Tutti conoscono la Shoah, cioè lo sterminio da parte dei nazisti di oltre 6 milioni di ebrei: in parte morti per le malattie e per gli stenti nei ghetti allestiti alla fine del 1939 nelle principali città del Governatorato Generale (la Polonia occupata militarmente e non annessa al Terzo Reich), in cui erano ammassati centinaia di migliaia di persone in condizioni estremamente precarie; in parte assassinati dalle Einsatzgruppen (Squadre operative), istituite nell’estate 1941 con la guerra all’URSS ed aggregate alle Armate tedesche, che avevano il compito di eliminare sul posto tutti gli indesiderabili da punto di vista razziale e politico, quali gli ebrei, i Rom ed i funzionari comunisti, e che hanno compiuto molti eccidi di massa nei territori sovietici, via via che erano occupati; in parte trucidati nelle camere a gas dei Campi di sterminio, istituiti nella primavera del 1942, dopo la decisione di avviare la “soluzione finale del problema ebraico”, adottata il 20 gennaio 1942 nella conferenza di Gross Wansee, vicino a Berlino.

I nazisti hanno perseguitato ed eliminato, oltre agli ebrei, anche i malati di mente, i malati incurabili, i disabili, gli omosessuali, i Rom ed i Testimoni di Geova.

Accanirsi contro i malati

Infatti, i nazisti hanno perseguitato fin dall’inizio i malati di mente, i malati incurabili ed i disabili, anche se erano di “razza ariana”, perché erano considerati “vite non degne di essere vissute“. Inoltre, secondo le teorie eugenetiche utilitaristiche, elaborate alla fine dell’Ottocento negli USA e recepite nella Germania prenazista, erano considerati elementi “improduttivi” per il Reich e pertanto rappresentavano solo un peso economico per la società. Così, in applicazione della Legge per la Protezione della prole affetta da malattie genetiche ereditarie, emanata il 14 luglio 1933, per evitare la procreazione da parte delle persone con malattie ereditarie, sono state sterilizzate circa 350.000 persone, sulla base della decisione adottata dai Tribunali per la salute della stirpe.

Nell’ottobre 1939, poiché si riteneva che il programma di sterilizzazione obbligatoria non fosse più sufficiente a garantire la “purezza della razza ariana”, si organizzò un progetto di eutanasia, denominato Aktion T 4 (Operazione T 4) dall’indirizzo in cui aveva sede, in un edificio espropriato ad una famiglia ebraica ed ubicato al n. 4 della Tiegartenstrasse di Berlino, l’Ufficio preposto alla eliminazione dei disabili.
L’Aktion T 4 fu il primo progetto di eliminazione collettiva, nel quale è stata sperimentata la ‘gassazione’, poi utilizzata su vasta scala nei Campi di sterminio, in cui erano in funzione le camere a gas per l’eliminazione contemporanea di un migliaio di persone.

L’Operazione T 4 fu attuata fino all’agosto 1941, quando fu sospesa dallo stesso Hitler, in seguito alle proteste delle Chiese Cristiane, sia quella Cattolica che quelle Protestanti. Fino a quel periodo, nei sei Centri per l’eutanasia, appositamente istituiti in altrettanti ospedali civili e psichiatrici, furono eliminate circa 70.000 persone, di cui 5.000 bambini. Gran parte del personale dell’Aktion T 4 fu impiegato nei Campi di sterminio, istituiti per la ”soluzione finale del problema ebraico”: sia in quelli dell’Operazione Reinhardt (Belzec, Chelmo, Sobibor, Treblinka), allestiti nel Governatorato Generale ed operanti tra la primavera 1942 e l’autunno 1943, sia nei Campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau e di Maidanek, operanti dalla primavera 1942 (dopo la decisione della “soluzione finale del problema ebraico alla ”Conferenza di Gross Wansee, vicino a Berlino), fino all’inizio del 1945.

