragili dell’Unione”.
La semplificazione della burocrazia non vuol dire abbassamento dei criteri di legalità: vuol dire trovare un nuovo equilibrio, anche etico, tra responsabilità ed efficacia, tra il fare “legale” e il “non fare” autodistruttivo.
Una sfida che non possiamo né ignorare né rinviare.
Il nostro impegno – ha concluso Draghi –  sarà quello di rafforzare la capacità amministrativa anche attraverso un’azione mirata a selezionare le migliori competenze, a formare e riqualificare le persone per realizzare un’amministrazione all’altezza dei compiti che il momento straordinario chiede a tutti noi … l’assenza di velocità nella burocrazia comporta la perdita di fiducia verso le istituzioni che fiacca la fiducia nel futuro”.

(ii)   Decisionismo virtuoso: bisogna selezionare gli interventi. Archiviare la politica dei contributi a pioggia per tutti.
Le risorse sono sempre scarse ripete spesso Draghi.
Dunque non vanno sprecate.
Le aziende zombie non possono essere aiutate e protette: devono essere tutelati con idonei ammortizzatori sociali transitori i lavoratori di queste imprese, obbligandoli contestualmente ad iniziare corsi di formazione per altri mestieri o per altre specializzazioni, possibilmente individuate alla luce dei reali bisogni del mercato del lavoro.
Ci sono dossier scottanti come dell’Ilva di Taranto o Alitalia che non permettono più rinvii costosi e senza obiettivi strategici.
Non abbiamo più risorse da buttar via per progetti industriali senza capo né coda e senza, soprattutto, sbocchi di mercato.
Dobbiamo concentrarci su come tutelare in modo attivo e responsabilizzante i loro dipendenti.
Inutile e dannoso è fare promesse come “nessuno perderà il posto”: non è vero e crea illusioni pericolose.
Decidere significa scegliere.
Ciò vuol dire perdere il consenso degli esclusi: necessitiamo di chiarezza, lucidità, visione anche con la responsabilità sociale di cercare di aiutare chi rimane indietro o fuori dalla ripresa.
Ci vogliono competenza, determinazione, chiarezza nello spiegare i razionali “a monte” di ciascuna decisione: soprattutto per gli esclusi!

(iii) Competenza: costituisce la discontinuità più importante di questo Governo.
Deve diventare il mantra della sua azione.
Il velleitarismo dell’”uno vale uno” e la demagogia del declino felice, vanno sconfitti culturalmente ed operativamente.
Bisogna affidare “le leve del comando” a persone competenti, in grado di guidare “la macchina” soprattutto in un momento storico oggettivamente complesso per tutti.
A maggior ragione bisogna schierare la squadra migliore.

(iv) La visione: per rilanciare questo Paese avviluppato su sé stesso e fermo da oltre vent’anni e tornare a farlo crescere, perché questa è la sfida cruciale, bisogna avere una visione lunga, non contaminata dai primi appuntamenti elettorali in scadenza.
Abbiamo bisogno di politiche, che comportino anche pesanti sacrifici a breve ma che ci spingano verso la riduzione delle disuguaglianze ormai inaccettabili, verso una vera “pari opportunità” di genere per l’accesso al mondo del lavoro, verso obiettivi di aumento della natalità e di creazione di opportunità reali per i nostri giovani.
Dove vogliamo andare nel 2026 e a cosa puntiamo nel 2030 e nel 2050” si è chiesto pubblicamente Mario Draghi, ricordando a tutti l’importanza delle nostre storiche alleanze internazionali, sulle quali, negli ultimi anni, ci siamo un po’ “distratti”.

(v)   La comunicazione: lo stiamo constatando in queste ore.
Il silenzio è spesso un ottimo strumento di comunicazione.
Dopo la politica gridata, dopo gli slogan lanciati quotidianamente, abbiamo bisogno di una pausa salutare: di lavorare in silenzio, dichiarando, in modo sobrio, l’essenziale.
Soprattutto con riguardo alla emergenza sanitaria tutt’altro che finita.
La nuova composizione del suo staff a Palazzo Chigi è una garanzia in tal senso.

(vi) Rassicurare il mondo: la sua storia, la sua carriera, il suo profilo professionale sono la miglior garanzia per i creditori del nostro debito pubblico mostruoso.
Non abbiamo mai avuto negli ultimi 12 anni uno Spread così basso, sotto quota 100.
Ciò non vuol dire che non dovremo restituire i debiti assunti negli anni.
Draghi punta ad ottenere una fiducia internazionale che gli dia il tempo per avviare quella crescita che costituisce l’unico modo per ripagare nel tempo i nostri creditori.

Su questi sei punti si sviluppa il suo metodo di lavoro, il suo piano per rilanciare il nostro zoppicante Paese.
Lo giudicheremo sui fatti, sui risultati che saprà ottenere.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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