Il Programma di eutanasia proseguì fino alla fine della guerra, con la denominazione di Aktion 14 F 13 (dalla sigla della scheda utilizzata per la registrazione dei decessi), per i malati considerati incurabili, anche bambini, e per i lavoratori stranieri, soprattutto quelli dei Paesi dell’Est, che non erano più in grado di lavorare, perché occupavano posti letti, che scarseggiavano e che dovevano essere riservati per la popolazione tedesca. Le morti avvenivano in seguito al trattamento speciale della dieta di fame (povera di grassi) o alla somministrazione di particolari medicinali. Questa “eutanasia selvaggia” ha provocato la morte circa 90.000 persone, soprattutto per le malattie derivate dalla scarsa alimentazione conseguente alla dieta di fame.

Contro gli omosessuali

I nazisti, subito dopo la presa del potere, hanno discriminato e perseguitato anche gli omosessuali, colpevoli solo di essere dei “diversi”, per la loro vita sessuale.

Infatti, il 23 febbraio 1933 fu emanato un Decreto che disponeva la chiusura dei locali frequentati da omosessuali e fu proibita l’attività della Lega per i Diritti Umani che sosteneva le battaglie del loro Movimento per l’abrogazione dell’art. 175 del Codice Penale che puniva l’omosessualità.
Migliaia di omosessuali furono internati, come asociali, unitamente ai Rom, agli alcolisti ed ai senza fissa dimora, nei Campi di rieducazione, istituiti fin dalla primavera del 1933.

Nel giugno 1935, fu introdotto nel Codice Penale l’art. 175 A che puniva con la reclusione di sei mesi anche le semplici “fantasie sessuali”. Il condannato, dopo aver scontato la pena, era inviato in un Campo di rieducazione.

Nell’ottobre 1936, Heinrich Himmler propose l’eliminazione degli omosessuali perché considerati dei “degenerati”. Istituì in seguito un apposito Dipartimento per combattere l’aborto e l’omosessualità all’interno dell’Ufficio Centrale per la Sicurezza dello Stato.

L’omosessualità fu anche usata dai nazisti come arma politica per la eliminazione degli oppositori e dei dissidenti all’interno del regime. Così, nella notte tra il 29 ed il 30 giugno 1934 (la cosiddetta “Notte dei lunghi coltelli”), furono eliminati dalle SS (Schutzstaffeln-Guardie di Sicurezza), di cui Himmler era il Comandante, in un albergo di Bad Wiensee, una località termale vicino a Monaco di Baviera, i dirigenti delle SA (Sturmabteilungen- Squadre di assalto), dirette da Ernst Roehm, un amico di vecchia data di Hitler, con il pretesto che l’omosessualità era tollerata nella Organizzazione e praticata dagli stessi dirigenti.

L’omosessualità fu anche usata come pretesto per scatenare azioni repressive verso le categorie sociali da perseguitare, come gli ebrei. Al riguardo, la morte del Segretario dell’Ambasciata tedesca a Parigi Ernst Von Rath, in seguito all’aggressione da parte di Herschel Grynszpan, un ragazzo ebreo che aveva avuto con lui rapporti omosessuali, fece scatenare il tremendo pogrom contro gli ebrei nella cosiddetta “Notte dei cristalli”, che tra il 9 ed il 10 novembre 1938 portò alla distruzione di circa 250 sinagoghe, di 7.000 negozi, all’uccisione di un centinaio di ebrei ed all’arresto di migliaia di altre persone di fede ebraica.

Nell’aprile 1938, Himmler dispose che gli omosessuali arrestati per “atti contrari alla morale” fossero internati nei Lager senza processo. La repressione si intensificò, alla fine del 1941 con la previsione della pena di morte per coloro che minavano la “salute del popolo tedesco”. Gli omosessuali internati nei Lager portavano un triangolo rosa, con chiaro intento spregiativo, e svolgevano i lavori più ripugnanti, come lo svuotamento delle latrine; spesso erano vessati ed anche stuprati dai compagni di baracca. Molti, peraltro, hanno subito atroci sofferenze in seguito alle cure mediche loro imposte per cercare di ‘guarirli’.
I nazisti hanno anche perseguitato fin dal 1933 i Testimoni di Geova (chiamati in Germania bibelfoscher cioè studenti della bibbia), che erano internati nei Lager perché considerati “oppositori” del regime, di cui avevano messo in evidenza, fin dall’inizio, nelle loro riviste, pubblicate anche all’estero, lo spirito liberticida e guerrafondaio. Anche dopo che il loro Movimento fu sciolto nel 1935, continuarono a svolgere attività religiosa, diffondendo le loro pubblicazioni, anche all’interno dei lager, e facendo proselitismo. In particolare, non prestavano il prescritto saluto Heil Hitler!, non onoravano la bandiera nazista e non la esponevano alle finestre delle loro case quando richiesto. Inoltre, rifiutavano di svolgere il servizio militare. Per questi reati, erano condannati a pene severe, compresa la pena di morte, specie per il rifiuto di arruolarsi durante la guerra. Essi però erano considerati dai nazisti “prigionieri volontari” perché potevano essere liberati se abiuravano la propria fede religiosa; invece sono rimasti ”saldi” (come essi stessi amano dire) di fronte alle brutalità del regime nazista. Nei Lager portavano sulla divisa da internato il triangolo viola. Oltre 6.000 Testimoni di Geova furono arrestati e almeno 2.000 vennero internati nei Lager, dove circa 650 morirono per le malattie e gli stenti. Altri 250 furono condannati a morte, tramite impiccagione o decapitazione, soprattutto per aver rifiutato di prestare il servizio militare durante la guerra.

La persecuzione dei Rom

Inoltre i nazisti hanno eliminato circa 500.000 Rom, i quali, benché appartenenti al gruppo etnico indoeuropeo, in quanto originari dell’India, erano considerati “ariani decaduti” ed appartenenti ad una “razza degenerata” perché avevano assimilato le caratteristiche peggiori delle popolazioni dei numerosi Paesi in cui avevano soggiornato nella loro secolare migrazione all’India. Inoltre, erano anche considerati “pericolosi” in quanto erano “asociali” ed avevano tendenze criminali.

Il genocidio dei Rom (chiamato nella loro lingua Porrajmos=Distruzione) è certamente il più rimosso nella coscienza popolare per la secolare diffidenza che le popolazioni europee hanno nutrito verso questo popolo, arrivato in Europa nel Medioevo. Inoltre, le Chiese, sia quella Cattolica che quelle Protestanti, hanno alimentato nella credulità popolare una serie di pregiudizi contro i Rom, in particolare le accuse di aver forgiato i chiodi con cui è stato crocifisso Gesù, di diffondere le epidemie e di essere spie dei Turchi. Pertanto, i Rom sono stati sempre discriminati. Alla fine dell’Ottocento, a Monaco di Baviera fu istituito, con il compito di assumere ogni informazione su di loro (registrando le nascite, i matrimoni, i decessi, gli spostamenti, le attività svolte, le condanne riportate…), l’Ufficio di polizia per gli zingari, che nel 1926 divenne Ufficio Centrale del Reich per la lotta contro la piaga degli zingari, con sede a Berlino, che nel 1938 fu inquadrato nell’Ufficio di Polizia Criminale del Reich.

Subito dopo la “presa del potere” da parte dei nazisti (con la nomina di Adolf Hitler, il 30 gennaio 1933, a Cancelliere da parte del Presidente del Reich Paul Von Hindenburg), molti Rom sono stati internati, per motivi di ordine pubblico, come asociali, per la loro propensione a delinquere, nei Campi di rieducazione, il primo dei quali fu quello di Dachau, alla periferia di Monaco di Baviera, istituito nella primavera del 1933.

In base alla Legge per la sicurezza ed il miglioramento della stirpe, emanata nel novembre 1933, che prevedeva la sterilizzazione per i disabili e per gli asociali, si propose la sterilizzazione dei Rom considerati “asociali”, per evitarne la procreazione. In questo modo, si sarebbe risolto, “naturalmente”, il problema della loro presenza nel Reich, che contaminava la “purezza razziale” del popolo tedesco.

Successivamente, nel dicembre 1938, con l’emanazione del Decreto per la lotta contro la piaga degli zingari, la questione dei Rom, da problema di ordine pubblico, in base alla loro presunta tendenza a delinquere, divenne una “questione di razza”, perché i Rom attentavano alla purezza della razza ariana, come gli ebrei. Pertanto, nella Circolare per l’applicazione del Decreto si stabilì la separazione della “stirpe gitana” dalla “stirpe germanica”. Quindi si dispose l’internamento nei lager, senza processo e a tempo indeterminato, per quei Rom che erano considerati asociali e che pertanto rappresentavano un pericolo per la società tedesca in quanto “nocivi per il nuovo ordine tedesco”.

Alla fine di settembre 1939, dopo l’occupazione della Polonia, si decise il trasferimento di tutti gli ebrei ed i Rom che si trovavano nella Grande Germania (comprendente le regioni annesse al Terzo Reich, quali l’Austria, i Sudeti, il Warthergau, cioè la Prussia Orientale polacca annessa al Reich) in appositi ghetti istituiti nelle principali città del Governatorato Generale (la parte della Polonia non annessa al Reich e quindi soggetta alla occupazione militare). La deportazione dei Rom (circa 30.000) iniziò nel 1940, ma fu ben presto sospesa per dare la precedenza, prima al trasferimento degli ebrei nei ghetti delle città polacche e poi al trasferimento di soldati e di materiale bellico sul Fronte Orientale, dopo l’aggressione nazista all’URSS del giugno 1941. Nei territori sovietici occupati, decine di migliaia di Rom furono barbaramente massacrati, insieme a centinaia di migliaia di ebrei, dalle Einsatzgruppen (Squadre operative), istituite nell’estate 1941, con l’aggressione all’URSS ed operanti al seguito delle Armate tedesche, che avevano il compito di eliminare tutti gli “indesiderabili” da punto di vista razziale e politico, quali gli ebrei, i Rom ed i funzionari del Partito comunista (soprattutto i “Commissari politici” delle Forze armate sovietiche).
Nell’autunno 1942, Heinrich Himmler, Comandante delle SS, propose di realizzare una enclave per i pochi zingari puri (i Lalleri, che si riteneva avessero conservato i caratteri ariani), nella quale essi avrebbero potuto vivere, con una certa libertà, secondo i loro usi e costumi e svolgendo le loro attività tradizionali, come in un “museo vivente”. Il progetto però fu accantonato, sia per l’opposizione di altri Gerarchi nazisti, sia perché si era decisa anche per i Rom, come per gli ebrei, la “soluzione finale” (cioè la loro eliminazione). Infatti, il 16 dicembre 1942, fu emanato il cosiddetto Decreto Auschwitz, che disponeva l’internamento di tutti i Rom e Sinti (anche quelli di sangue misto), sia tedeschi che europei, nel Campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove fu allestito uno specifico settore, denominato Zigeunerlager (Campo degli zingari): il Settore B II E.

La notte del 2 agosto 1944 tutti i Rom presenti furono avviati alle camere a gas. Si salvarono solo alcuni uomini addetti ai servizi del Campo di sterminio, che si trovavano in altri Settori del Lager, ed una ventina di bambini utilizzati dal famigerato dott. Mengele come cavie per i suoi esperimenti.

Ad Auschwitz e negli altri Lager, i Rom avevano un tatuaggio sul braccio con la lettera Z (iniziale di Zigeuner=zingaro) e portavano sull’abito civile (non avevano infatti la casacca da internato e vivevano con i familiari) il triangolo marrone o quello nero dei criminali.

Queste vittime della barbarie nazista sono purtroppo spesso ‘dimenticate’ nelle celebrazioni per il Giorno della Memoria che ricorre il 27 gennaio (giorno in cui nel 1945 fu liberato dalle truppe sovietiche il Lager di Auschwitz). E’ doveroso quindi che siano ricordate adeguatamente, unitamente ai deportati politici ed agli Internati militari italiani -IMI, che peraltro la Legge 211 del 2000, istitutiva del Giorno della Memoria, prevede espressamente di ricordare.

Giorgio Giannini

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